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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Bullismo, il consulente del Ministero Marco Maggi: "E' una pandemia"

Il pestaggio di un adolescente avvenuto di recente a Traversetolo ha richiamato l'attenzione su un tema molto delicato, quello della violenza tra i giovanissimi. Il consulente del Ministero della Pubblica Istruzione ed esperto formatore, Marco Maggi, è stato ospite di Forum Solidarietà

Il pestaggio di un adolescente avvenuto di recente a Traversetolo ha richiamato l'attenzione su un tema molto delicato, quello della violenza tra i giovanissimi. In casi come questi si tende a parlare di bullismo, mentre quest'ultimo è in realtà un fenomeno, per certi versi, più complesso e più sottile.

Affrontando l'argomento con un esperto, Marco Maggi, si evince come sia opportuno operare una distinzione tra il bullismo in senso stretto ed una violenta aggressione fisica legata ad una circostanza specifica, scaturita da un litigio, ma – ci si augura – non ripetuta nel tempo. Si tratta comunque di un fatto gravissimo, moralmente condannabile, il quale può configurare il reato di lesioni, secondo quanto previsto dall'Articolo 582 del Codice Penale.

Marco Maggi è un consulente educativo e formatore piacentino, è stato contattato dal Ministero della Pubblica Istruzione per la realizzazione del sito www.smontailbullo.it ed ha contribuito attivamente alla nascita e allo sviluppo della Commissione Nazionale sul bullismo. Nelle sere scorse si trovava a Parma – ospite di Forum Solidarietà – per incontrare i volontari che operano in ambito educativo-assistenziale. Le sue parole dure denotano una situazione, in Italia, molto grave: “Il bullismo è una pandemia, ma lo si sta curando con una semplice aspirina. Negli ultimi anni abbiamo registrato un incremento spaventoso, e al tempo stesso si è incapaci di vedere con chiarezza il fenomeno, dal momento che non è conosciuto in modo adeguato. Enfatizzato dai media, viene tuttavia sottostimato nella realtà e confuso con altre problematiche, quali il teppismo, le baby-gang e la devianza giovanile”.

Maggi ha individuato quattro indicatori chiave per riconoscere il bullismo: il verificarsi di comportamenti di prevaricazione diretta o indiretta a danno di uno o più soggetti considerati vulnerabili; la loro reiterazione nel tempo; il coinvolgimento sempre degli stessi individui scelti come vittime; la presenza di compagni, spettatori o complici, che assistano alle prevaricazioni, i quali in alcuni casi possono rinforzare il comportamento dei bulli, sostenerlo, o comunque legittimizzarlo. Esso è dunque un abuso di potere che avviene all'interno di una relazione asimmetrica, di uno squilibrio di forze, dove un prepotente si serve volutamente della propria “autorità” per ferire il più debole.

“Non è vero, quindi, che gli altri non se ne accorgono – denuncia l'esperto – c'è sempre qualcuno che vede, e che non si prende delle responsabilità. È un fenomeno che coinvolge l'intero universo classe e scuola, un sistema ben congegnato. Bisogna uscire dal perbenismo di non voler vedere certe dinamiche e iniziare a porre domande alle Istituzioni, facendo sentire la propria voce”.

Il bullismo è – in un certo senso – sempre esistito, come in molti ricorderanno dalla lettura del libro “Cuore”, ma le ricerche a riguardo sono abbastanza recenti. Gli studiosi italiani hanno iniziato ad occuparsene dagli anni '90, mentre in un paese come la Norvegia (il primo nel mondo ad affrontare il tema) se ne discuteva già da almeno vent'anni prima. Sin dai primi studi compiuti in Italia, il quadro risulta essere allarmante: già nel 1994, infatti, le vittime di bullismo sarebbero il 40% nelle scuole primarie, il 26% nelle secondarie di primo grado e il 19% in quelle di secondo grado. Dati che – come riferito in precedenza – sono esponenzialmente in crescita. 

“In Italia, prima di intervenire, si aspetta sempre che i ragazzi cadano, mentre fare un'adeguata opera di prevenzione prevenzione significherebbe evitare o perlomeno contenere conseguenze negative – conclude Maggi - Abbiamo infatti verificato che sia la maggior parte dei bulli, sia delle vittime, crescendo, soffre di alcolismo, abuso di sostanze stupefacenti, ansia, e compie gesti di autolesionismo. Gli effetti sono devastanti per entrambe le parti”.

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