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Cronaca

'La Gloria' di Lenz Rifrazioni: la (de)costruzione dell'eroismo

'La Gloria' di Gabriele d'Annunzio, visto a Lenz Teatro il 27 novembre 2013 nell'ambito di Natura Dèi Teatri. Prossime date: giovedì 28 novembre alle ore 21, venerdì 29 novembre alle ore 22.30 e domenica 1° dicembre alle ore 22.00 a Lenz Teatro in via Pasubio, 3 a Parma

'La Gloria' di Gabriele d'Annunzio, visto a Lenz Teatro il 27 novembre 2013 nell'ambito di Natura Dèi Teatri. Prossime date: giovedì 28 novembre alle ore 21, venerdì 29 novembre alle ore 22.30 e domenica 1° dicembre alle ore 22.00 a Lenz Teatro in via Pasubio, 3 a Parma. 

Antieroismo, misticismo, 'violenza per la violenza' e burattini grotteschi. Un lungo monologo straziante, allucinato nella sua creazione alchemica e nei numerosi riferimenti teatrali e storici. 'La Gloria' di Gabriele d'Annunzio, simbolo dell'impossibilità della funzione eroica, diviene espressione grottesca della parola teatrale, declinata nella necessità della 'guerra di strada' degli Anni Settanta, alle bombe in piazza e alla stazione di Bologna. Ma rimanda anche al fascismo storico degli Anni Venti, l'idea dell'eroismo di strada 'rivoluzionario' della Marcia su Roma, alla dimensione eroica vissuta dallo stesso Gabriele D'Annunzio. Tra le storture linguistiche di Vincenzo Vinciguerra, ex militante di Ordine Nuovo e la 'magia occulta' del Terzo Reich hitleriano, che sembra affacciarsi nei riferimenti ai simboli e alle formule matematiche, l'interpretazione di Valentina Barbarini, perfetta trasduttrice dell'immaginario grottesco dannunziano che, innestandosi sulla rilettura lenziana, diventa espressione nitida della 'forza per la forza', della 'violenza per la violenza', arricchisce il quadro estetico: sul 'piccolo corpo' dell'attrice si riflette l'autenticità della ricerca di Lenz che riesce ad ottenere un traguardo difficile. Ridurre il testo dannunziano, messo in scena un'unica volta nel 1889, destrutturarlo e concentrare le funzioni sceniche su un un'unica interprete. L'Arlecchino nero che decanta le parole del dittatore, le storture facciali e la ricerca sulla voce dell'interprete presentano un quadro totalmente destrutturato; la gloria del dittatore non è altro che una funzione interna, autorappresentativa, non reale, senza giustificazioni. Così l'eroismo fascista viene decostruito e distrutto. E allora nella 'notte nera della Repubblica' di Valerio Borghese o in qualsiasi altra notte nera della storia, dai colonnelli greci all'assalto militarista del generale Franco, le parole del dittatore sono solo un canto stridulo, grottesco, magico e irreale. E il dittatore, che ha paura di sè stesso e dei pericoli della sua lotta, si spaventa e viene abbattuto nello sdoppiamento con la figura dell'attentatore, reso scenicamente con la statua gigante dell'attrice che diventa il suo 'doppio', aggiungendo una dimensione nuova al quadro drammaturgico. I due personaggi si sovrappongono e la lotta diventa a due. Ma la sconfitta sarà di entrambi. 

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