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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Parmigiani ritornano dal confine greco-macedone

Gli attivisti parmigiani che si sono recati al confine tra Grecia e Macedonia per dare supporto ai migranti che si trovano bloccati in quelle zone sono tornati a Parma

IL REPORT DEGLI ATTIVISTI - Domenica 27 marzo: nella mattinata le attiviste e gli attivisti della marcia si dirigono al campo di Idomeni per continuare la distribuzione del materiale raccolto nei circuiti solidali dei territori. La situazione è estremamente tesa per l’ingente militarizzazione presente al campo. Ci sono state, come spesso accade, delle proteste pacifiche dei migranti che richiedono l’apertura del confine greco-macedone. Cercando coi nostri mezzi e con i furgoni stracolmi di aiuti umanitari di raggiungere il confine, ci troviamo di fronte ad un inspiegabile blocco della polizia greca, che, blindati di traverso, impedisce fisicamente di accedere al campo. Nel frattempo arrivano a dar man forte una cinquantina di attivisti greci. Si reagisce costruendo una simbolica barricata con gli aiuti umanitari avvicinandosi ai cordoni di polizia e cercando di spiegare le motivazioni della marcia e il lavoro di distribuzione del materiale all’interno del campo. La situazione non si sblocca, se non dopo lunghe trattative.

Nonostante il freddo e la pioggia la determinazione delle attiviste e degli attivisti riesce a fa rimuovere il blocco e intonando cori contro i confini e contro le politiche scellerate dell’UE si ritorna sui bus in direzione del campo profughi. Nel primo pomeriggio si arriva finalmente alla frontiera e, dopo una conferenza stampa internazionale per spiegare l’accaduto e ribadire la valenza della marcia, si organizza la distribuzione dei materiale da consegnare ai migranti. Sempre costante e di grande valenza emozionale il dialogo con le persone che vivono nel campo. Si ascoltano decine di migliaia di storie, di vite, di speranze, di sogni; si discute sulla situazione alla frontiera, sulla grandissima delusione rispetto al comportamento della governance europea, sull’insensatezza e l’assurdità di ritrovarsi in questa situazione avendo come unica colpa l’esser fuggiti da guerra, miseria e disperazione. Nel campo di Idomeni si resiste a tutto ciò, si cerca di andare avanti, di collaborare, di farsi forza a vicenda, di continuare a sperare di avere una possibilità di raggiungere un luogo sicuro, dove vengano garantiti e tutelati i diritti umani, dove si possa ricominciare a vivere dignitosamente.

A Idomeni come Calais, Lesbo, Lampedusa e le altre città di frontiera stiamo assistendo al fallimento dei principi su cui fu costruita l’Unione Europea troppo concentrata sulla libera circolazione delle merci e disattenta anzi disinteressata alla tutela di donne ,uomini e bambini che fuggono dalle stesse guerre che da sempre la governance europea ha sostenuto. Il diritto d’asilo non sembra più essere riconosciuto come tale ma anzi viene utilizzato per stringere accordi con la Turchia favorendo lo sfruttamento delle vite di milioni di persone in fuga. A Idomeni abbiamo deciso di continuare a resistere insieme a loro, insieme a migliaia di bambini, che non hanno visto altro che disperazione nella loro ancora breve vita, intonano slogan contro i confini , insieme alle migliaia di kurdi che – con il sorriso stampato sul volto – ci raccontano della resistenza in Rojava e della voglia di continuare il loro viaggio in direzione opposte alla Turchia , lontano da Erdogan e dal massacro che il governo turco sta compiendo sui loro concittadini. A Idomeni c’è ancora tanta speranza e sta a noi continuare a rinforzarla, sostenendo i/le migranti nello sforzo di esaudire i propri sogni, che non sono altro che una vita felice e dignitosa. Restiamo umani".
 

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