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Cronaca Collecchio

Varesi presenta libro 'La sentenza'. Ex partigiano: "Si dica tutta la verità"

Pomeriggio di presentazione del romanzo al Museo Guatelli di Ozzano Taro, alla presenza dell'autore, di Mario Rinaldi e Primo Giroldini. Animato intervento dal pubblico di un ex partigiano: "Le cose sono andate diversamente"

Cita Benedetto Croce e Hegel per parlare del concetto di lettura della storia non avulsa da odio e sangue Mario Rinaldi, per parlare de "La sentenza" di Valerio Varesi, alla presenza dell'autore e di Primo Giroldini. Rinaldi vuole interpretare il romanzo di Varesi accostandolo alla lirica, immaginando di leggerlo seduto a teatro. "Snocciola i paesi, i villaggi, i fatti, inventando il vero, riempiendo di emozioni personaggi veri nella storia, con pietà, paure, stati d'animo – sottolinea Rinaldi –. Ha uno scrivere musicale, c'è il coro che è il paesaggio, i protagonisti che muovono il tempo e ci sono le romanze dell'opera lirica. Già le prime pagine del romanzo sono l'equivalente di una sinfonia, la premessa di ciò che accadrà". 

Varesi parte dall'ossessione per il richiamo della trasmissione del ricordo contro l'amnesia collettiva, per decidere di affidare alla scrittura il racconto romanzato della storia partigiana. La scelta di parlarne attraverso un romanzo e non un saggio è nell'intento di arrivare anche alle nuove generazioni, attraverso una letteratura non celebrativa o esortativa, con richiami alla realtà odierna. "Ci sono elementi di attualità del romanzo – afferma Varesi – , c'è una sorta di parallelismo con l'indignazione di oggi nei confronti del malgoverno. Anche se in condizioni diverse, vedo lo stesso desiderio di lotta per un futuro. È un libro che, al di là della valenza narrativa, conserva un impegno civile: raccontare la storia recente, attraverso uno strumento letterario". Valenza sottolineata anche da Primo Giroldini, autore del dvd "La quarantasettesima", successivamente trasmesso a seguito del dibattito.

Colpo di scena l'inatteso intervento dal fondo della sala di Sergio Dalla Tana, che non ci sta ad ascoltare in silenzio quelle che ritiene inesattezze su una fetta di storia vissuta in prima persona sul campo. Lungi dal voler creare polemiche sterili, descrive con estrema lucidità quel protagonista processato, probabilmente visto da qualcuno come un personaggio scomodo, ma l'unico pienamente consapevole delle tecniche di guerriglia. Dalla Tana sottolinea punti oscuri su quella che è stata la sentenza subita dal partigiano. In aperta polemica con quanto esposto da Rinaldi, Dalla Tana instilla anche il dubbio di una sorte già decisa: "Mi sembra strano che nel mezzo di un rastrellamento abbiano trovato il tempo di processare e uccidere un partigiano, e che il documento sia stato redatto con una macchina da scrivere diversa da quella del comando. Sull'invenzione letteraria del libro niente da dire, ma sul processo e la sentenza le cose sono andate diversamente, si sarebbe dovuto trattare questo argomento con maggiore profondità". 

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