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Cultura Colorno

Scopriamo le meraviglie del parmense: la Reggia di Colorno

Sull’area ora occupata dalla Reggia, intorno alla metà del 1300, sorgeva una costruzione militare a difesa dei possedimenti di Azzo, signore di Correggio. Ma già due secoli più tardi, con la contessa Barbara di Sanverino, la Rocca si era trasformata in una dimora signorile e ospitava una colta ed elegante corte rinascimentale. Ancora più radicale la trasformazione del castello dopo la confisca dei beni della contessa da parte di Ranuccio Farnese, avvenuta nel 1612: il duca, spronato dalla moglie Margherita Violante di Savoia, intraprese importanti lavori di ristrutturazione, secondo un progetto portato a termine dal figlio Francesco con l’ausilio dell’architetto Ferdinando Galli Bibbiena.  Furono quelli gli anni in cui l’edificio assunse l’aspetto attuale.  Alla morte senza eredi maschi di Antonio Farnese, il Ducato di Parma e Piacenza passò ai figli di Elisabetta Farnese e del re di Spagna Filippo V di Borbone: in un primo tempo a Carlo, che nel 1734 trasferì nella reggia napoletana di Capodimonte le collezioni d’arte e gli arredi con i quali i Farnese avevano decorato il palazzo; poi a Filippo, che al contrario del fratello fece di Colorno la sua residenza principale e insieme alla moglie Luisa Elisabetta, figlia del Re di Francia Luigi XV, ridiede splendore all’intero complesso.  All’architetto francese Ennemond Alexandre Petitot venne affidato l’incarico di ristrutturare il palazzo.  Furono chiamate maestranze francesi che insieme agli artigiani di corte trasformarono gli interni della Reggia fino a renderli simili a quelli che la duchessa aveva conosciuto a Versailles.  Alla morte di Ferdinando, figlio di Filippo di Borbone e succeduto al trono nel 1765, il Ducato di Parma venne annesso alla Francia di Napoleone.  Nel 1807 la Reggia di Colorno venne dichiarata “Palazzo Imperiale”; ma una nuova fase di importanti cambiamenti ebbe luogo dopo la caduta di Napoleone, quando Colorno e l’intero Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla furono assegnati alla moglie del deposto imperatore, Maria Luigia d’Austria.  In circa trent’anni di regno, Maria Luigia, amata duchessa di Parma, impresse agli appartamenti ducali e al grande giardino il segno indelebile del suo gusto.  Dopo l’Unità d’Italia e la cessione della Reggia al Demanio dello Stato Italiano da parte di Casa Savoia, il palazzo divenne proprietà della Provincia di Parma che nel 1871 lo adibì a sede del manicomio provinciale.  Per circa un secolo l’ospedale (che sarebbe arrivato a ospitare più di mille malati negli anni dopo la seconda Guerra Mondiale) condizionò pesantemente la vita di tutto il complesso monumentale: solo dopo la definitiva chiusura del manicomio, negli anni Settanta del secolo scorso, comincia per la Reggia un’epoca di restauri, di eventi e di mostre d’arte che permettono di far conoscere e valorizzare gli ambienti ducali. 
Oggi la Reggia di Colorno, visitata ogni anno da decine di migliaia di turisti, è anche la sede di ALMA, una Scuola di Cucina Italiana che, sotto la guida di Gualtiero Marchesi, offre formazione specialistica a centinaia di giovani cuochi provenienti da tutto il mondo.

IL PIANO NOBILE 
Dopo la spogliazione operata da Vittorio Emanuele II di Savoia le sale del Piano Nobile conservano intatto l’arredo fisso ossia pavimenti in marmo policromo, porte con serrature in bronzo dorato, affreschi, stucchi e camini in marmo di stile rococò. L’ambiente più importante è sicuramente la Gran Sala, capolavoro del celebre architetto francese Ennemond Alexandre Petitot progettata nel 1753.  La sala, realizzata fra il 1753 ed il 1755, rappresenta il primo esempio di neoclassicismo in Europa in anticipo di quasi 30 anni sulle realizzazioni coeve. Il genio disegnativo del Petitot ha trovato perfetta realizzazione negli stucchi eseguiti da Fortunato Rusca e dal grande scultore J. B. Boudard per le figure in altorilievo.  All’interno delle cornici in stucco dorato vi sono ancora le quattro tele originali (del 1757-58) di François La Croix noto come la Croix de Marseille e di Adrien Manglard. La sala conserva l’unico mobile originale, un’elegante consolle in legno dorato con le teste di ariete eseguita nel 1766 dall’intagliatore Ignazio Marchetti. Significativi al Piano Nobile anche i due salottini cinesi di Babette e di Don Filippo di Borbone del 1753 con carte da parati italiane fatte copiando quelle cinesi e inserite all’interno delle boiserie.  La maggior parte delle sale del Piano Nobile presenta raffinati stucchi rococò eseguiti tra il 1750-53 da Carlo Bossi su disegno dell’architetto François Antoine Carlier                                                                                                                                                                                                                                                               

APPARTAMENTO NUOVO DEL DUCA FERDINANDO DI BORBONE
Il Duca Don Ferdinando di Borbone, uomo pio e devoto, a 38 anni nel 1789 smise di abitare le sale del Piano Nobile del primo cortile e si trasferì in questo appartamento prossimo al torrente Parma per essere più vicino alla Chiesa di San Liborio dove era solito ritirarsi in preghiera. L’appartamento si compone di sei sale grandi (biblioteca, camera da letto, sala da pranzo, studio privato, studio ufficiale ed osservatorio astronomico) ed alcuni ambienti minori (studiolo, bagno e piccola cappella) tutti affrescati tra il 1787 ed 1789 da due artisti: Antonio Bresciani autore delle figure e Gaetano Ghidetti esecutore delle quadrature geometriche e dei finti stucchi presenti nei soffitti. Tutto l’appartamento conserva la boiserie, le imposte interne delle finestre, le serrature in ferro battuto e le porte originali dell’epoca di Don Ferdinando di Borbone. 
Di particolare interesse artistico lo studio privato e lo studio ufficiale del Duca con splendidi finti arazzi alle pareti illustranti scene sacre dell’Antico Testamento e che Don Ferdinando suggeriva al pittore Antonio Bresciani. Nello studio ufficiale vi sono straordinari cammei con scene di giochi di putti realizzati in chiaro scuro da Gaetano Ghidetti. Veramente unico l’Osservatorio Astronomico dove Don Ferdinando senza uscire all’esterno comprendeva da che parte spirava il vento: al centro della sala un’asta fuoriusciva dalla volta con una banderuola, mentre all’interno una freccia ne indicava, sulla Rosa dei Venti, la direzione.  La sala conserva ancora la decorazione a tempera a secco su muro originale, con al centro la Rosa dei Venti circondata da una finta balaustra, mentre alle pareti vi sono paesaggi e putti con strumenti scientifici. Una parte della sala, costituita da due archi e da un piccolo vano, era utilizzata come sala di lettura e presenta al centro della volta l’Allegoria della Geografia.                        

CAPPELLA DUCALE DI SAN LIBORIO 
Nel 1775 il duca Ferdinando di Borbone fece distruggere il piccolo oratorio di San Liborio fatto costruire da Francesco Farnese nel 1722 ed iniziò la costruzione dell’imponente edificio ancora esistente consacrato nell’ottobre 1777. La costruzione venne affidata a Pietro Cugini che si ispirò in più parti al progetto del Petitot di un ventennio precedente rimasto inutilizzato. 
Questo primitivo edificio aveva pianta ribaltata di 180 gradi rispetto alla struttura attuale; fu nel 1788 che Don Ferdinando pensò di invertire l’orientamento della chiesa per renderla maggiormente fruibile ai colornesi avvalendosi dell’esperienza di Donnino Ferrari che progettò la nuova facciata, la controfacciata con tribuna ducale ed un nuovo abside terminando i lavori nel 1791. Di straordinario interesse l’organo costruito da Giuseppe Serassi di Bergamo dal 1792 al 1796, costituito da 2898 canne; oggi, dopo i restauri, è utilizzato in occasione di una rassegna concertistica di spessore internazionale che si svolge le domeniche sere del mese di settembre. La chiesa conserva un’impressionante quantità di arredo liturgico originale coevo all’epoca di don Ferdinando, non avendo subito dopo la morte del duca (1802) rilevanti lavori di trasformazione.  Nelle cappelle laterali vi sono opere dei principali artisti operanti in Parma nella seconda metà del 1700 quali: Gaetano Callani, Giuseppe Baldrighi, Pietro Melchiorre Ferrari, Laurent Pecheux, Domenico Muzzi e Benigno Bossi.  Interessante la tribuna ducale che permetteva a Don Ferdinando di assistere alla messa nelle occasioni solenni e di giungere non visto in chiesa attraverso uno stretto passaggio dal suo appartamento privato.  Di grande bellezza la cappella del Santissimo Sacramento, progettata da Pietro Cugini allievo del Petitot, con alle pareti una serie di preziosi marmi grigi di epoca romana che furono scavati sul colle palatino a Roma presso gli orti farnesiani prelevati dall’antico palazzo di Tiberio. (da Reggiadicolorno.it) 

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