Io abito dalle parti di Piazzale Allende e così decido di prendere dallo stesso piazzale il bus numero 7. Dopo dieci minuti di attesa arriva e la prima cosa che noto è il contrassegno blu e bianco della carrozzina stampato a caratteri cubitali sulla fiancata. Quando la portiera centrale si apre mi rallegro nel vedere che l’autobus è effettivamente dotato di posto per le carrozzine e di una pedana manuale per consentire l’accesso ai disabili su sedia a rotelle. Perfetto - penso - se è manuale non può non funzionare!
L’autista prova a sollevare la maniglia della pedana ma questa non si muove di un millimetro, forse perché a pensare alle cose belle mi porto sfortuna o forse perché uno strato di sporco la ricopre completamente. Io non ho intenzione di rinunciare al trasporto allora l’autista inizia a fare qualche telefonata, mentre nel frattempo con l’aiuto di una mia assistente personale e di uno strumento ad altissima precisione (ovvero: la mia chiave di casa) riesco a far sbloccare la maniglia della pedana e, ringraziando MacGyver, a salire sul bus.
Alla fermata del Cinecity sale un altro autista con il gancio per sollevare la pedana (già sbloccata, grazie, prego, si figuri) e mi dice che io non avrei potuto salire perché la linea 7 non è abilitata per le persone con disabilità. Il posto per le carrozzine e la pedana manuale potevano trarre in inganno un osservatore meno attento, in effetti. Mea culpa.
Nasce una piccola discussione ma è già tardi e non ho voglia di perdermi l’inizio del film. Al ritorno: stessa linea, diverso bus, diverso autista, stesso problema. Maniglia della pedana manuale bloccata dalla terra e dalla polvere, manco facessero i safari con questi autobus.
Dopo diverse telefonate da parte dell’autista, sempre con l’aiuto della mia assistente e con la chiave di casa (sto iniziando a pensare di produrla in serie e venderla al Comune per risolvere il problema delle maniglie bloccate) sblocchiamo la maniglia per estrarre la pedana. In Piazzale Allende questa volta mi attende una piccola delegazione costituita da un dirigente e un altro dipendente della Tep. Sono venuti a scusarsi per l’inconveniente - penso rallegrandomi - allora vedi che le cose funzionano!
Il dirigente è visibilmente alterato e urla che io non ho il diritto di prendere quell’autobus perché il Comune non ha abilitato la linea. Uno strano modo di scusarsi.
Io faccio notare il contrassegno disabili sull’autobus, aspettandomi che mi dica che in realtà in antico linguaggio dirigente quel simbolo vuol dire NON SALIRE. Lui non vuole sentirne e continua a dire che non posso prendere quell’autobus e che l’autista la prossima volta può rifiutarsi di farmi salire a bordo del bus. Mi son sentito Schettino all’incontrario, “non salga a bordo ca-pperi!”.
Io tento di spiegare che sta parlando di un trasporto pubblico e che è anche un mio diritto utilizzare quel bus. Il dirigente svicola e mi invita ad utilizzare i taxi attrezzati (a Parma non esistono ma non glielo dico perché non voglio che mi suggerisca di trasferirmi in un’altra città).
Taxi che, in ogni caso, potrei ritenere poco economici tanto da farmi scegliere un mezzo più adeguato al mio portafoglio. Tipo un autobus.
Mi (e le) chiedo allora: se le pedane elettroniche dei bus delle linee “abilitate” spesso non funzionano e le pedane manuali, quelle che dovrebbero funzionare sempre, non percorrono le linee “abilitate”, i disabili (civilmente e ipocritamente chiamati diversamente abili) come dovrebbero fare per andare al cinema? E non mi dica di guardarmi i film a casa, per favore. Il mio salotto non è “abilitato”.
Ivan Tavella