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Frane nel parmigiano, prevenire è meglio che curare

Non si possono affrontare i problemi del territorio solo quando è emergenza e la bonifica non si può costantemente rimandare: i dati A. N. B. I. fanno riflettere

Il meteo non dà tregua alla Val Parma e dopo una primavera dissestata dalle piogge, negli ultimi giorni anche il laghetto artificiale solitamente usato per la pesca sportiva in località Costa, sulla strada che collega l'abitato di Tizzano con Reno, è stato minacciato da una frana, con non poche preoccupazioni per gli abitanti di tutta la zona circostante.

I Consorzi di bonifica e la Protezione civile in questi mesi di piogge molto sopra la media hanno lavorato alacremente, ma l’Appennino Emiliano ha registrato in un lasso breve di tempo decine di migliaia di frane e i danni da Piacenza a Bologna sono stimati in circa 100 milioni di euro.
I dati meteorologici dell’ultima stagione rendono pertanto di urgente attualità molti interrogativi sulla prevenzione idrogeologica, che, in realtà, sarebbe importante porsi non solo davanti all’emergenza. Questi quesiti sono stati i protagonisti della “Settimana Nazionale della Bonifica e dell’Irrigazione”, un’occasione, anche con l’apertura al pubblico degli impianti idraulici, per far conoscere al grande pubblico l’attività dei Consorzi e, soprattutto, il proprio territorio. “Un appuntamento – ha spiegato Massimo Gargano, presidente dell’A. N. B. I., l’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni – che viviamo quest’anno in maniera particolare. Stiamo assistendo, infatti, a una primavera dall’andamento meteorologico anomalo con quantità di pioggia largamente superiori alla media e conseguenze pesantissime per il territorio, sia per le attività agricole che per l’equilibrio idrogeologico”.

Più volte l’A. N. B. I. ha richiamato in questo senso l’attenzione delle Istituzioni, governative e non, anche presentando recentemente a Roma il documento “Proposte per la crescita: sicurezza territoriale, alimentare e ambientale”, un piano di mitigazione del rischio idrogeologico che fotografa la situazione territoriale italiana, mettendone bene in evidenza fragilità e pericoli.
 
Anche se l’opinione pubblica e gli organi decisionali sembrano ricordarsene solo nel momento della calamità, quando le immagini di cronaca fanno clamore, ma quello che si può fare è ormai molto poco e solo vagamente riparatorio, in Italia i comuni a elevato rischio idrogeologico sono oltre l’80 per cento, i comuni in pericolo per il dissesto idrogeologico sono 6.633, le persone che abitano in un territorio ad alto rischio 6 milioni, quelle in zone a rischio medio 22; gli edifici esposti a frane e alluvioni sono 1.260.000 (dei quali 6.251 scuole e 531 ospedali).
 Le cifre per la bonifica registrate dal piano A. N. B. I., che viene costantemente aggiornato, non sono da poco, contemplano 2943 interventi, per un importo complessivo di 6.812 milioni di euro. Ma «la sicurezza territoriale, alimentare e ambientale – spiega il presidente dell’A. N. B. I.  Massimo Gargano - è presupposto indispensabile per la crescita economica di qualsiasi Paese e soprattutto dell’Italia, causa la fragilità del territorio e l’accentuata variabilità climatica».

L’evidenza concreta di queste affermazioni è, per esempio, chiara a tutti per quel che concerne l’Appennino Emiliano. Non bastano piccoli toppe estemporanee per tamponare l’emergenza, se non si contrastano e incanalano le frane con misure durature entro l’estate, il già precario equilibrio idrogeologico rischia di diventare una tragica minaccia. E oltre al pericolo concreto per l’incolumità degli abitanti, in gioco c’è anche l’indotto economico di un’intera zona, con immediate ripercussioni sul turismo e una ridotta produzione del prodotto di punta del territorio, il prosciutto di Parma che qui è prodotto per il 10% del totale.

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