rotate-mobile
Sport

Parma, la settimana più lunga: tutto in 90 minuti

Il giorno dopo regna il silenzio, non c'è pessimismo solo la giusta tensione per affrontare bene la gara con la Fiorentina

La nottata non è passata. E c’è la sensazione che l'effetto Bologna possa scemare solo domenica, a certe condizioni. Si va verso la settimana più lunga del Parma, quella in cui è facile emergano paure e ansie, tipiche di una squadra che adesso deve buttare in campo tutto quello che ha perché ha ancora il coltello dalla parte del manico. Quello che resta, assieme alla figuraccia nel bel mezzo della tempesta, è la consapevolezza che a Bologna si è perso oltre che un derby, anche la faccia. Perché mentre la nave stava imbarcando acqua, il capitano ha pensato bene di salvarsi lasciando i fidi marinai nel mare di incertezze che alla fine li ha trascinati giù. Se ti abbandona anche il capitano, vuol dire che manca una colonna alla quale appoggiarti, sostenerti e – perché no – versare qualche lacrima. L'espulsione di Bruno Alves, mai così teso in stagione come a Bologna, ha di fatto messo a nudo i limiti di una squadra caratterialmente debole.

Lunedì il capitano ha deciso di scendere da quella nave, vedere Alves, campione elogiato a ogni latitudine andare a tirare per la maglia il giocatore del Bologna rimasto a terra per un suo stesso fallo, non è stata affatto una bella scena. I soloni stigmatizzerebbero, i teorici pure. Ma sotto gli occhi di tutti c’è che la squadra non ha forse energie mentali per rimettersi in piedi, gli manca la tranquillità e quella deriva solamente dai risultati. Ma se anche Bruno getta la spugna il segnale è pessimo e l’allarme che risuona fa eco in tutta la città. Quello che rimane il giorno dopo è il senso di impotenza, le ferite aperte di una battaglia persa in partenza oltre che la consolazione da parte di una dirigenza presente nelle figure di Pizzarotti, presidente di una squadra che cerca aiuto, di Malmesi, del club manager Lucarelli e di Daniele Faggiano, il direttore sportivo accompagnato dalla speranza che certe gare non si ripetano più. allenamento-5-2

Pur volendo trovare qualcosa di positivo da cui ripartire, pur sforzandoti, non ce la fai e il giorno dopo è forse quello più brutto. Qualche timido supporto di un paio di tifosi venuti ad assistere alla ripresa dei lavori, poi niente. Facce stanche, tese e a tratti sorridenti per scrollarsi di dosso una tensione che oggi non serve. Perché il Parma è ancora padrone del proprio destino. Concretamente significa che ha ancora tre punti in più rispetto alla terzultima. Certo, il problema è che ne aveva nove, poi otto, con il bottino che è cominciato a diventare esiguo per via della perdita di certezze. Ma siccome indietro è impossibile tornare, con il fiatone e qualche speranza è meglio guardare avanti. Per un vantaggio accumulato in passato il Parma si trova ancora a galla, aggrappato saldamente alle scialuppe di salvataggio ma adesso deve cominciare a nuotare davvero, non basta più scansare le onde. O si rischia di affogare. Seriamente.

Sotto il diluvio di Bologna, sulla squadra è piovuta una tempesta rossoblù che quelli del Parma hanno cercato di respingere solo con l’utilizzo delle mani, come per volersi coprire gli occhi nel bel mezzo di una tormenta che imperversava e tagliava a fette una squadra senz'anima. Il Dall’Ara non era un ring, ma il Parma di D’Aversa sembrava uno di quei pugili messi all’angolo, quelli che stramazzano al suolo dopo un paio di riprese. Incassano ma non reagiscono.

E se lo fanno – lunedì non hanno dato nessuna parvenza di reazione – lo fanno male. Scollati, lontani l’uno dall’altro, distanti tra i reparti, costretti a indietreggiare senza mai dare l’impressione di poter controbattere o resistere, inferiori al Bologna, quelli di D'Aversa si sono forse spaventati e hanno lasciato sul campo punti e onore. E' stata una sconfitta senza appello. Che neanche i tifosi, giunti al seguito speranzosi, hanno saputo mandare giù. Chiedere a Pizzarotti, il presidente, che è andato a immolarsi in nome di una squadra che adesso più che mai ha bisogno di uno strattone. Per svegliarla dal torpore in cui è caduta, vittima delle sue paure e delle sue incertezze. Qualche maglia lanciata in segno distensivo, perché promessa a qualche tifoso, Pizzarotti se l’è vista tornare indietro, carica di pioggia e pure di insulti. Ma il giorno dopo è quello più difficile da attraversare: rimettere insieme i cocci e andare avanti verso l'unica strada percorribile. Così sì. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Parma, la settimana più lunga: tutto in 90 minuti

ParmaToday è in caricamento