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Parma, non è tempo di sentenze: ma se sei questo...

Squadra stanca, dura solo un tempo. Assenza di qualità, curiosa la decisione di lasciare fuori lista Siligardi

Probabilmente 180' sono un po' troppo pochi per divinare responsi e travestirsi da oracoli bramosi di conoscere e predire anzitempo verità. Sicuramente è molto presto per disseminare verdetti e giudizi, dopo appena due partite sarebbe anche abbastanza strano ritagliarsi ruoli di giudici capaci di tagliare teste ed emettere sentenze. Però si fa in tempo, soprattutto dopo la partita contro la Spal, almeno a preoccuparsi, rischiando magari di chiedersi cosa di sbagliato ci sia nell'impostazione di una squadra che non si è certo distinta per personalità. E che ha giocato solo un tempo, l'altro ha deciso di guardarselo su Dazn arrivando anche più in ritardo delle immagini che trasmette la piattaforma. Salvo riprendersi, in maniera casuale più che logica e razionale, alla fine di una partita che ha restituito ai tifosi del Parma tanti dubbi e pochissime certezza. Una su tutte: così si va poco lontano. 

Al di là del fatto che non si sia mai tirato in porta - e questo quando giochi a calcio non può essere certo un dettaglio trascurabile - quello che secondo noi deve preoccupare del Parma di domenica è il modo in cui la squadra abbia accettato la sconfitta: quasi in maniera passiva, quasi come se un po' se l'aspettasse. L'atteggiamento rinunciatario è balzato un po' all'occhio di tutti e a tanti è parso senso di impotenza nel contrastare un'armata - la Spal ... - organizzata e pragmatica, a cui piace giocare il pallone e che concede poco. Pragmatismo e organizzazione, tutte caratteristiche di molte squadre di calcio. Tutti elementi gonfiati da un Parma a corto di idee e senza neanche il coraggio di provare quello che giornalmente si fa al centro sportivo di Collecchio, dove il giorno dopo regnavano silenzio e un po' di legittimo turbamento per come questa sconfitta è maturata. Non certo per il vantaggio di misura - un gol capolavoro di Antenucci che ringrazia un po' Grassi, attirato dal movimento dell'altro giocatore che ha tagliato in area, e un bel po' Bruno Alves - ma per questa cronica mancanza di reazione che ha mostrato la banda di D'Aversa anche dopo il rigore di De Paul alla prima giornata contro l'Udinese. Come se questa squadra, alla prima difficoltà, si sciogliesse e disunisse, allungandosi nei reparti e amplificando quella sensazione di insicurezza quando tra i piedi c'è un pallone che scotta parecchio.gagliolo-ansa-2

E che certifica la validità di un teorema banale ma attualissimo: la Serie A non è la Serie B. E forse D'Aversa quel pomeriggio a Trento - dopo la sconfitta contro la Sampdoria in un test di allenamento - non aveva tutti i torti. "Ci vuole fisicità e qualità - andava predicando il tecnico nato a Stoccarda - per affrontare la Serie A". Bene: il mercato difficile (con l'attenuante del processo valida fino a un certo punto) non ha esaudito in toto le richieste del tecnico che ha investito su Stulac tutte le speranze di avere un 'pilone' davanti alla difesa credendo di sfruttarne il fisico e le sue indubbie qualità balistiche, che però (attualmente) vengono spazzate via - almeno in queste prime uscite - dalla fame degli avversari che non gli lasciano il tempo di ragionare.

Ibarillà-9n più, considerando che Grassi e Rigoni non sono nel pieno della forma e che si è scelto di portare in lista Jacopo Dezi (infortunato fino a ottobre), si fa presto a capire che non è tempo di caccia e di punture il dito contro questo o quello. Ma qualcuno spieghi, nella carenza di qualità generale che pervade la rosa crociata, la decisione di lasciare a casa Siligardi che della qualità ha fatto - nel suo piccolo - sempre un punto di forza. Un giocatore che utilizza il fioretto, un uomo di raccordo che unisce i reparti e serve sul piatto soluzioni diverse, sarebbe servito parecchio nell'aridità tecnica del Dall'Ara. Certo, non stiamo mica parlando di Ronaldo ma di uno che ha dimostrato di valere, sicuramente più di una decisione che appare inspiegabile ma che un senso - per forza di cose - deve averlo. 

Le foto di Riccardo Gagliolo e Antonino Barillà sono di Ansa

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