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Evoluzione Parma: è lo stesso anche se cambia...

Come l'anno scorso, dopo dieci giornate, la squadra ha 13 punti: ma quante cose sono cambiate. I numeri del cambiamento

‘Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiar se stesso’. Lo diceva Lev Tolstoj, grande scrittore e filosofo che ha influenzato il pensiero di molti. Forse Roberto D’Aversa ha cominciato a fare suo questa massima, proprio lui che fino a poco tempo fa veniva considerato uno dei più conservativi nel suo ambiente. Quello del calcio, che tende solitamente a dimenticare in fretta. Probabilmente conservativo lo è ancora, ma quante cose sono cambiate in lui da tre mesi a questa parte? Detto che il tecnico nato a Stoccarda non ha nessuna pretesa di cambiare il mondo, probabile che nemmeno lo pensi, gli va almeno riconosciuto un cambiamento dal punto di vista dell’impostazione che ha dato al suo gioco, che equivale in parte a un voler cambiare anche se stesso, trasportando il concetto e adeguandolo la suo contesto. Smentendo – si fa per dire – Tolstoj che sosteneva il contrario parlando degli uomini e riferendosi a questioni ben più alte del pallone. E magari aveva pure ragione.

Venendo al calcio, al modo di pensare, alla filosofia, Roberto D’Aversa rispetto all’anno ha compiuto passi in avanti in maniera decisa. E concreta. Perché è vero che dopo dieci giornate il suo primo Parma di Serie A aveva 13 punti, come quello attuale, è vero che in entrambe le annate – dopo dieci giornate – la squadra ha subito 14 gol, ha vinto lo stesso numero di partite rispetto allo scorso anno (4), ma è pur vero che un balzo in avanti notevole lo ha fatto, soprattutto nella mentalità e nelle intenzioni di una nuova proposta di calcio. E questo è testimoniato dai numeri: inconfutabili, l’unica cosa solida di un calcio diventato liquido e difficile da interpretare. Questo cambio di mentalità è testimoniato dai 15 gol che il Parma ha segnato in dieci partite, 1,5 a gara di media. Roba lontana dal primo Parma di D’Aversa, che in dieci giornate aveva segnato dieci volte, un gol a partita, rimanendo a secco quattro volte.

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Il cambiamento è testimoniato anche dal balzo in avanti in classifica: l’anno scorso, a 13 punti, D’Aversa dopo dieci gare era dodicesimo, si lasciava dietro squadre come Cagliari, Spal, Atalanta, Bologna, Udinese, Empoli, Frosinone e Chievo (retrocesse). Quest’anno, dopo dieci giornate è nono in classifica. Con dietro Milan, Bologna, Verona, Torino, Udinese (che ha allontanato Tudor), Sassuolo, Lecce, Genoa (che ha cambiato allenatore), Brescia, Spal, Sampdoria (che ha già esonerato Di Francesco per Ranieri). Insomma: se il campionato finisse ora, il Parma raggiungerebbe un bel traguardo.

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La cosa chiara, un’altra, che lascia trasparire il cambiamento, ed è quella più lampante, emerge dal gioco e dalle intenzioni della squadra. Quanti palloni toccano i difensori del Parma in fase di impostazione? Movimenti nuovi grazie a una nuova concezione di guardare al calcio, che non può prescindere dal risultato, chiaramente. Pressing più alto che mira a riconquistare il pallone e a verticalizzare immediatamente. Un cambiamento di idee che guarda sempre al risultato ma in maniera diversa, che impone uno sguardo profondo dentro l’io del tecnico e che riporta a galla un nuovo Parma, sotto la guida di un nuovo D’Aversa.

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