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Videochiamate, messaggi e... libri: così D'Aversa tiene accesa l'ambizione

Bob è lontano dalla famiglia: in isolamento a Parma legge, cucina e sbriga le faccende domestiche, senza perdere di vista la sua squadra. Con la tecnologia tiene alta la competitività

Le distanze si sono allungate, i margini sono sempre più grandi e non si sa davvero quando torneremo ad affacciarci alla normalità. Nell’incertezza totale che circonda il mondo ci è finito dentro pure il calcio che di certezze invece aveva bisogno. E mentre si discute di stipendi da tagliare e politiche da correggere continuano a essere rimandati – giustamente, fino a quando la situazione non tornerà almeno più stabile – i giorni previsti per le riprese degli allenamenti in Serie A. Il Parma, ad esempio, ha finito di lavorare l’11 marzo, dopo la partita (se così si può chiamare) con la Spal nella desolazione del Tardini. E’stata quella gara lo specchio dei giorni nostri, avvolti da decisioni traballanti, segnati da scelte tremule destinate a cambiare un’ora dopo. Dall’11 di marzo Roberto D’Aversa è in isolamento.

Da decreto non può lasciare Parma, dove è rimasto insieme alla squadra e al suo staff. E’ a casa sua, immersa nel centro che ha spento tutto. Pochi i rumori, solo l’eco sorda delle ambulanze che scorrazzano. Più che un suono è un lamento, un grido che allaccia in testa sempre lo stesso pensiero. Si fatica a pensare al pallone, ma lui che di pallone è abituato a vivere dalla mattina alla sera deve avere la testa anche su quello. E guai a pensare che i giocatori in questo momento siano più ‘liberi’ da fatiche e dispensati da obblighi di routine. Perché anche nelle loro case, D’Aversa li segue e vigila sul loro operato. Il rapporto con la squadra è continuo, quotidiano. Chi ha la ‘fortuna’ di abitare un po’ più in la si sentirà pure più rilassato, ma lo stesso deve ottemperare al programma che Bob e il suo staff, in testa il preparatore atletico Luca Morellini, hanno pensato per loro.

Esercizi a corpo libero, circuiti per le gambe che comprendono anche cambi di direzione. Chi ha spazio può pianificare sprint lineari, altri si sono garantiti cyclette e tapis roulant per emulare la palestra di Collecchio. Nelle case di tutti ci sono tappetini e pesi, manubri e corde per provare a mantenere il tono muscolare vivo in questo riposo forzato e attivo. Nella loro testa non deve esserci l’idea che sia tutto fermo, né deve essere intesa questa pausa forzata come una vacanza. E in questo che entra in gioco Roberto D’Aversa, deciso più che mai a mantenere accesa la fiamma dell’ambizione. Messaggi, videochiamate costanti, interventi nella chat di squadra per tenere altra (per quanto si possa) la tensione del gruppo, per contenere le concessioni a tavola e ricordare a tutti che si tratta solamente di un periodaccio. Qualche giocatore che invece è più a portata di mano, vedi Bruno Alves che abita a qualche isolato da D’Aversa, viene monitorato dall’occhio diretto del tecnico.

Fondamentale in questo periodo è l’alimentazione, con la squadra invitata a seguire il programma stilato con il nutrizionista Tindaro Bongiovanni. Cinque pasti, un paio tra un allenamento e l’altro. Tutto questo mentre D’Aversa allena il corpo e soprattutto la mente. E si riscopre un uomo di casa. Anche il tecnico dopo la colazione comincia la sua giornata con lo studio: nel suo programma qualche partita, meno rispetto al solito, lo impongono i ritmi non più asfissianti della sua giornata. Più libri da leggere, più tempo per coltivare l’altra sua passione, quella della lettura. Più tempo anche per aumentare la sua competenza in cucina, dove si è riscoperto anche chef tra le altre cose. Improvvisa ricette, accostamenti e pranzi che si trova costretto a consumare da solo. La famiglia è a Pescara, la moglie e i tre figli sono distanti ma uniti (per usare uno slogan di questi tempi) attraverso la tecnologia. Skype e videochiamate per ridurre i chilometri e dirsi che presto, prestissimo, potranno riabbracciarsi. Un vivere sospeso alleggerito - se così si può dire - dalla speranza di ridurre i tempi per tornare ad assaporare un pizzico di normalità.

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