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VISTA DALLA CURVA | Aggrappati al capitano

Il viaggio in Nord con Luca Cavallina

Suicidio missione fallita. Sudare freddo, smuovere tutti santi del paradiso, masticare amaro cantando come ossessi missione compiuta.

Schiacciati come tonni in scatola nel settore ospiti non abbiamo smesso di cantare nemmeno un minuto, non ci siamo abbattuti neanche quando Marchi ha riacciuffato un meritatissimo pareggio, mancavano dieci minuti alla vittoria quando le barricate crociate sono crollate sotto la grinta friulana, ma noi no, noi anime crociate, le solite mille facce da trasferta abbiamo continuato a sperare, a spingere i nostri a gettare il cuore oltre l'ostacolo e ci siamo riusciti: il rigore decisivo del capitano l'abbiamo calciato anche noi con rabbia, con in gola un urlo/preghiera: “Capitano, portaci via da questa categoria”. Lasciatemelo dire oggi, prima che la finale dica se sarà polvere o gloria: noi, le solite facce che hanno animato anche le trasferte più amene meritiamo questa stramaledetta promozione più di chiunque altro.

La partita si era messa subito bene: dopo un quarto d'ora Scaglia dal limite regala l'illusione che la pratica Pordenone sia solo una formalità, i neroverdi faticavano a ripartire e il primo tempo andava in archivio senza tanti sussulti.

Il secondo tempo regala altre emozioni, troppe emozioni. Il Parma si schiaccia, rinuncia a giocare, arretra, si salva miracolosamente in alcune circostanze salvo poi capitolare ad un passo dal traguardo. Uno a uno, supplementari.

L'extra time è cardiopatia pura: i crociati soffrono ed io vorrei strapparmi la barba, i ramarri provano a vincere mentre le gambe di noi tifosi, sfinite dalla tensione tremano, Edera dribbla tutta la retroguardia avversaria ma l'urlo rimane strozzato in gola. Niente da fare, rigori, vada come vada.. ed è andata bene: Frattali chiude la saracinesca, Edera, Ciccio, Gianni ed il Capitano sanciscono il proseguimento del sogno.

Ricarichiamo voce e batterie perché sabato sarà ancora sofferenza.

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