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Chem Sex, l'esperto: "Cercano il piacere estremo ma il mix di droghe può essere letale"

Il dottor Giuseppe Affini è dirigente medico di medicina farmacologica e tossicologia: "E' una doppia dipendenza, dalle sostanze e dal comportamento sessuale: il 70% dei pazienti riesce ad uscirne"

Chem Sex (sesso sotto l'effetto di droge) è arrivato anche a Parma: nel 2017 sono stati registrati una quindicina di casi che hanno interessato omosessuali ed eterosessuali. Questa strana e autolesionistica pratica coinvolge gente che - tendenzialmente - occupa una fascia d'età compresa tra i 28 e i 40 anni. Molti di loro - spiega il dottor Giuseppe Affini - dirigente medico di medicina farmacologica e tossicologia - inseguono una forma edonistica del piacere attraverso questo mix (che può essere letale) "che ti lascia solo il vuoto, come la maggior parte delle droghe psicoattive". 

Dottore, cosa provoca questo mix?

"Una doppia dipendenza: una dalle sostanze e una dal comportamento sessuale. Che può creare comunque un addiction, una dipendenza dal sesso. Si può uscire solo dissociando le due dipendenze, affrontandone prima una e poi l'altra, scomponendo il problema".

Diciamo la verità: la preoccupa la situazione che c'è a Parma?

"Parma preoccupa, come no. E' sulla direttiva Bologna-Milano, le due città dove è iniziato il fenomeno della 'chemsex ...'. Andando a vedere su Parma si sono registrati una quindicina di casi in cui esiste questa connessione tra una pratica sessuale anche abbastanza estrema e le sostenze, di cui 90% sono uomini omosessuali o bisessuali e in due casi, il 10%, sono donne. E questa ricerca ossessiva del piacere miete molti seguaci, crea proseliti".

Cosa chiedono i pazienti?

"Questi ragazzi non chiedono aiuto se non quando hanno una dipendenza dalle sostanze psicoattive, non chiedono aiuto per la dipendenza comportamentale al sesso ma solo per uscire da un tunnel che a volte è lunghissimo".

Quali sono gli ingredienti di questo cockail?

"Le nuove sostanze psicoattive, tipo il mefedrone che non è rivelata da nessun tipo di controllo. La ketamina, non rilevata dagli esami tossicologici. Il cocktail di queste due sostanze è molto pericoloso perché disinibisce. Insieme al Ghb e al Gbl provocano poi l'amnesia, e dopo la serata chi ne fa uso non ricorda cosa ha fatto. Brutta sensazione. Siamo preoccupati da questa doppia dipendenza puramente edonistica, da questa ossessiva ricerca assoluta della forma estasica del piacere. Così i centri nervosi come la migdala e l'ippocampo memorizzano questi ricordi piacevoli e, quindi, quando uno fa un percorso simile è molto facile ricaderci. La nostra memoria psico-emozionale ricorda solamente le cose piacevoli purtroppo - in questo caso -".

Come si esce da questo tunnel?

"Si esce scomponenendo le due dipendenze: prima si affronta la dipendenza da sostanze, si cerca di avviare un percorso legato a consolidare l'astensione con terapie sintomatiche. Poi occorre offrire alla persona un supporto psicologico, dove si fa una valutazine psicodiagnostica a cognitiva per capire le problematiche che ci sono a monte. Si agisce per rafforzarlo dal punto di vista psicologico per separe le due dipendenze dal punto di vista dei meccanismi automatici mentali e per essere più consapevoli dei meccanismi psicologici che ti portano a questi comportamenti, che è il passo più difficile".

Cosa resta quando arriva il cosiddetto 'down'?

"Resta la consapevolezza che anche un piacere estremo portato all'estasi non lascia nulla se non il vuoto. Occorre una grande sensibilità per capire e mettersi nei panni di chi usa questo tipo di sostanze, questo tipo di pratica sta iniziando anche tra gli eterosessuali, oltre che tra omosessuali e bisessuali. L'idea è di raggiungere questa forma estasica di piacere, il distaccarsi dalle preoccupazioni della vita quotidiana. Le droghe provocano danni e vanno direttamente al cervello e creano un'alterazione profonda del pensiro e dalla neurochimica del cervello, intossicazione e dipendenza, assuefazione. Nel tempo creano deficit cognitivi, problemi nel ragonamento astratto, una serie di alterazioni del sistema cognitivo. Vediamo un sacco di forme di demenza in pazienti giovanissimi che hanno fatto uso di sostanze, già a 45, 47 anni". 

Perché si avvicinano a questa pratica?

"Di tutti i pazienti che ho sentito, ognuno ha una sua visione della vita. Ma tutti fanno fatica a costruire una biografia, un percorso che sia gratificante che possa essere speso nella società. Per questo utilizzano dei comportamenti che massimizzano il piacere quotidiano dell'oggi. Ci sono anche genitori che vengono da noi e ci narrano le storie del figlio: se il genitore viene ha capito che c'è un disagio. Il primo passo è avere un minimo di consapevolezza del problema. Se non hai idea che questa situazione ti porti al malessere psico-fisico allora non inizierai mai. Se il tuo modo di avvicinarti è ecosincronico e intanto dici 'mi piace, io sto bene e per me va bene così', certamente non inizierai mai un percorso di cura".

Quante possibilità ci sono di uscire dal tunnel? 

"Ci sono casi difficili, casi in cui non avrei scommesso un centesimo sul recupero. Ma insieme alla famiglia, al paziente, e a una rete di supporto. La richiesta più frequente è quella di riuscire a smettere di usare le sostanze per via endovenosa e a mio avviso il 70 80 % riesce ad uscirne, sempre se riconosce di avere un problema".

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