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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Cura del glaucoma: la Struttura Complessa Oculistica dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma in prima linea

Nuove tecniche chirurgiche mini invasive possono salvare la vista

Il glaucoma, nemico silenzioso della vista, è una malattia neurodegenerativa che colpisce più di 1 milione di persone in Italia e in Emilia Romagna su 100.000 persone affette solo 1 su 2 è in cura, vale a dire poco più di 50.000[1] pazienti, di cui il 2,5% ha oltre 40 anni di età.

È una patologia caratterizzata principalmente da una perdita di controllo della pressione intraoculare che, a lungo andare, danneggia il nervo ottico (la struttura che connette l’occhio al cervello), limitando il campo visivo dalla periferia verso il centro.

La malattia non crea disturbi (viene infatti definita “il ladro silenzioso della vista”) fino a quando non sia arrivata ad uno stadio molto avanzato. A quel punto, si comincia per esempio ad inciampare o ad accorgersi in ritardo della presenza di un ostacolo quando si cammina o si guida. E, cosa molto preoccupante, una volta creatasi, la perdita di funzione visiva non è più recuperabile.

 “Il 50% dei pazienti non sa di avere il glaucoma perché si arriva tardi alla diagnosi e il 20% è esposto al rischio concreto di perdere la vista. È una patologia degenerativa che generalmente coinvolge entrambi gli occhi determinando danni permanenti al nervo ottico, che nel tempo possono portare a ipovisione e cecità – afferma il Prof. Stefano Gandolfi, Direttore della Struttura Complessa Oculistica dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. –  A partire dai 40 anni è buona norma sottoporsi regolarmente a controlli oculistici, che includano la misurazione della pressione intraoculare e l’esplorazione del fondo dell’occhio, manovre che permettono di identificare la malattia e, se possibile, di fare la diagnosi prima che si verifichino perdite importanti (e non recuperabili) di funzione visiva. In questo senso sarebbe auspicabile, come già accade in alcuni territori della nostra regione, rafforzare ulteriormente il network tra medicina del territorio e centro ospedaliero specialistico per gestire al meglio il percorso di diagnosi e cura dei pazienti affetti da glaucoma”.

Una diagnosi precoce, con uno screening eseguito tra le categorie di soggetti più a rischio, partendo da test di base fino ad esami tecnologicamente innovativi, e l’adozione da subito di trattamenti efficaci possono salvare la vista e preservare la qualità di vita nella maggior parte delle persone con glaucoma.

“La pandemia, in particolare durante la prima ondata, ha inciso fortemente sui percorsi oculistici di diagnosi e cura, poichè chi è affetto da patologie croniche, come il glaucoma, ha necessità di fare controlli ed essere seguito secondo un calendario di visite prestabilito. Fortunatamente negli ultimi mesi la situazione è migliorata permettendoci di poter riprendere la nostra attività di diagnosi e trattamento, intervenendo in prima battuta sui casi più gravi e poi a pioggia su tutti gli altri – dichiara il Prof. Gandolfi – Il nostro centro, a cui afferiscono pazienti da fuori regione e non solo dalla provincia di Parma, è in linea con numerosi altri centri in Emilia-Romagna (con cui esiste un network molto attivo di collaborazione) nell’adozione dei più appropriati percorsi terapeutici attualmente disponibili, sia medici che chirurgici. Oggi le principali novità sulla cura del glaucoma si diramano in due direzioni principali: da una parte troviamo le metodiche laser e i sistemi a lento rilascio di farmaco (quest’ultimo in attesa di essere disponibile in Europa), e dall’altra le nuove tecniche chirurgiche mini invasive che integrano e non sostituiscono le chirurgie tradizionali – spiega Gandolfi”. 

Il paziente che riceve una diagnosi di glaucoma deve curarsi per tutta la vita ed è noto come l’utilizzo cronico delle medicine può comportare delle modificazioni delle superfici dell’occhio che possono ridurre il successo della terapia chirurgica del glaucoma. In questo caso si può ricorrere a tecniche chirurgiche cosiddette mini invasive o comunque gravate da minori tassi di complicanze.

“Le tecniche chirurgiche mini invasive permettono di ridurre la pressione intraoculare, con margini di sicurezza sempre maggiori. La gestione del post operatorio è, in alcuni casi, più semplice rispetto alla chirurgia tradizionale, con un recupero della vista più rapido. Si tratta di procedure gravate da meno complicazioni, che non richiedono punti di sutura e sono eseguite in anestesia locale, riducendo il decorso post operatorio. I risultati finora sono stati buoni, così come il livello di soddisfazione dei pazienti si è mostrato incoraggiante – conclude Gandolfi.”

1Dato basato sul numero di esenzione ticket per patologia 019 nel 2013.

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