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Il delegato alla Legalità del Comune: "Partiamo dal San Leonardo per portare sicurezza e senso di comunità in tutti i quartieri"

Intervista a Daniele Stefanì, ex poliziotto e dirigente della Digos: "La giunta ha allo studio la creazione di una casa per rider dove i lavoratori, i più sfruttati nel contesto urbano, possano ricaricare i telefoni e scaldarsi. Il Comune sta iniziando ad acquisire i beni sequestrati alla mafia per destinarli a finalità sociali"

"Siamo partiti dal quartiere San Leonardo, con l'agente di comunità e lo street tutor per portare sicurezza e senso di comunità in tutti i quartieri della città. Dopo anni e anni passati alla Digos di Parma Daniele Stefanì, poliziotto e dirigente sindacale, è oggi il delegato alla Legalità del Comune di Parma con la giunta di Michele Guerra. In Comune e in Consiglio comunale è entrato per anni come poliziotto della Digos per garantire l'ordine pubblico. Oggi è passato dall'altra parte, quella che contribuisce a prendere decisioni per il futuro della città. "Siccome per una vita ho teorizzato, sul tema della sicurezza, che si potesse affrontare affiancando al controllo un'intervento sul tessuto sociale, quello che mi aspetto è di realizzare le idee che ho sempre avuto e di metterle in pratica". 

Come si trova in questo nuovo ruolo (e nuovo palazzo) dopo gli anni di servizio alla polizia di stato come dirigente della Digos?

"E' strano perchè in questo palazzo ci sono stato per altri motivi e con altri ruoli. Entrarci oggi è una condizione almeno curiosa. Nell'aula del Consiglio sono stato tante volte quando facevo il poliziotto, tanta gente la conoscevo già, ora sono mie colleghe e colleghi. Siamo solo all'inizio: per ora è un'esperienza estremamente positiva. Alla Digos di Parma ci sono stato qualche decennio, a partire dalla fine degli Anni Ottanta: ho avuto un ruolo di coordinamento delle varie sezioni operative. Sono andato in pensione nel 2019, poco prima che scoppiasse la pandemia. Da lì in poi tutte le attività si sono bloccate. Ho sospeso il mio ruolo all'interno della Cgil per incompatibilità. Prima della pensione mi occupavo del sindacato di polizia, dopo ho continuato ad occuparmi del sindacati militari nascenti e dei protocolli di legalità e sicurezza, soprattutto per quanto riguarda le infiltrazioni mafiose"

Cosa si aspetta da questa esperienza e quali obiettivi si pone per quanto riguarda il miglioramento della qualità di vivere della città?

"Ho iniziato questa esperienza solo perchè questa giunta ha parlato di vicinanza alla gente, legalità e comunità. Siccome per una vita ho teorizzato, sul tema della sicurezza, che si potesse affrontare affiancando al controllo un'intervento sul tessuto sociale, quello che mi aspetto è di realizzare le idee che ho sempre avuto e di metterle in pratica. Si può far rispettare la legalità e si può ragionare di sicurezza anche con un intervento sociale che coinvolge il volontariato e cittadini che si mettono in rete. L'idea è di intervenire nei luoghi in cui il cittadino ha l'impressione che lo stato abbia completamente rinunciato al suo ruolo: dobbiamo invece comunicare che il controllo e lo stato ci sono. Chiedere, poi, alle persone di vivere il territorio: dal commercio alle attività ludiche e culturali e sociali, dalle feste a qualsiasi altra iniziativa. Una rete di sostegno per gli anziani che vivono soli in casa: ora si guarda a quello che succede in strada ma non a quello che succede all'interno delle mura domestiche". 

Come intende raggiungere questi obiettivi, quali sono le macroaree concrete di intervento sulle quali state lavorando? 

"C'è un progetto che la giunta aveva già approvato e messo in piedi prima che arrivassi, quello sul San Leonardo. Si parte dall'agente di comunità: la polizia locale sposta il modo di operare e ritorna in qualche maniera a stare vicino alla propria comunità. Un tempo c'era il vigile di quartiere, che era in relazione costante con le persone. Questi agenti vivono il quartiere e ne carpiscono le criticità. Poi c'è un'azione strutturale su illuminazione e contrasto al degrado con la videosorveglianza. Si recuperano spazi con la fantasia e l'arte dei ragazzi che vivono il quartiere.

E' partito il progetto 'La vita è stupefacente senza la droga: incontra le famiglie e li adolescenti in area scolastica. L'obiettivo è dare uno strumento alle famiglie per dialogare con i figli. C'è una distorta visione di cosa siano le aggregazioni giovanili, che molto spesso vengono definite baby gang ma non lo sono. Riallacciare il nodo del dialogo e fargli consapevolezza nell'uso delle sostanze stupefacenti: essere forti e capace di affrontare le cose della vita. Il primo incontro lo abbiamo fatto all'Auditorium Toscanini, il prossimo sarà all'Auditorium San Vitale, insieme alla comunità Betania e con una ricercatrice di Trento che lavora sul disagio giovanile.

Ai rider, una delle categorie di lavoratori più sfruttate - che vediamo in città e di cui quasi tutti ci serviamo - daremo una casa in cui possano fermarsi per scaldarsi, prendere un the, ricaricare il telefono cellulare, aspettare la chiamata. La giunta ha già pensato ad alcuni spazi: dobbiamo costruire un luogo accogliente ma senza creare un problema ulteriore. Ora si trovano sotto ai portici del Grano ma c'è freddo". 

Cos'è per lei la legalità, in questo particolare contesto spaziale e storico, con tutti i problemi che le città hanno evidenziato nei contesti urbani? 

"La microcriminalità è certamente cresciuta e va contrastata con decisione. C'è un altro aspetto che è meno visibile ma dovrebbe fare più paura. E' il tema delle infiltrazioni criminali, non possiamo aspettare di approfondire le infiltrazioni a partire dalle inchieste partite da altri territorio. Da poco c'è una sezione Dia a Bologna. Qui non vengono le mafie che sparano ma quelle che spendono soldi, sia quelle dell'Est che l'Ndrangheta e la Camorra. Dobbiamo costruire un tessuto che sia resistente alle infiltrazioni, la capacità di leggere i segnali.

Gli enormi investimenti di denaro per i cantieri del Pnrr saranno come miele per gli orsi per la criminalità organizzata: dobbiamo fare molta attenzione e costruire professionalità. I Comuni e i sindacati che si sono costituiti parte civile nel processo Aemila hanno deciso di reinvestire i risarcimenti in attività di contrasto alla mafia. Parma non ha una lunga storia di beni confiscati alla mafia: con questa Amministrazione comunale comincia ad acquisire i beni sequestrati alla mafia per destinarli a finalità sociali con l'idea di farle gestire ad associazioni, come Libera, che hanno sempre combattuto la mafia.

Il Comune ha sottoscritto protocolli con la guardia di finanza che sono assai stringenti e rendono difficile che le organizzazioni criminali si infiltrino in quegli appalti. La stazione unica appaltante sarà ulteriormente rafforzata, oltre al lavoro di cui si fanno carico già adesso. L'idea è aumentare la formazione di quelle persone utilizzando le capacità che ci sono nei sindacati e nelle Università: dare ulteriori strumenti a questi professionisti perchè riescano a comprendere meglio quello che sta accadendo per prevenire le infiltrazioni mafiose". 

Com'è maturato il contatto con la giunta Guerra e come si è arrivati alla delega? 

"Quello della delega è un atto fiduciario. Ho conosciuto questa amministrazione appena dopo le elezioni, quasi casualmente. Mi è capitato di parlare di alcuni progetto sulla legalità e quando è stato aperto l'avviso pubblico ho deciso di partecipare. La scelta è di profilo e non di caratteristiche strutturali"

ll progetto attivato al San Leonardo si allargherà anche ad altri quartieri? 

"Si, il quartiere San Leonardo è il punto di partenza così come il progetto Street Tutor. Ad inizio febbraio faremo il punto di come sta procedendo per fare correzioni e ottenere risultati migliori. I progetti poi si estenderanno agli altri quartieri. Per gli street tutor l'idea è modularli in base alla situazione che dovranno affrontare. Un conto è un'area con il problema degli spacciatori, altro conto è affrontare gruppi di ragazzi adolescenti, che non sono baby gang come spesso si scrive E' necessario intervenire con l'approccio delle unità di strada per cercare di capire, comprendere e mediare un comportamento che sia reciprocamente accettabile tra quei ragazzi e la comunità". 

Cosa pensa invece del ruolo dei Gruppi di controllo del vicinato? 

"Il ruolo dei gruppi di controllo di vicinato è esseziale: punterei ad un loro rafforzamento ed evoluzione. E' la società civile si riappropria delle strade: grazie alle segnlazioni di migliaia di cittadini che fanno parte dei gruppi in pochi giorni abbiamo ottenuto risultati investigativi importanti, per esempio l'individuazione di bande di criminali che si occupano di furti in appartamento. Credo che il loro ruolo debba essere rafforzato: costruiscono una rete di protezione essenziale per tutta la comunità. Dovrebbero crescere ulteriormente e riuscire ad attrarre sempre più cittadini: già oggi sono decine e migliaia le persone coinvolte". 

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