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Martedì, 16 Aprile 2024
CERIMONIA

I Rettori e le Rettrici delle Università italiane all’inaugurazione dell'anno accademico di Parma

Messaggi del Presidente della Repubblica e del Ministro Bernini. Prolusione di Andrea Riccardi su “La pace perduta”. Il Rettore Paolo Andrei: “Alle ragazze e ai ragazzi voglio dire: non siete soli, l’Università vi vuole ascoltare”

 È stata senz’altro un’inaugurazione di anno accademico molto particolare, quella di oggi, per l’Università di Parma. All’Auditorium Paganini, con autorità, studentesse, studenti, personale dell’Ateneo, cittadine e cittadini, c’erano infatti i Rettori e le Rettrici degli Atenei italiani, riuniti a Parma per i lavori dell’assemblea della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane – CRUI.

“Per me si tratta dell’ultima inaugurazione di anno accademico da Rettore, e ciò costituisce anzitutto una grande emozione. Vi ringrazio anche per questo – ha detto il Rettore Paolo Andrei all’inizio del suo intervento - per essere qui a condividere con me questo momento molto significativo anche in chiave personale, oltre che istituzionale”.

In apertura, dopo il corteo accademico e l’esibizione del coro universitario “Ildebrando Pizzetti”, il Rettore ha letto il messaggio pervenuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e Marcella Gargano, Direttrice Generale per la formazione universitaria, l'inclusione e il diritto allo studio del Ministero dell’Università e della Ricerca, ne ha letto uno del Ministro Anna Maria Bernini.

Sono poi intervenuti il Sindaco di Parma Michele Guerra, che si è soffermato sullo strettissimo legame tra Ateneo e città (“mai come in questo momento il dialogo tra Università e città e decisivo”), e il Presidente della CRUI Salvatore Cuzzocrea, che ha rimarcato il valore delle Università come motore di sviluppo e la loro capacità proattiva anche in momenti estremamente difficili: “Credo che il sistema Paese debba dire grazie al sistema delle università, proprio per quello che abbiamo saputo fare”.

Dal Rettore Paolo Andrei una riflessione ad ampio raggio sull’Università e sull’essere Università oggi, con una sottolineatura particolare sulla “cultura del risultato” che tormenta non pochi studenti e studentesse: “Sono troppi i casi di ragazzi o ragazze che vivono con angoscia la ‘cultura del risultato’, della ‘eccellenza a tutti i costi’. A loro, alle ragazze e ai ragazzi, voglio dire: non siete soli, l’Università vi vuole ascoltare, anche attraverso servizi psicologici e di counseling sempre più specializzati, pensati proprio per accogliere e prestare ascolto a ognuno di voi e accompagnarvi in ogni fase, più o meno facile, della vostra vita”, ha osservato, e ha poi aggiunto: “Dobbiamo aiutare i nostri ragazzi e le nostre ragazze a trovare la loro ‘eccellenza’, la loro inclinazione naturale e passione, che è solo loro ed è diversa da quella di tutti gli altri; non possiamo educarli attraverso modelli culturali che li spingono a ricercare sempre e a ogni costo di essere ‘le prime e i primi della classe’, anche perché questo non genera automaticamente la loro felicità ma, forse, solo la soddisfazione di nostre aspettative non necessariamente coincidenti con il loro bene”.

Il Rettore ha ricordato le tante facce dell’impegno dell’Ateneo, a partire proprio da accoglienza e diritto allo studio, e ha fatto una panoramica su alcuni dei principali ambiti di attività.

“Sono molto fiero della nostra Università – ha concluso - ma sono anche estremamente orgoglioso di quanto l’intero sistema universitario del nostro Paese ha saputo esprimere: è un sistema forte e coeso, che è stato capace di affrontare momenti difficilissimi con grande senso di responsabilità, energia, dinamismo, voglia di fare. Sono certo che su queste basi, e forti di queste qualità di fondo, si possa affrontare il futuro con un consapevole ottimismo, nutrendo la speranza che si possa fare sempre di più e sempre meglio”.

La Presidente del Consiglio degli studenti Martina Rega ha rimarcato l’importanza di una città a misura di studentesse e studenti e si è a sua volta soffermata sul diritto allo studio e sui tragici casi di cronaca recenti: “Studiare non può diventare sinonimo di parole come abbandono, suicidio, disperazione”, ha detto, parlando della cultura della performatività e della competizione. “È responsabilità delle istituzioni ma anche di tutte e tutti noi decostruire questo modello culturale, è responsabilità della comunità universitaria far sentire tutte e tutti accettati e creare un ambiente accogliente e non giudicante dei percorsi e dei tempi di ognuna e ognuno”.

In particolare di valorizzazione del merito ha parlato nel suo intervento la Presidente del Consiglio del Personale tecnico amministrativo Carla Sfamurri“Il personale tecnico amministrativo dell’Università di Parma – ha affermato - ha dimostrato, in questi anni, di operare con elevata professionalità e tanto è disposto a dare per contribuire ancora allo sviluppo dell’Ateneo. Proprio nel momento in cui, giustamente, si chiede agli Atenei uno sforzo di allineamento all’efficacia e all’efficienza del privato, e la sfida del PNRR ne è l’esempio, sono quanto mai necessarie importanti azioni di riconoscimento, professionale ed economico”.

La prolusione è stata tenuta da Andrea Riccardi, Professore Emerito di Storia contemporanea all’Università Roma Tre, Presidente della Società Dante Alighieri e Fondatore della Comunità di Sant'Egidio: La pace perduta il titolo del suo intervento. “Troppi pagano il prezzo della pace perduta. Penso soprattutto all’Ucraina, che paga un prezzo altissimo”, ha spiegato, sottolineando che “è cominciato da tempo questo smarrimento della pace” e si è avviato invece “un percorso di riabilitazione della guerra”. Attanagliati in una sorta di “guerra eterna”, dobbiamo ricostruire una cultura della pace: “La pace è perduta in Ucraina – ha osservato - ed è perduta da tempo in altri paesi. La guerra è la realtà. Ma la pace di cui godiamo noi europei ci consente la solidarietà con chi è aggredito e ci obbliga a pensare nuovamente alla pace, perché la guerra non distrugga questo friabile mondo globale. Pensare la pace vuol dire far crescere una coscienza di pace, perché l’opinione pubblica sia informata, attenta, responsabile, non ingabbiata nelle semplificazioni; perché la pace non può essere perduta troppo a lungo, altrimenti il mondo muore. Quindi ragionare, riflettere, con diverse opinioni, su tutto questo non è perdita di tempo, ma preparazione di tempi migliori per ritrovare la pace”.

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