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L'inarrestabile avanzata del cemento: decuplicano gli ettari di consumo di suolo

A Parma, tra il 2020 e il 2021 sono stati consumati 41,02 ettari netti di suolo, pari a un 7,6%. Emilia-Romagna capofila con le regioni del nord

L’ultimo rapporto ISPRA sul consumo di suolo sancisce il 2021 come vero e proprio annus horribilis per la nostra penisola. Rispetto agli ultimi dieci anni, infatti, l’incremento di consumo di terreno vergine in Italia ha segnato il record di oltre 2 m2 al secondo, per un totale di quasi 70 km2 di nuove coperture artificiali. A Parma, tra il 2020 e il 2021 sono stati consumati 41,02 ettari netti di suolo, pari a un 7,6%. Tra i comuni con aumento pro capite di suolo consumato nel 2021 superiore ai 10 m2 per abitanti al secondo posto c'è Polesine Zibello, con 25,48 m2 per abitante. 

Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400 (una fetta di territorio grande quanto la regione Liguria) destinati agli edifici. Un manto di cemento che soffoca la penisola, con gravi conseguenze per la permeabilità del suolo, che invece, di fronte a un quadro di crisi climatica e al conseguente acuirsi dei fenomeni metereologici estremi, è fondamentale per rendere più resiliente il nostro territorio. Si pensi che i danni causati dalla perdita di suolo sono stimati intorno agli 8 miliardi all’anno, una spesa che senz’altro rallenta la ripresa del nostro paese.    

In questo quadro così drammatico, l’Emilia-Romagna è terza sia per incremento di suolo consumato nel periodo 2020-2021 (658 ettari) sia in totale di suolo consumato nel 2021 (oltre 200mila ettari), dopo Lombardia e Veneto.  

Nella classifica nazionale dei comuni peggiori troviamo Ravenna seconda solo a Roma per incremento consumo di suolo nel periodo 2020-2021, con 68,66 ettari di incremento nell'ultimo anno.  

Nella classifica regionale invece, dietro Ravenna troviamo i comuni di Reggio nell’Emilia (35,44 ha) e Ostellato (30,26 ha).   

Se guardiamo invece al consumo di suolo pro capite, l’indice in rapporto alla densità abitativa, troviamo Ostellato (FE) in cima alla lista dei comuni in Emilia-Romagna, con un consumo di suolo annuo di 52,5 m2 per ciascun abitante. Subito dopo si piazzano Polesine Zibello (PR) e Besenzone (PC), che hanno perso rispettivamente 25,5 m2/ab e 16,4 m2/ab.  

Ben 13 comuni hanno superato i 10 m2/ab di consumo pro capite nel 2021: erano 8 nel 2020 e 10 nel 2019.  

  

Dati allarmanti e senza precedenti, risultato di un ritmo insostenibile di nuove costruzioni dovuto in parte alle forti pressioni del settore della logistica e dall’altra all’assenza di interventi normativi efficaci per ridurre il consumo di nuovo suolo.  

I dati del rapporto ISPRA confermano anche l’inadeguatezza della legge urbanistica regionale sulla tutela e l’uso del territorio: il corretto recepimento della legge a livello comunale attraverso la stesura e approvazione dei PUG (Piano Urbanistico Generale) imporrebbe la soglia di consumo pari al 3% della superficie consumata al 2017. Rielaborando i dati ISPRA, si trova che tale soglia è già stata ampiamente superata da 21 comuni che hanno prorogato più volte l’approvazione del PUG. “Con questo trend allo scattare del limite del 3% rischieremo paradossalmente di non avere più suolo consumabile” – commenta Legambiente. “Questa è la prova ulteriore di come la legge 24/2017, così come è stata progettata, non ha posto un freno al consumo di suolo”.  

Oltre ai consueti nuovi insediamenti abitativi, preoccupa l’avanzata del settore commerciale, in particolare del comparto della logistica, che in assenza di un quadro normativo più stringente e vincolante rischia di esaurire le scorte di suolo consumabile sottolineate in precedenza.   

A tal proposito, il tanto enfatizzato Accordo territoriale tra Città metropolitana di Bologna e Regione Emilia-Romagna approvato lo scorso mese, pur chiudendo in modo definitivo il capitolo relativo al polo logistico di Altedo (BO), non pone infatti uno stop a nuovi insediamenti logistici ed al consumo di suolo. Rispetto alle proposte complessive di logistica nel territorio della Città Metropolitana pari a circa 460 ettari, si continuano a destinare alla logistica circa 392,5 ettari: in pratica tutto quanto previsto in precedenza tranne il polo di Altedo (BO).  

La pianificazione attuale inoltre non tiene conto della presenza di nodi ferroviari: in questo senso è utile avviare il percorso di reintroduzione della norma prevista nel precedente Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale che, salvo limitati casi specifici, limitava a 10.000 m2 la superficie degli insediamenti logistici sprovvisti di trasporto merci su ferro, vincolando impianti di dimensioni maggiori alla presenza dell’infrastruttura ferroviaria.  

“La priorità immediata nella pianificazione urbanistica e periurbana dev’essere il riuso e la rigenerazione urbana” - continua Legambiente - “azioni al centro della Legge d’Iniziativa Popolare in materia di suolo, parte delle 4 leggi che verranno presentate a breve in Regione”. In tal senso, servono azioni concrete di censimento del patrimonio edilizio non utilizzato o abbandonato e un sistema di incentivi per il recupero di tale patrimonio. 

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