La disperazione di un barbiere: "Il governo ci sta uccidendo"
La storia di Angelo: "L'ultimo discorso del premier mi ha tolto ogni speranza"
“L’ultimo discorso del Presidente del Consiglio ha quasi messo fine alle mie speranze. Ci stanno togliendo il lavoro, ma non ci possono togliere la dignità”. Angelo è un barbiere, da 47 giorni non lavora. Il 10 marzo il suo ultimo taglio, poi giù la serranda del locale con la frustrazione che aumenta a ogni slittamento di riapertura. “A furia di aspettare rischiamo un buco enorme. E lo Stato? Non ci aiuta, i sussidi sono minimi. Non lavoro dal 10 marzo, da quel giorno all’1 giugno la perdita è enorme. Non c’è guadagno ma ci sono comunque le spese perché continuo a pagare l’affitto del locale e le utenze. A questo vanno aggiunte le spese ordinarie della casa, l’affitto, il fatto di dover garantire una vita a moglie e figlio. Il tempo passa e lentamente si stanno prendendo le nostre esistenze”.
La sua condizione può essere paragonata a quella di tanti lavoratori che si sentono traditi dallo stato: “Mi sento uno scemo. Come se ci prendessero in giro. Il termine per la riapertura slitta continuamente, la categoria soffre. I lavoratori come noi hanno bisogno di ripartire. Con tutte le precauzioni del caso. Pur con tutti i limiti il contatto ci sarà sempre: vedo gente in edicola, a fare le file in tabaccheria. Noi rimaniamo chiusi e la gente gira, i contagi aumentano e il rischio che slitti ancora la riapertura c’è. Se aumentano i contagi? Non riapriremo a breve”.
Sembra non esserci una via d’uscita, è come se si vivesse in un labirinto, in un tunnel che scavi da giorni senza vedere lo spiraglio per tirarsi fuori: “Lo Stato ci sta umiliando. Va bene la sicurezza, il fatto che la salute resti comunque la prima cosa. Ma perché non mi hanno bloccato né affitto, né utenze? Io oggi sono fermo, con una famiglia a casa, due affitti sulle spalle, trascorrendo giorno dopo giorno senza poter fare niente per aiutare me stesso. Ci hanno sequestrato a casa a spese nostre. Non abbiamo nessuno aiuto. Quindici giorni fa stavo andando a pagare le utenze e la polizia mi ha fermato a dieci metri da casa. Per andare nel mio negozio a sanificare l’ambiente come ci chiedono, cosa che tra l’altro faccio da sempre, ogni lunedì sfruttando il giorno di chiusura, devo firmare un’autocertificazione con il rischio di essere multato. Devo continuare a cambiare l’indicazione di apertura. Ci hanno tolto la vita”.
Ma nonostante tutte queste difficoltà la voglia di andare avanti c’è ancora. Deve esserci. E in mezzo a questa selva di incertezze, da qui al primo giugno, giorno deputato alla riapertura per i barbieri come Angelo, si cerca di capire come rendere il servizio ancora più sicuro.
“Quando apriremo aggiungeremo per la sicurezza dei clienti dei dispositivi di protezione in più – spiega Angelo -, sapendo che per riparare questo buco grandissimo devo lavorare pure la notte. E c’è da dire che io almeno sono tra coloro a cui lo Stato ha versato il contributo di seicento euro, anche se dopo due mesi che ero fermo”.
E intanto, alle spalle della categoria, dei barbieri che osservano le regole, c’è gente che prova ad approfittare facendo valere la vecchia arte messa da parte nel tempo per la cura delle persone. Le difficoltà della categoria si aggravano anche per l’impossibilità di agire a domicilio. “Non si può. C’è il rischio del ritiro della licenza e una multa salatissima che può arrivare a migliaia di euro. Ci parlano continuamente di manovre, ma sento solo parole e pochi fatti. Vedo un menu ricco di pietanze, ma noi siamo seduti al tavolo e ancora non abbiamo visto neanche un piatto arrivare. Io rispetto le regole ma lo Stato non ci sovvenziona. Come facciamo a pagare se non lavoriamo? La categoria sta andando distrutta, lo Stato ci sta mettendo in ginocchio. A furia di aspettare c’è il serio rischio di annegare in questo mare di dubbi”.