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Attualità San Leonardo / Via Giuseppe Micheli, 16

Lo studio, i giochi, quel senso di normalità: la nuova vita degli otto bambini ucraini accolti al San Leonardo

Frequentano l’Istituto Comprensivo Micheli del quartiere e si stanno ambientando molto bene. Chiara Palù, dirigente scolastico: “C’è chi riesce a costruire le prime frasi, c’è chi è più avanti rispetto ad altri"

Qualcuno ha chiesto scusa per essersi presentato a scuola senza astuccio, né zaino. La guerra ha portato via tutto ai piccoli profughi ucraini, ai quali resta ancora un sogno da realizzare: quello di tornare - un giorno - a casa per ricominciare e riprendere in mano il filo spezzato di una vita che nessuno di loro ha più. Nel frattempo Parma li ha accolti in maniera totale: in città, tramite la rete parentale, assieme alle loro madri, hanno ritrovato un po’ di serenità, scacciando lontano il rumore delle bombe e delle sirene che faceva eco nell’area da Kiev a Mariupol, da Odessa a Kharkiv. Ma il pensiero è rivolto sempre lì, alla devastazione che la guerra ha consegnato loro senza la minima possibilità di scelta. C’è chi ha lasciato in patria tutto, chi aspetta il ritorno di papà e mariti, rimasti a casa per difendere quello che delle case è rimasto. Il pensiero di molti è fisso a loro. 

Gli otto bambini accolti all’Istituto Comprensivo Micheli nel quartiere San Leonardo da giorni stanno respirando un’aria di normalità. Per quanto sia compatibile parlare di normalità, visto il momento storico. Vanno a scuola, giocano con gli altri bimbi e studiano l’italiano. Qualcuno di loro sembra essere anche molto più avanti del previsto, come spiega Chiara Palù, dirigente scolastico dell’istituto Micheli: “C’è chi riesce a costruire le prime frasi, c’è chi è più avanti rispetto ad altri. Sei degli otto sono alla scuola elementare, altri due alle medie. Per i primi è più semplice approcciare alla nuova lingua e alle nuove discipline, anche se quello che vogliamo da loro è un sorriso. Preferiamo donare loro un pizzico di serenità, dandogli la possibilità di integrarsi con i compagni di classe". 

Un paio di settimane fa sono arrivati uno o due ragazzini, adesso ne abbiamo otto in tutto e devo dire che sta andando tutto molto ben. Attraverso il servizio di mediazione linguistica culturale del Comune, attivo da tempo, con l’aiuto di mediatori offerti alle scuole per l’accoglienza di ragazzi stranieri, il gruppo si sta inserendo bene. Spingiamo molto nell’attività sia sportiva - per l’universale capacità integrante riconosciuta nello sport - che linguistica. In più il Ministero ci ha fornito delle risorse per favorire l’accoglienza: sono 200 euro destinati a ogni alunno ucraino per attività di prima accoglienza. Di questo finanziamo, una parte la utilizziamo per la didattica linguistica, la prima alfabetizzazione.

Nel pomeriggio, ad esempio, i ragazzi si fermano per eseguire il potenziamento della lingua italiana. Certo, in questo momento non è una priorità, è gente che purtroppo viene da situazioni famigliari molto articolate, sono qua con la mamma e hanno raccontato di essere ospiti di famiglie e conoscenti, sono arrivati tramite signore che abitano in Italia da anni e che lavorano come badanti o presso famiglie che li hanno temporaneamente ospitate. I loro padri sono rimasti a combattere in Ucraina, le mamme sono molto preoccupate: non hanno nulla. Il comune ci ha fornito qualche materiale, devo dire che per ora c’è un grande clima di collaborazione da parte delle istituzioni. Se i numeri sono questi riusciamo a gestirli, ma se aumenteranno dovremo trovare altre strade. 

I ragazzi adesso seguono le attività didattiche degli altri bambini, li abbiamo avviati in attività pomeridiane di sport - spiega Chiara Palù -,  inseriti in dei programmi didattici che prevedono anche di doversi fermare nel pomeriggio per fare sport e socializzare con i compagni. Per favorire l’accoglienza abbiamo preparato un piccolo festeggiamento quando sono arrivati. Ascoltare li tiene impegnati e gli apre la mente. Un po’ grazie al traduttore, un po’ grazie ai ragazzi e ai mediatori culturali, gli facciamo sentire grande vicinanza e inclusione. Ripeto: non pretendiamo da loro chissà quale risultato, vorremmo che trovassero il più possibile l’interazione con i compagni abbattendo anche la barriera linguistica”. 

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