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Da Parma l'allarme di Adsi: "Mancano i restauratori, la nostra identità si sta perdendo"

Chiudono le imprese e mancano i percorsi di formazione per le professioni legate alla salvaguardia degli immobili storici, ancor più manca una politica che attragga verso questa professioni sempre più dimenticate

 Si è chiuso giovedì 1 dicembre, a Palazzo Marchi, a Parma, il II° ciclo nazionale di incontri, organizzato dall'ADSI Associazione Dimore Storiche Italiane, dedicato al Valore del Bene Culturale. 10 convegni in due anni, di fatto un tavolo permanente di confronto tra le principali filiere legate alla conservazione e valorizzazione di questo patrimonio che rende unica la nostra nazione.

Ad aprire i lavori il vicesindaco di Parma, assessore alla Cultura Lorenzo Lavagetto, l'assessore alla Cultura della Regione Emilia Romagna Mauro Felicori; a seguire il saluto è stato quello di Maria Luisa Laddago Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza. 

Al centro del dibattito un assunto molto semplice: un edificio storico per riuscire a sopravvivere deve essere utilizzato. “Siamo – ha sottolineato Beatrice Fontaine, presidente Adsi Emilia Romagna - davanti ad una crisi silenziosa: quella che riguarda un segmento vitale per il patrimonio storico-artistico italiano, quello del restauro. Tra il 2014 ed il 2019 ha chiuso il 34% delle aziende afferenti al settore restauro di Confartigianato. Tra il 2017 ed il 2021 gli investimenti dei proprietari privati per la tutela e manutenzione di ville e palazzi si sono ridotti circa della stessa percentuale (36%). Ora è chiaro che senza chi è in grado di continuare a svolgere questi antichi mestieri la sopravvivenza delle dimore storiche è in discussione. Sappiamo invece che questi edifici sono una chiave di ripartenza dei nostri territori sia sul piano turistico ma anche sul piano culturale e d'impresa”.

Giacomo di Thiene, presidente nazionale di Adsi ha ricordato infatti che le dimore storiche: “sono il più grande museo diffuso d'Italia e volàno di turismo, artigianato, agroalimentare dei territori”. Resta il fatto che uno dei numerosi problemi che il settore deve affrontare è quello della mancanza di figure professionali, sempre più difficili da reperire: “da anni - ha spiegato di Thiene -  si trovano sempre meno restauratori, manca una politica a medio-lungo termine che rende attrattiva queste professioni, manca una politica che stimoli la manutenzione programmata degli edifici che ne garantirebbe una migliore conservazione a costi ridotti, prevenire è meglio che curare diceva qualcuno e restauro equivale ad un intervento chirurgico che andrebbe evitato con un accordo politico di prevenzione”. Il settore del restauro nonostante i sempre minori investimenti vale ancora l’1,2% dell’occupazione italiana: “dobbiamo finanziare il patrimonio artistico italiano - specifica di Thiene - che dobbiamo vedere non solo come un museo diffuso ma anche come un'industria diffusa che alimenta una filiera importantissima tanto quanto quella dell’auto o degli elettrodomestici. La differenza con gli altri settori è sostanziale: le dimore storiche non delocalizzano, creano valore sul territorio, c'è più di uno stabilimento culturale in ogni provincia, ci distinguono dal resto del mondo. Le Soprintendenze devono essere al centro per la ripartenza del settore, da protagoniste assieme a tutte le realtà che hanno sostenuto questo ciclo. ”.

Paolo Gasparoli, vice presidente nazionale di Confrestauri di Confartigianato e Professore associato di Tecnologia dell’architettura al Politecnico di Milano ricorda che “il nostro straordinario patrimonio culturale è in difficoltà a causa della sua enorme estensione e della carenza di risorse. Decenni di mancate manutenzioni e di interventi diretti a favorire puntuali e più costosi restauri, per poi dimenticarsi a volte degli edifici da poco restaurati, hanno comportato ingenti spese ma con limitati risultati in termini di reale tutela dell’intero patrimonio. È necessario cambiare strategia - anche in considerazione della attuale scarsità di risorse - per favorire interventi di “cura” e manutenzione costante, puntando tutto sulla prevenzione”.

“Le strategie e le procedure connesse con la manutenzione programmata – prosegue - consentono di risparmiare ingenti risorse, prevenendo il degrado con attività semplici e ripetute nel tempo. Da esperienze sviluppate sul campo si è dimostrato che tali attività possono avere un costo annuo molto contenuto rispetto al costo dell’intero restauro. Garantendo più elevati livelli di conservazione e fruibilità”.

Il vicepresidente di Ance Romagna, Massimiliano Casavecchia ha ricordato che “la necessità di strutturare processi di gestione della manutenzione programmata di un bene monumentale si scontra innanzitutto con un problema culturale e poi con l’esiguità di risorse disponibili, in relazione alla vastità del patrimonio, e con la specificità dei beni che spesso richiedono azioni che non sono confinabili nella sola cura periodica”. Ne emerge quindi che il percorso è ancora lungo per quanto riguarda il mondo degli immobili storici vincolati.

Tra le esperienze più interessanti di manutenzione e restauro di beni vincolati sono state citate quella della Reggia di Colorno, illustrata da Andrea Ruffini, Geologo, Dirigente del Servizio Pianificazione Territoriale della Provincia di Parma; quella di Villa Meli Lupi di Soragna di Tortiano, descritta da Margherita d’Ayala Valva Corniani, proprietaria; ed infine il Castello di Rivalta. Qui Orazio Zanardi Landi proprietario ha sottolineato la “necessità di rafforzare i rapporti con le Soprintendenze; forse in passato questo problema era meno sentito. Ma oggi serve più dialogo. Anche perché quando parliamo di beni vincolati ciascuno fa storia a sé: ogni dimora ha una sua vocazione. Il caso di Rivalta è particolare perché siamo davanti a un borgo dotato di varie specificità. Una storia positiva sulla quale però lavoriamo da generazioni”.
A chiudere l'incontro il Soprintendente per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, Vincenzo Tinè, che assieme ad Adsi Veneto ha tenuto le fila di questo ciclo di convegni.

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