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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Schiavo delle slot machine 'salvato' dalla Caritas: "Spendevo anche 1.000 euro al giorno, ho perso tutto"

La storia di Giuseppe (nome di fantasia): "Era il suono, quelle luci. Me le ricordo ancora. Quando dormivo in macchina ho pensato più di una volta di farla finita. Ma non ho avuto il coraggio"

"Cosa mi rimane di questa storia? Il pensiero fisso che possano fare tutti quello che ho fatto io, anche i bambini”. Una storia brutta, finita però bene. Una storia che si è trasformata in favola, per dirla tutta. Perché a un certo punto la vita di Giuseppe (nome di fantasia) aveva preso una brutta piega. Una specie di discesa dalla quale la sua auto scendeva velocissimamente verso il burrone. Un freno ha posto fine alla corsa. Il freno della Caritas: Giuseppe è stato un giocatore accanito, un frequentatore di sale di slot machine, video poker. “Era il suono – dice a ParmaToday.it – quelle luci. Me le ricordo ancora”. 

Come ha iniziato? 

“Entrando in un bar. Quando scegli di comprare sigarette e caffè e decidi di investire il resto nel video poker. La prima volta ho vinto 150 euro ed è lì che ho cominciato a perderne tantissimi altri. Quando vai in cerca di soldi facili non fai mai la cosa giusta”. 

Che periodo della sua vita è stato? 

“Vivevo nella menzogna, sono andato in giro dappertutto a chiedere soldi: ad amici, familiari. Ho cominciato nel 2006 a giocare, nel 2008 sono andato all’estero anche per allontanarmi da questo problema. Nel 2011 ho avuto una ricaduta, traumatica perche da quì ho perso la mia famiglia, in particolare mia moglie a causa del gioco.  I figli - che non mi hanno mai abbandonato- mi hanno aiutato nel recupero. Le cose sono andate peggiorando però, nel 2015 ho perso il lavoro, facevo il geometra e mi occupavo di cantieri edili. Guadagnavo bene. La mia fortuna è che mi sono indebitato senza ricorrere all’usura o quant’altro. Il mio debito ammontava a 10-12 mila euro. Ho distrutto un bel po’ di stipendio. In un giorno sono arrivato a spendere 5-600 euro, quello che avevo in tasca lo spendevo tutto. Quando finivano cominciavi a non sapere dove andare. Era una fase di astinenza, molto dura, quasi impossibile da vivere. Si innesca un meccanismo chimico nel cervello che va alla ricerca di quella emozione che ti dava il gioco”. 

Come si è avvicinato alla Caritas?

“Nel 2015 ho perso lavoro e casa. Nel settembre del 2015 sono andato a dormire in macchina. Per un mese e mezzo. Da settembre fino a novembre. Vivevo malissimo. Mi svegliavo all’alba, dormivo nel parcheggio di un ipermercato a Parma, qualche amico mi dava l’opportunità di farmi una doccia. Non era vita. Tramite il Sert sono stato indirizzato in un dormitorio della Caritas. Sono venuto qui il 22 di novembre, per un gruppo di ascolto. Il 23 sono entrato nel dormitorio di Borgo XX marzo. Da lì è cominciato il mio percorso di recupero. Posso dire di avercela fatta grazie anche ai miei figli che non mi hanno mai abbandonato. Mia madre e mia sorella che abitano in Sicilia hanno continuato a starmi vicino. E continuano ancora”. 

Quali emozioni ha vissuto in quel momento?

 “Avevo perso la voglia di parlare con le persone. Ero completamente un altro. Con grande impegno e sacrificio sono adesso a buon punto del percorso, sono seguito da una psicologa e da uno psicoterapeuta. Con incontri diradati nel tempo, chiaramente. Li facciamo per cercare di capire a che punto siamo. Il problema è il contante, un elemento molto pericoloso. Adesso ho un amministratore di sostegno. Che amministra appunto i miei proventi”. 

Oggi cosa fa?

“Lavoro e vivo in Caritas ed è qualcosa che mi dà soddisfazione. Mi occupo di mettere da parte le derrate alimentari che arrivano in Caritas. Tutte le aziende che lavorano con noi sono sotto il mio controllo per evitare spreco alimentare”.

E’ soddisfatto?

“La mia soddisfazione è essere utile a qualcun altro. La mia stanchezza svanisce alla fine del giorno perché sono utile per gli altri. se io dovessi finire il periodo lavorativo in Caritas sarebbe una grande vittoria. I miei figli sono la mia forza. Dopo un periodo burrascoso con la mia ex moglie siamo andati a finire civilmente il rapporto, per noi e per i figli. Io ho 50 anni, mi sento ancora di poter dare tanto”.

Ha voglia di giocare ancora?

“Quando vedo le slot ammetto di trovarle accattivanti, il suono mi attira ma cerco di fermarmi un attimo e penso a quello che ho passato. Molta gente ancora è presa ed è succube di questa situazione. Ma purtroppo dietro alle macchinette ci guadagna tantissimo. La cosa mi fa male”.

Cosa le resta di questa brutta storia?

“Quello che mi rimane è questo: un giorno avevo mille euro per pagare un fornitore. Quei soldi non gli sono mai arrivati. Li ho spesi per giocare: mi rimarrà a vita. Quando dormivo in macchina ho pensato più di una volta di farla finita. Ma non ho avuto il coraggio. Ne parlo adesso anche in qualche scuola. Tutto deve  partire da un’educazione sul corretto utilizzo di certi meccanismi. Provare a governare la macchina – aggiungo - non è semplice. È un caso. L’adrenalina era questa: misurarmi con una macchina. Il suono delle slot era quello che più mi prendeva. Mi massacrava. Mi isolavo dal mondo esterno. Ho perso tutto a causa del gioco, ma ho ripreso la mia vita grazie alla Caritas”.

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