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Parma torna in piazza per lo sciopero generale, Lisa Gattini: "Il reddito di cittadinanza? No, il vero dramma è chi lavora per due euro all'ora"

Il 16 dicembre otto ore di astensione dal lavoro. Intervista alla segretaria generale della Cgil di Parma: "Sui temi del welfare e del lavoro c'è stato un evidente cambio di passo: non veniamo più a sapere i provvedimenti presi dal Comune dai giornali"

"Esiste un'emergenza salariale a cui dare risposte: quelle che sta dando questo governo partono da un orientamento opposto al nostro, è stato bocciato il salario minimo. Noi crediamo che sia importante perchè garantisce un minimo di paga dignitosa a chi lavora". Lisa Gattini, segretaria generale della Cgil di Parma, spiega le ragioni dell'astensione dal lavoro di otto ore che porterà al presidio  di venerdì in piazza Garibaldi a Parma. dalle 8.30 alle 11. 

Il 16 dicembre infatti sarà sciopero generale in tutti i settori, pubblici e privati. Cgil e Uil scendono in piazza e per la prima volta dopo anni tornano a farlo in città. I sindacati confederali, in modo non unitario visto che la Cisl ha scelto la strada del dialogo con il governo Meloni, saranno in piazza con le lavoratrici e i lavoratori delle fabbriche parmigiane, oltre che con quelli di settori come scuola, sanità e trasporto pubblico. 

"Il reddito di cittadinanza - prosegue Lisa Gattini - è la soluzione che ha permesso a tante persone di sopravvivere, soprattutto nei due anni di pandemia. Toglierlo pensando di spronare le persone ad alzarsi dal divano per cercare lavoro, come qualcuno ha detto, è semplicemente ridicolo"

La segretaria generale della Cgil di Parma, poi, da un giudizio sui primissimi passi della nuova Amministrazione comunale. "Sui temi del welfare e del lavoro c'è stato un evidente cambio di passo: non veniamo più a sapere i provvedimenti presi dal Comune dai giornali"

Quali sono i contenuti dello sciopero di venerdì 16 dicembre e perché scenderete in piazza contro la manovra del governo?

"Avremmo voluto uno sciopero unitario, quindi anche con la Cisl, che ha invece deciso di non indire l'astensione dal lavoro, perchè evidentemente ha trovato delle positività dopo l'incontro unitario con il governo. Cgil e Uil hanno invece ritenuto non sufficenti le premesse di questa manovra. Prima dell'insediamento del governo avevamo già dato delle indicazioni sulle nostre rivendicazioni: mi riferisco alla manifestazione del 14 settembre sui temi del lavoro. In Emilia-Romagna, insieme a Cisl e Uil, ci sono stati altri due momenti di mobilitazione, il 16 novembre e il 28 novembre. Non c'è stata la volontà, da parte del governo, di ascoltare Cgil e Uil: a tutte le nostre richieste è stato dato un diniego.

Chiediamo un intervento su una delle principali emergenze del Paese: il rapporto Idos parla di 5 milioni e 600 mila poveri assoluti in Italia, con una concentrazione al Sud ma anche il Nord non è esente da questa condizione. A questi numeri si devono aggiungere quelli relativi alle persone che sono in condizione di povertà relativa. Esiste un'emergenza salariale a cui dare risposte: quelle che sta dando questo governo partono da un orientamento opposto al nostro: per esempio è stato bocciato il salario minimo. Noi crediamo che sia importante se non altro perchè garantisce un minimo di paga dignitosa a chi lavoro, cosa che oggi non avviene. Il governo vorrebbe sostituire il salario minimo con i contratti di prossimità, ovvero quelli che derivano dal famoso articolo 8 (da sempre contestato dalla Cgil) che fa si che il contratto nazionale possa essere derogato dalle parti. Ci si scaglia contro il reddito di cittadinanza: è ovviamente giusto fare tutti i controlli del caso e i furbi ci sono, come ci sono anche nell'evasione fiscale pura ma non mi sembra che il governo stia facendo le barricate sugli evasori.

Il reddito di cittadinanza è la soluzione che ha permesso a tante persone di sopravvivere, soprattutto nei due anni di pandemia. Toglierlo pensando di spronare le persone ad alzarsi dal divano per cercare lavoro, come qualcuno ha detto, è semplicemente ridicolo. Non ovunque nel nostro territorio ci sono occasioni di lavoro. Chi abita in montagna non ha possibilità di raggiungere qualsiasi polo produttivo e manca anche l'infrastruttura. Tra l'altro il reddito di cittadinanza non è ancora la fonte principale di approvigionamento: piuttosto preoccupiamoci del fatto che ci sono persone che lavorano a due euro all'ora. Questo è il vero dramma per un'intera collettiva. Questo governo ha mostrato di non avere una minima idea di politica industriale. Se il Paese è fragile dal punto di vista economico è difficile riuscire a sviluppare un'occupazione all'altezza con le aspettative del mercato.

Sui voucher il nostro giudizio è estremamente negativo: li consideriamo un obrorio contrattuale. Sono già regolamentati in agricoltura, non era il caso di esterderli in quei settori in cui è già alta l'evasione contributiva e retributiva, per esempio nel turismo e nel badandato. Temo che si ripiomberà in una situazione di assoluta non tutela, sia della lavoratrice badante che dell'assistito. Tornare in piazza a Parma è una scelta di indirizzo. Vogliamo portare i nostri contenuti nel territorio: abbiamo scelto piazza Garibaldi, la principale della città, per dire al governo di iniziare a cambiare segno". 

Quali sono le problematiche principali di Parma in questa situazione di costante incertezza economica?

"Anche a Parma la maggior parte dei contratti sono a tempo determinato. Ci sono lavoratori che, finita la serie dei contratti a tempo determinato, magari passano ad un'agenzia interinale: tutto questo alla fine provoca quell'instabilità sul territorio che determina una fragilità dal punto di vista occupazionale. A Parma ci sono i problemi che ci sono ovunque: ce ne accorgiamo anche solo leggendo il report della Caritas sulla povertà. Ci sono molti lavoratori in somministrazione e molto probabilmente forme di lavoro non controllato e non disciplinato dai contratti nazionali. Parma ha la sua fetta di precarietà.

C'è un altro tema di interesse a livello locale: non siamo assolutamente d'accordo su qualsiasi forma di condono fiscale, diretto o indiretto. La fiscalità è solidarietà: se vogliamo costruire un sistema di welfare di comunità serve anche sostenerlo finanziariamente, attraverso una giusta fiscalità. l condoni non aiutano il welfare Se non li rifiutiamo a prescindere non possiamo aspirare ad avere quella 'comunità solidale' che cerchiamo di costruire. Richiediamo da anni una riforma pensionistica: la proposta è di 41 anni di contributi o di 62 anni di età. Oggi con la riforma Fornerà l'età è 67 anni. In questo modo ci troviamo ad avere una generazione, che parte dalla fine degli  anni Novanta - tutta contributiva - con una propensione alla precarietà altissima, versamenti inadeguati e con dei grossi vuoti. Questo è un dramma enorme per persone che oggi hanno 40 anni. La 'garanzia giovani' che promuoviamo si pone l'obiettivo di riempire questo vuoto. Chi va in pensione oggi viene visto da un persona di 40 anni come un privilegiato: questo problema riguarda anche Parma". 

Come giudica i primissimi passi della giunta Guerra per quanto riguarda welfare e lavoro?

"Il convegno per il Patto Sociale è stato molto interessante: i panel sul settore sociosanitario erano molto ben fatti e si ponevano lo scopo di far comprendere anche ai non addetti ai lavori cosa significa costruire questo tipo di collaborazione. L'idea di cercare insieme cos'è utile per il territorio a noi piace molto. Pensiamo che sia un progetto sensato per i tempi che stiamo vivendo. 

La giunta Guerra ha un approccio completamente diverso rispetto ai corpi intermedi: c'è un interlocuzione di merito, sempre con i canali corretti. Non c'è più, come in passato, un non interesse, che è stato costante degli ultimi anni. Vediamo una discontinuità su welfare, lavoro ed emergenza abitativa. Il fatto di partecipare a questo patto di comunità per noi è importante: testimonia un cambio di passo. Cosa diversa è conoscere le azioni fatte dal Comune leggendo i giornali, come avveniva in passato". 

Come stanno procedendo i lavori congressuali?

"Il congresso ci consente ogni quattro anni di verificare quello che abbiamo fatto, senza tanti sconti, e capire cos'è utile fare per una programmazione dei prossimi cinque anni. Per fare questo facciamo assemblee per spiegarlo ai lavoratori: ci sono due documenti diversi, che si differenziano su alcuni temi. Abbiamo terminato le assemblee. Abbiamo osservato che l'autoreclusione delle lavoratrici e dei lavoratori nei due anni di pandemia ha come limitato molto la voglia di partecipazione a questi tipi di processo. Siamo stati disabituati alla presenza fisica: credo che su questo bisognerà lavorare. Credo poco ai grandi eventi online e non ha nè lo scambio nè la percezione dell'attenzione dei lavoratori". 

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