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Emergenza abitativa: l'Alto Commissariato per i diritti umani dell'Onu dispone la sospensione di uno sfratto a Parma

Maria, 60 anni, vive in borgo delle Colonne insieme alla nipote di 11 anni. Aveva presentato una petizione tramite la "Rete Diritti in Casa": emessa una direttiva trasmessa all'Italia e al Tribunale

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha disposto, tramite una direttiva trasmessa all'Italia il 9 maggio del 2022, la sospensione di uno sfratto a Parma. L'Ente, infatti ha accolto la petizione di Maria, una cittadina italiana residente in borgo delle Colonne a Parma, sottoposta a provvedimento di sfratto esecutivo. La donna, che ha circa sessant'anni, vive con la nipote di 11 anni. 

La petizione era stata presentata il 20 aprile del 2022 dalla cittadina insieme alla Rete Diritti in Casa, tramite l'avvocato Andrea Molé del foro di Parma. Dopo avere attentamente esaminato il caso l’Alto Commissariato ha emanato una direttiva trasmessa all'Italia e alla donna, cittadina italiana, con la quale si richiede la sospensione della procedura di sfratto in attesa della definizione di una soluzione abitativa adeguata per il nucleo famigliare. La questione è ora passata al Tribunale di Parma, che dovrebbe recepire la direttiva. 

L'Italia infatti ha aderito al Patto Internazionale sui Diritti Economici Sociali e Culturali dell’Onu che all’art. 11 prevede il "rispetto del diritto di ognuno a uno standard di vita adeguato per sé e per la propria famiglia". A tutela della incolumità e del rispetto delle persone i cui diritti non vengono riconosciuti, vengono momentaneamente sospesi i provvedimenti, come lo sfratto, che possono portare gravi e irreparabili disagi alle persone coinvolte.

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani riconosce infatti, come nel caso della donna di Parma, che lo sfratto senza soluzioni alternative adeguate è da considerarsi "un atto violento e non rispettoso dei diritti umani di base".

"Se portiamo queste valutazioni alle conclusioni logiche che ne derivano - si legge in una nota della Rete Diritti in Casa, che ha presentato il ricorso - a dover essere messo in discussione è il sistema delle politiche alloggiative nel suo complesso, un sistema che, come andiamo denunciando da decenni, esclude i più deboli, i più bisognosi e i più fragili, essendo diventato un redditizio terreno di pascolo per la rendita privata, per le imprese immobiliari, per la speculazione finanziaria, un sistema in sé escludente in cui l’intervento pubblico si è eclissato per lasciare tutto lo spazio possibile alla crudele legge del mercato". 

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