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Animal voice

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A cura di Giada Bertini

Bugie, tendenza all'ordine del giorno

La bugia vive in tante forme e, se analizzata da altri punti di vista, non sempre risulta negativa, ma utile o addirittura vantaggiosa

Per le vie del centro parmense, come in ogni città, si può osservare l’utopica magrezza dei manichini disposti nelle vetrine dei negozi di abbigliamento. Questi figurini sono, in qualche modo, portatori di una menzogna, di una forzatura della realtà che non è così per tutti: ovvero, non tutte portano la taglia 38, e non tutti hanno fisici statuari. Al contrario, dovrebbero invogliare allo shopping proprio perché in grado di rispecchiare la nostra figura con indosso quegli abiti.  Anche la tv propone quotidianamente ipocrisie, quando nelle pubblicità ci propina di continuo famiglie felici, volti impeccabili e situazioni invidiabili: nella vita reale ci sono, invece, vari problemi.  Così, la bugia vive in tante forme. Che si tratti di frottole o menzogne, sempre di affermazioni intenzionalmente diverse dal vero parliamo. Raccontare bugie è una “moda”, un’abitudine con radici lontane, da sempre insite negli atteggiamenti di uomo e animali. Un consiglio: diffidate da chi afferma di dire “sempre la verità”, è la fandonia per eccellenza, e chi lo dice probabilmente mente spudoratamente. Ma le bugie hanno sempre, per forza, accezione negativa o, se esaminate da altri punti di vista, risultano utili o, addirittura, vantaggiose? Sono, innanzitutto, alla base di ogni gruppo sociale perché permettono di “sopravvivere” in situazioni difficili o imbarazzanti. Non solo gli uomini, ma anche gli animali ne fanno uso: secondo Luigi Anolli, docente di Psicologia della Comunicazione all’Università Cattolica di Milano, “i membri gregari (non dominanti), nei branchi di scimmie, nascondono le banane al capobranco per poterle mangiare in pace”.  In questo caso, la frode implica un’azione, infatti, non si mente solo con le parole, ma con gesti e condizioni studiate. In altre parole, la bugia non è mai fine a se stessa, è un comportamento strategico, (gli adolescenti mentono volutamente ai genitori su ciò che fanno la sera per evitare possibile disapprovazione). Inoltre, essere bugiardi con alcune persone facilità l’onesta con altre e, a questo punto, il nodo è non tanto l’alternativa fra frottola o verità, ma la scelta dei soggetti da ingannare e quelli con cui essere sinceri. Altrettanto diffuse le omissioni, che si tacciono per pudore: basti pensare alla “cultura” mafiosa, se così si può definire, in cui l’omertà è legittima, socialmente approvata e incoraggiata. Comunque, chi racconta “panzane” nasconde un piano strategico per il proprio fine, una tattica che, nelle attese di chi la adotta, permette di ottenere qualcosa, buone relazioni, ricavare vantaggi, schivare responsabilità, sottrarsi a critiche o controlli. Ecco alcune “tipologie” di bugie: c’è quella “bianca”, sociale, che si dice per educazione o per non ferire l’altrui sensibilità, (“Questo vestito ti sta benissimo…”), quella pedagogica da raccontare ai bambini per gratificarli (“Mamma, ti piace il mio disegno?” “Certo, è bellissimo”), la bugia utilitaristica, usata spesso sul lavoro per evitare un incarico noioso (“Direttore, me ne occuperei volentieri ma devo aiutare mia nonna dimessa dall’ospedale”), quella di autopresentazione come piccola forzatura per risultare più attraenti (“L’Everest l’ho scalato senza ossigeno”), la bugia protettiva, classico a cui si ricorre per non fare scoprire un tradimento (“Ieri non ho risposto perché ho dormito da un’amica”). Infine, la “nobile” bugia a fin di bene a scopo di risparmiare dispiacere a qualcun altro (“Guarda che il tuo ex mi ha detto che ti ama ancora..”). Ad ogni modo, le famigerate bugie non hanno buona reputazione, e chi le racconta si sente spesso in disaccordo con la propria coscienza; altri ci convivono benissimo, convinti da una visione un po’ onnipotente di se stessi e dalle scarse capacità degli altri di saper affrontare la realtà. Sicuramente scegliendo la verità  si faranno meno gaffe, poiché per raccontare bugie serve un’ottima memoria.

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