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L'università di Federica

L'università di Federica

A cura di Federica Perrini

Studentessa di Scienze della Comunicazione scritta e ipertestuale. Vivo a Parma da tre anni, quindi fuori sede, originaria della provincia di Bari. Ho lasciato il mio paesino fatto di trulli e ulivi dall'età di diciotto anni: valigia alla mano colma di tante aspettative per intraprendere l'avventura universitaria in una città tutta nuova per me, ma che ormai mi vede crescere semestre dopo semestre e che sento sempre più mia. Quella sensazione nota ai fuori sede, di sentirsi un po' a metà fra due realtà, ormai mi appartiene: mi manca il mio paese quando son qui e quando sono nel mio paese mi manca Parma, con tutto quello che di bello mi regala anno dopo anno. Indipendenza, responsabilità, libertà… e poi ci sono gli amici, i compagni di studentato e di facoltà! Insomma, la mia valigia ha fatto spazio a tante esperienze e consapevolezze nuove.

Università

Intervista ad Annachiara Cagnazzo: "Il mio Erasmus Placement"

Una studentessa di Giornalismo ci racconta la sua esperienza da tirocinante in Olanda

«Se non si fa un’esperienza del genere non si può comprendere fino in fondo cosa questa significhi. Vivere all’estero è come essere scaraventati in un altro mondo, al di là del Paese in cui ci si trasferisce. E quando a tutto ciò si unisce anche il lavorare non solo in ambienti professionali (e lontano dai libri!) ma anche con caratteristiche e  abitudini diverse dalle nostre, ci si rende conto di quanto la realtà in cui abbiamo vissuto prima della partenza sia minuscola rispetto a tutto quello che ci aspetta al di fuori. Basta armarsi di coraggio (come nel mio caso!) e decidere di partire. Tutto il resto verrà da sé». Esordisce con queste parole cariche di entusiasmo, Annachiara Cagnazzo (studentessa del secondo anno di magistrale in Giornalismo e Cultura Editoriale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Parma), per raccontarci della sua avventura olandese, nell'ambito del progetto Erasmus Placement, iniziata quasi due mesi fa e tutt'ora in corso.

Cosa ti ha spinto a fare un tirocinio all'estero? «È già dalla triennale che covavo il desiderio di partecipare a un progetto Erasmus. Sono stata animata soprattutto dalla voglia di mettermi alla prova, considerando che lotto ancora con l’Inglese, quindi la prova sarebbe stata doppia: non solo “sopravvivere” in un Paese estero di cui conoscevo ben poco, ma specialmente farlo in una lingua che non padroneggio come vorrei».

In cosa consiste il tuo tirocinio? «Collaboro con l’associazione culturale “COI Acli Utrecht”, nello specifico con il settore web-radio. Lavoro dunque in un’emittente radiofonica italiana, RadioPizza Olanda, formatasi con l’obiettivo di dar voce agli italiani nel mondo. Nata dall’idea di un gruppo di italiani proprio qui in Olanda, ha poi ramificato la sua presenza in Europa, fondando RadioPizza Spagna, RP Danimarca, RP Svizzera e RP UK. In Radio mi occupo dell’organizzazione del palinsesto, conduzione interviste, speakeraggio, ma anche attività di Social Media Marketing, organizzazione eventi, PR… Insomma, tantissime attività interessanti! Il team di RadioPizza è splendido. Nonostante sia una Radio amatoriale, non sono mai stata relegata a svolgere attività "poco formative", per esempio non ho mai fatto fotocopie (come purtroppo a volte accade durante i tirocini universitari), anzi, sin dall’inizio il team mi ha fatto sempre sentir parte del gruppo al pari degli altri. A volte mi sorprendo proprio di quanto qui in radio si fidino di me assegnandomi dei compiti anche delicati e di una certa rilevanza».

E l'impatto con l'Olanda? «Inutile dilungarmi sul cielo grigio, le temperature basse e l’assenza del bidet, quindi disquisirò dell’amore degli olandesi per le zuppe delle loro caratteristiche abitudini, come quella di non asciugare i capelli dopo la doccia. Avete capito bene: il phon è un optional! Come un optional è anche il risciacquo dei piatti dopo averli insaponati. A parte questi dettagli, la pragmaticità del popolo olandese è evidente in ogni cosa che fanno. Non vi è olandese che non possegga un’agenda per pianificare ogni attività! Volete proporre al vostro amico olandese di fare un giro e prendere una birra? Bene, forse sarà libero tra qualche settimana. Una cosa che però forse mi ha sconvolto più di tutte è vedere (e soprattutto ascoltare con le mie orecchie!) che l’olandese medio parla almeno 3 o 4 lingue. Inutile specificare che qui l’inglese lo parlano davvero tutti, dai bambini all’autista dell’autobus fino al commerciante al mercato. Questo sì che è stato un vero colpo basso per la mia autostima! Ho conosciuto poi tantissimi italiani: ricercatori scientifici, fisici, medici, musicisti, scienziati. Quasi fossero stati selezionati di proposito per rappresentare il meglio delle professionalità italiane!».

Consiglieresti questa esperienza ad altri studenti? «Prima di partire avevo letto testimonianze di ragazzi già stati in Erasmus, secondo i quali esperienze del genere ti cambiano la vita. Beh, leggendo tali parole confesso di aver pensato che fossero esagerate. Ora che mi ritrovo esattamente a metà del mio Erasmus Placement mi ritrovo a ricredermi e, anzi, a farmi portavoce di quel messaggio: un'esperienza del genere ti cambia davvero la vita! Cambia le tue priorità, le aspettative, il point of view (qualcosa di inglese la sto imparando!) con cui osservi e valuti le cose e le persone. Cambi tu. Spesso ho sentito dire ad alcuni miei compagni che fare l’Erasmus ti fa perdere tempo perché ci sono tanti esami da fare, lezioni da seguire, che poi ci si arretra con lo studio. Sicuramente è vero, e stando qui lo posso confermare che il mio studio ha subito un “piccolo” arresto, ma nessun esame è lontanamente paragonabile all’esperienza di lavoro e di vita che sto facendo qui in Olanda. Quindi io la consiglio sicuramente».

A tal proposito, Annachiara conclude con una riflessione che è difficile non condividere pienamente: «È vero che il mestiere vero lo si impara sul campo, ma scopo del tirocinio dovrebbe essere quello di applicare ciò che si è studiato durante la carriera universitaria. Io ora sono alla fine di un corso di laurea magistrale e in questi cinque anni di studio posso dire che sono davvero pochissime le nozioni che mi sono realmente servite per svolgere i miei stages (non solo quello in questione) e le collaborazioni giornalistiche che ho effettuato. Capisco i tagli finanziari all’università italiana, comprendo la tragica situazione che tutti conosciamo perché la viviamo sulla nostra pelle, però almeno in un corso specialistico (di Giornalismo, nel mio caso) non ci si può più permettere di insegnare delle materie che spesso hanno scarsa utilità ai fini pratici. Non voglio scadere nel condannare il nostro sistema, perché non è sempre vero che in Italia nulla funziona e che è tutto da rifare, però penso ci si dovrebbe davvero domandare, con spirito costruttivo, quali siano le strade migliori da perseguire per fare di uno studente universitario non solo un contenitore di nozioni ma un vero professionista». Una riflessione che invita a riflettere.

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