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Cronaca

A Parma diminuiscono i morti sul lavoro ma aumentano gli incidenti: quasi 1.000 in più in un anno

Nel 2022 sono 8005. Barbieri (Cgil): "Un dato che pesa sulla sanità, sulla socialità, sulle famiglie stesse, su tutto. E' un problema che continuiamo ad avere nonostante ci sia l’impegno un po’ di tutti. Va applicata la norma in modo giusto"

L'ennesimo incidente sul lavoro a Parma ha fatto tornare alla ribalta il tema della sicurezza. Mohamed Choukry è stato investito e ucciso da un'auto, guidata da un conducente ubriaco, la mattina di sabato 7 gennaio, mentre stava esercitando la sua professione di netturbino. "Episodi come questi sono in continua crescita - spiega Daniele Barbieri Rlst (Rappresentanti dei lavoratori per sicurezza sul territorio) della Cgil di Parma -. Il trend a livello nazionale continua a salire lentamente e Parma segue quella linea. Anche se nell'ultimo anno i decessi sul lavoro sono diminuiti. Quest'anno sono cinque, in confronto ai quindici dell'anno precedente (2021). Ma sono aumentati gli infortuni sul lavoro: da gennaio a novembre, nel 2021 a Parma si sono registrati 7.325 infortuni, mentre nel 2022, nello stesso periodo di tempo, il dato è salito a 8005. 680 in più". Numeri che destano la preoccupazione del sindacato e certificano come a Parma e in Italia in generale, sia rischioso andare a lavorare. "I morti purtroppo sono l’aspetto che fa più notizia - spiega Barbieri - e per un po’ se ne parla. Ma il numero che preoccupa è quello che riguarda gli infortuni: in media sono i più di 500mila infortuni che ci sono all'anno, che lasciano le persone invalide e non più padrone del proprio corpo. Un dato che pesa sulla sanità, sulla socialità, sulle famiglie stesse, su tutto. E' un problema che continuiamo ad avere nonostante ci sia l’impegno un po’ di tutti. Riteniamo che bisogna applicare una norma precisa, nel modo giusto e cercando di formare la gente seguendo il diagramma di flusso che c’è all’interno dell’impresa: quindi il datore di lavoro, l'Rlst e il medico competente. Queste figure, se messe bene insieme, possono fare molto. Oggi siamo ognuno per conto suo, sembra. E ancora i contratti nazionali non danno quell'input che dovrebbero. E' sulla contrattazione che si può cominciare a fare qualcosa in più. 

Per adesso notiamo che è come se mancasse proprio una disponibilità mentale a fare un certo tipo di lavoro. E' più facile per un ragazzo nuovo, che magari viene dalla scuola, applicare certe direttive che non per un dipendente che è in fabbrica da 30 anni ed è abituato alla routine del lavoro".

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