Attentato a Charlie Hebdo, il Pdc'I: "Sulla Gazzetta attacchi contro la religione islamica"
"I sanguinosi fatti di Parigi, che il PCd'I condanna nella maniera più assoluta, hanno fatto prevalere la paura sulla ragionevolezza e invocare limitazioni delle libertà civili e leggi specialiad hoc per i fedeli musulmani, agitando lo spettro della "guerra"
"Dopo il riprovevole attacco alla redazione di “Charlie Hebdo” -si legge in una nota del Partito dei Comunisti Italiani di Parma- si sono susseguiti sulla Gazzetta di Parma pesanti attacchi contro la religione islamica e i diritti umani da parte di alcune importanti firme del quotidiano,a partire dagli editoriali di Molossi e Cacopardo. Viene descritto come “pregiudizio” l’idea che esista un islam moderato, in realtà silente e totalmente succube all’integralismo insito nel Corano: se ciò corrispondesse al vero è palese che persino la nostra provincia, con i suoi 15.000 fedeli, sarebbe stata da tempo colpita da attentati simili a quelli di Parigi.
Evitiamo di rispondere in merito alle interpretazioni dei versetti delle Sure citate in questi giorni, limitandoci a far notare come non si possa ragionevolmente credere che un musulmano nero in America legga e dia interpretazioni identiche (come invece riportato nell’editoriale di Cacopardo) dello stesso testo rispetto a un palestinese di Gaza,a una contadina indonesiana o a un’insegnante saudita, tanto più che manca nella religione islamica una figura che dia direttive unitarie, simile a quella del papa per i cattolici. Nella fattispecie in ogni caso segnaliamo che sono state emesse diverse fatwe (che sono interpretazioni giuridiche, non scomuniche) di condanna al contrario di quanto erroneamente riportato.
I sanguinosi fatti di Parigi, che il PCd’I condanna nella maniera più assoluta, hanno fatto prevalere la paura sulla ragionevolezza e invocare limitazioni delle libertà civili e leggi specialiad hoc per i fedeli musulmani, agitando lo spettro della “guerra”, lo scontro della cività, i barbari contro gli esseri civilizzati. Rifuggiamo questa retorica: più della guerra bisogna invocare la cultura, più dell’intervento armato fa paura la scuola: ce lo insegna una ragazza di 16 anni in Pakistan e oltre 130 suoi connazionali, 300 studentesse rapite in Nigeria e i 43 studenti scomparsi ad Ayotzinapa in Messico, ma abbiamo dimenticato la lezione troppo presto. “La storia insegna ma non ha scolari”, soprattutto quella che non accade alle porte di casa".