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Cronaca Berceto

Messa all'asta la casa di Luigi Lucchi: "Una mattinata tremenda, una gogna"

Il sindaco di Berceto racconta la storia sui social

La casa del sindaco di Berceto Luigi Lucchi in via Julia è stata messa all'asta. E' lui stesso a raccontarne la storia su Facebook. 

In piu’ occasioni, anche negli anni scorsi, senza vergogna, ho reso pubblica la mia situazione economica con tutti i beni ipotecati e all’asta.
Ovviamente ho cercato e tutt’ora cerco delle soluzioni. Il dato di fatto che questa mattina ho dovuto liberare la casa che mi ero costruito, con il mio gusto, nel 1982, con l’impresa Vescovi Elio di Casaselvatica, l’idraulico Ugo Anelli,  il falegname Braikovic. Il fabbricato originario, con grande lungimiranza, era stato costruito da mio babbo Nino nel 1948 come fienile e stalla riuscendo, nel contempo, solo con il suo lavoro, sistemare la casa di Via Seminario togliendo la stalla (si trovava dove ora ho la cucina e la sala). Un fabbricato già predisposto per essere una casa. Le mura, infatti, erano tutte di sasso ad esclusione delle posture delle finestre costruite, tamponate con mattoncini. Nessuna modifica esterna e neppure qualche decina di cm di sopralzo. Ai tempi solo gli amici degli amici potevano modificare la casa.  Un socialista, oppositore dell’amministrazione, no. Meglio così.  Ricordo ancora la disposizione della stalla. Si entrava da Via Julia, dal portone grande ora di legno ed allora di ferro, sulla destra la presa dell’acqua (restata anche adesso) e lo “stabi” per il maiale. Sulla sinistra la letamaia che veniva, ogni settimana, svuotata e portato il letame nel Basone  (un terreno sotto il Seminario verso la Cambrina). Una parete e un’ulteriore porta separavano le poste delle vacche cinque a six e sei a dex. Dalla letamaia e il maiale. A sinistra, infatti, c’era “l’arbalza” per gettare giù il fieno dal fienile e una scala in legno. Sopra il fienile. Il fienile veniva riempito ogni anno e appena inventati, mio padre, acquistava il montacarichi (scargadura) per facilitare l’entrata del fieno nel fienile.
Ricordo ancora il nome di tante mucche. Direi tutte. Oggi, stranamente, e non mi era mai successo in passato, negli occhi non avevo la casa ma la stalla e il fienile e i ricordi erano di quando pulivo la stalla, davo il fieno alle vacche, cercavo di aiutare mio fratello Berto ad avere le vacche sempre lucide grazie alla spazzola e alla “strage”. Al lavoro di olio di gomito, come si diceva allora. Mio padre ci teneva ad avere una stalla in ordine e lo stesso mio fratello Berto che per gli animali ha sempre avuto una predisposizione enorme e gli animali lo ricambiavano. Lo capivano. Aveva perfino addomesticato un topolino campagnolo tenendolo nella tasca della “blusa” e se lo chiamava, il topolino, si affacciava, con il musetto, dalla tasca come fosse una finestra. Quando mio padre aveva preso un agnellino da svezzare, dovendolo, addirittura tenere in casa, vicino alla stufa, per non fargli prendere freddo, mio fratello aveva fatto amicizia e l’agnellino si comportava come un cane. Lo inseguiva, lo rincorreva, ci giocava insieme. Il fatto straordinario era che l’agnellino capiva quando mio fratello stava tornando da scuola. Usciva dalla scatola in cui era accovacciato in cucina e iniziava a dare delle “testate” alla porta della cucina per uscire. Se aprivi la porta s’incamminava in via Seminario, verso la Piazzola per andare a raggiungere mio fratello. Alle 8,30 di questa mattina è arrivato l’addetto dell’Istituto Vendite Giudiziarie e ha aperto la porta. Dentro la casa rosa, come la chiamavo io, c’era di tutto nel senso che l’avevo, in taverna e in garage, ingolfata di mobili e documenti, tanta carta e mobili visto che avevamo deciso di tenere, come ricordo, i poveri mobili delle mie zie. Poi la carta della sezione socialista. La carta d’assessore provinciale. La carta di militante politico. La carta che mi ricordava il tanto impegno messo sempre, in politica e svolto, assiduamente, anche a Berceto dal 1972 a oggi.
Tutta carta e documenti che dovevano servirmi, come immaginavo, per rinchiudermi, in giornate d’Inverno, soppesando foglio per foglio, catalogarli, usare per scrivere qualche cosa che ricordasse, con documenti, quegli anni. Ritenevo interessante testimoniare il mio impegno politico, dal 72, per i Socialisti, in favore di Berceto e per il mio paese, ancor prima, con il Gruppo Giovanile Bercetese che avevo contribuito a costituire nel 1970 (avevo 15 anni) I documenti, come tante cose, sarebbero andati bene fino a dieci anni fa. Ora chi legge? E se leggono chi capisce? L’analfabetismo di ritorno è una marea inarrestabile e il neoanalfabetismo (il mio riguardo gli strumenti informatici) rende un deserto d’incomunicabilità e gli anni a venire, soprattutto in Italia non produrranno un gran dialogo. C’era fretta perché l’addetto dell’Istituto Vendite Giudiziarie avrebbe richiuso la porta alle 16. In modo sbrigativo abbiamo caricato camion di roba che è andata nella stazione ecologica. Ho preservato qualche mobile e alcuni documenti.
Tanto è andato distrutto per sempre. La mente non vuol far stare male le persone e allora rimuove. Come detto ho pensato ai tempi della stalla e del fienile. Non ho pensato quando l’ho abitata con mia moglie Chiara. Quando l’ho frequentata come sede di partito. Quando è stata utilizzata, in definitiva, dalla Comunità. Perfino mons. Cappucci ha dormito in questa casa, poi il Principe Guglielmo Hohenzollern, tanti artisti, amici. La casa di tutti per diversi anni. Ho pensato alla mia scelta, allora ritenuta bizzarra, di fare i serramenti, grazie a Braicovic, usando le travi di castagno del tetto, come bizzarra, sempre per allora, avere un pavimento di ardesia, lasciare i volti di laterizi in taverna, slanciare le finestre e tante altre scelte come il granito montorfano come piano di cucina. A volte capita che quanto scelgo diventi poi di gran moda e così è avvenuto anche per l’ardesia e il montorfano.
Un tempo lo usavano per fare bei marciapiedi a Parma. Togliendo i mobili s’è rivisto il camino, il forno, i lavandini di pietra della taverna. Io consideravo importante la mia casa per i camini. Sopra divide la cucina con il salone e le fiamme, attraverso un vetro si vedono in cucina. Chi ha acquistato la casa all’asta neppure ha visto queste cose. Forse la casa, per davvero, non sarà mai loro. Saranno inquilini non so se desiderati e successivamente amati dalle pietre del salone, delle camere. Non sanno che era una stalla e un fienile.  Non sanno dove ho ritrovato, tra le mura, le mensole del camino che è in taverna e da dove proviene. Non sanno chi l’ha ultimato in legno nella parte mancante. Non sanno da che sassi sono fatte le aiuole delle rose e neppure come è nata la pianta di susino e chi ha messo, invece, il ciliegio. Non sanno come è nato il giardinetto davanti a casa e da dove vengono i piloni in granito e i grossi massi di montorfano che lo segnano. Ormai a nessuno interessa nulla delle pietre. E’ una caratteristica non solo di chi compra le case alle aste per pagarle molto, molto meno. In definitiva il 20% del valore di perizia. Perizia del Perito del Tribunale: geom. Baratta. E dire che c’è una Legge, non rispettata, che per tutelare, giustamente, il creditore e il debitore (non si estingue, infatti, il debito) dice che l’asta andrebbe interrotta visto i valori irrisori raggiunti. Non sono una vittima e la colpa è solo mia. Una colpa nata il giorno in cui, il 6 maggio 1990, abbiamo perso le elezioni comunali comunali a Berceto. In quell’occasione sapendo che Berceto, dopo tanto lavoro eccezionale dal 1985 al 1990, poteva diventare un grandissimo paese turistico ed era invece gelato, raggelato, congelato, dagli intendimenti della nuova amministrazione: “riporteremo il silenzio, la quiete (morte), nel nostro Comune”, ho deciso che potevo fare da solo. Fare un villaggio turistico.
Considerare Berceto, con l’innesto di diverse strutture, un villaggio per le vacanze. Ecco l’Ostello Il Bosco di Marchino La Casa Nuova (azienda agrituristica) La Capanna L’Albergo Il Ristorante Lunanera La Gelateria L’Erboristeria Il Pub Il Campo da Golf Solarium Centro fitness
Palestra Residence  E tanto altro.
Troppo per una persona senza le specifiche competenze e soprattutto senza soldi. Per avere i soldi, infatti, costruivo appartamenti.
Alla fine, pur vendendo facilmente, con gli appartamenti, per non lasciare gli acquirenti con un pugno di mosche come hanno fatto diversi costruttori, ho dovuto ipotecare i beni di famiglia ed espropriare, di fatto, la mia famiglia. Ho perso tutto. Come Sindaco non faccio dispetti, non metto i bastoni tra le ruote, ma crede d’essere l’unico Sindaco a farlo da quando c’è il Comune di Berceto. Ricordo Francescon Aristodemo disperato perché gli lasciavano gli alberghi senza acqua. Ricordo Rino che si sentiva, dal Comune, solo danneggiato. Ho conosciuto perfino il dott. Andrei, unico laureato in Medicina, negli anni 30, a Berceto, e non scelto dal Comune come medico condotto. L’affronto gli è risultato insopportabile ed è emigrato negli USA. La moglie saputo che ero sindaco ha scritto, nel testamento, di donare 30.000 dollari al Comune e questa eredità è stata riscossa a inizio 2010. La Casaccia è stata fatta chiudere La Foresta di Bard ostacolata e quindi chiusa. Non sono l’unico imprenditore che può lamentarsi del suo paese e del suo comune. Spero, come Sindaco, di lasciare un insegnamento talmente forte da impedire, in futuro, azioni di boicottaggio per gli imprenditori, in definitiva per chiunque vuole fare qualche cosa, vuole essere intraprendente. E’ stata una delle maledizioni di Berceto. Ho dato oltre 1.200.000.000 (unmiliardoduecentomilioni) al Comune, come oneri d’urbanizzazione e i progetti dovevo presentarli almeno 4 volte nonostante avessi ingegneri e urbanisti che conoscevano a menadito il regolamento edilizio e il PRG. Maggiori costi, ogni volta, per le parcelle e tempi prolungati, procrastinati.
I guai finanziari sarebbero arrivati ugualmente ma gli atti, nei confronti delle mie società, li ha iniziati un’Assicurazione perché il Comune aveva fatto scattare la fideiussione nonostante il fabbricato, come non lo è tuttora, non fosse a tetto. Rateizzando gli oneri una rata andava pagata una volta a tetto. Hanno chiesto la rata molto prima all’Assicurazione e questa, dopo aver pagato al Comune, mi ha fatto gli atti. Del resto sono l’unico ad aver subito un processo penale perché vicino a un mio fabbricato, nel bosco ( zona per attrezzature sportive e ricreative ad uso pubblico) nei pressi del gazebo (casa delle farfalle), regolarmente licenziato con oneri di urbanizzazione pagati, ho scaricato alcuni camion di terra avendo, tra l’altro, lo svincolo idrogeologico. La denuncia è stata passata alla Gazzetta la vigilia, nel luglio 1992, di quando sarei stato nominato Presidente della Provincia dopo le dimissioni irrevocabili di Claudio Magnani. Il Consiglio era già stato convocato e il mio discorso programmatico consegnato al Segretario Provinciale come voleva la Legge. Un’intera pagina della Gazzetta su Lucchi denunciato, nel 1992, non era il miglior viatico per un Presidente, in pectore, socialista. Mi sono dimesso, in quell’occasione, anche da assessore provinciale e sono restato consigliere.
Sentenza del processo: assolto perché il fatto non sussiste. In compenso in quegli anni l’Amministrazione ha rifiutato miliardi da particolari finanziamenti dell’UE che a fatica, grazie all’on. Grilli, avevamo portato anche in Provincia di Parma. Gli unici soldi spesi, a Berceto, dal Consorzio di bonifica per asfaltare la strada delle Vigne. Il merito non è andato a me ma a me è arrivata l’amicizia preziosa di Ovidio Scaffardi che ora mi aiuta meravigliosamente, come Sindaco, facendo in modo che a Berceto, dal 2009, con l’aiuto del Presidente e del Direttore, siano spesi quasi il doppio delle somme incassate con l’odiata tassa del Consorzio. Non mi sento vittima anche se in questo momento mi torna in mente un monito di Mauro Delgrosso (vivente e facilmente raggiungibile come teste). Avevo aderito, prontamente, a prendere in custodia Villa Berceto, ex Villa dei Casalesi (ora è del Comune a tutti gli effetti. Uno dei pochi beni della mafia, in Italia, già rogitato al Comune). Con Delgrosso siamo andati a vedere la villa. Mi interessava anche qualche sua idea per utilizzarla al meglio. Lui mi disse: i beni della mafia vanno distrutti e sopra ci deve essere messo il sale. Comunque, Luigi, hai avuto un gran coraggio. Se hai bisogno delle banche adesso ti massacrano. Lo credo una combinazione ma tutte le mie aste, iniziate, come pratiche dal 1999, erano bloccate e stranamente nel 2012 ripartirono e non ci fu piu’ nulla da fare. Non mi sento una vittima anche se in tempi non sospetti vedendo il ragazzino Francesco Bandini (collaboratore, allora, della Gazzetta ora giornalista di peso) in Via Carducci gli chiesi cosa facesse. Voleva parlare del monte di pegni e cercava un dirigente di Banca Monte che gli fornisse dati. L’ho aiutato nel suo intento.
Mi sono reso conto allora dell’esistenza, anche a Parma, del Monte di Pegni e del suo assiduo utilizzo da parte di povera gente. Scosso da questa cosa ho preso ad interessarmene e notare, sempre, in tempi non sospetti, le pubblicizzazioni dei beni sulla Gazzetta fatte fare dall’Istituto Vendite Giudiziarie. Trovo, su questi temi, da allora, un’insensibilità, a mio avviso, grave, da parte di tutte le forze politiche. Io credo, fermamente, che i debiti debbono essere pagati. Trovo giusto arrivare a perdere anche la casa. Mi sembra ridicolo che la si perda per un “tirone di borsa” che non ripaga i debiti del creditore e mette sul lastrico, per sempre, il debitore. Sono beni, insomma, che potrebbero essere valorizzati e venduti a prezzi giusti. Si potrebbe, inoltre, mettere nelle condizioni, supportato da bravi professionisti, il debitore per terminare, modificare il suo progetto e farlo rendere. Vendere, insomma, i beni al meglio e non al peggio. Non demordo anche se il Governo Renzi, per favorire le banche, s’è sbarazzato di molte delle procedure di garanzia rappresentate dal Tribunale. Ora le banche possono fare da sole. Espropriarti a loro piacimento. Non mi sono sentito una vittima, neppure questa mattina, tra i ricordi di periodi piu’ sereni. Non mi sono commosso. Mi commuovo, invece, nell’ottenere, fino adesso, la forza di accettare la volontà di Dio. Quasi sempre non è la nostra volontà ma con il passare degli anni scopriamo che era la migliore anche per noi. Resta il fatto che subito dopo la morte, anche di un nostro caro o di un amico, dopo la diagnosi nefasta di una malattia e perfino del dolore per un innamoramento non corrisposto, trovo l’esperienza che vivo da anni e soprattutto questa mattina 15 maggio 2017 tremenda.
Una gogna. Luigi Lucchi Sindaco di Berceto PS Dimenticavo mi hanno preso, contemporaneamente, anche un appartamento in Via Seminario n.19 sopra all’ex gelateria e lo scheletro dell’albergo in Via Cambrina.

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