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Cronaca

"Io, nell'inferno del Cavanà, ecco perchè ho denunciato"

L'educatore che denunciò ai Nas i presunti abusi che avvenivano all'interno della struttura psichiatrica di Pellegrino Parmense si racconta a Parmatoday. Ieri 12 luglio l'udienza: la sentenza attesa entro fine mese. La difesa degli imputati: 'Mai sedazioni per punizione, solo in caso di crisi dei ragazzi che avrebbero messo a repentaglio la sicurezza di tutti'

Lorenzo Vecchi, l'educatore che prese posizione denunciando i presunti abusi che avveniva all'interno della struttura psichiatrica Cavanà di Pellegrino Parmense si racconta a Parmatoday, in occasione dell'udienza del processo, che si è svolta il 12 luglio. che vede come imputati alcuni operatori ed infermieri che lavorarono all'interno della struttura destinata ad accogliere ragazzi, soprattutto minorenni. Dopo le arringhe la lettura della sentenza è stata rimandata a data da destinarsi, comunque dovrebbe arrivare entro fine mese. 

Lorenzo, raccontaci la tua esperienza: come hai iniziato a lavorare al Cavanà 

"Io ero in subappalto con una cooperativa di Viazzano. Gli operatori che venivano assunti duravano molto poco e poi c'era il problema della mancanza dei necessari titoli. C'erano delle dinamiche educative autoritarie: a cena bisognava stare in silenzio, gli operatori erano sulla porta in fondo alla sala. Tre quarti dei ragazzi erano del territorio genovese, così come molti operatori. C'era un clima da caserma con le porte chiuse: durante la pausa sigaretta l'educatore guardava i ragazzi chiacchierare. Il primo giorno di lavoro era arrivata la notizia della morte di Danilo Mongai, che era amico di tutti. Il direttore offrì ai ragazzi un sovradosaggio di psicofarmaci ai ragazzi, che accettarano. Nel corso del tempo i ragazzi mi parlavano di queste fialature, ovvero fiale con un sovradosaggio di psicofarmaci, che venivano somministrate per punizione nel caso non facessero quello che il direttore voleva: venivano date a chi non voleva andare a scuola, a chi si era baciato con la ragazza, a chi aveva risposto male agli educatori

Dopo quanto tempo che lavoravi lì hai deciso di denunciare, qual'è stato l'episodio che ti ha fatto decidere? "Una sera è stata abbastanza importante: due ragazzi si sono baciati appartandosi sulle scale. E' passata un'infermiera che lo avrebbe detto al responsabile che ha detto: 'Adesso venite su che vi faccio una fiala'. I ragazzi si sono messi comodi, vestiti in modo sportivo e hanno detto: 'Oggi non andiamo a letto', hanno fatto sciopero. In quel momento stavano guardando 'I diari della motocicletta', ha detto: 'Le fiale non si fanno, è sabato sera non andiamo a letto anche perchè ci fate andare a letto alle 9. Le fiale non gliele fate e ora, spegniamo il film, e parliamo delle fiale. Io ero a conoscenza del fermento che stava salendo tra i ragazzi. Gli educatori hanno sentito il direttore sanitario che era in viaggio e ha detto di fare la fiala solo a uno dei ragazzi. Quella sera le fiale le hanno poi fatte a tutti i ragazzi, uno per uno.

Come avvenivano le fialature? "Sono entrati nelle camere, gli hanno messi faccia per terra, ginocchie sulla schiena e gli hanno fialati. Poi gli ho avvisati che sarei andato a denunciarli ai Nas: dopodichè non mi hanno rinnovato il contratto. Nei mesi successivi, tra le proteste del Comitato dei genitori dei pazienti psichiatrici, l'esposizione mediatica anche a Mi manda Raitre, nei giorni vicini al 25 aprile il sindaco ha detto che avrebbe chiuso la comunità. E' rimasta aperta un'altra comunità dello stesso direttore sanitario nella Bassa reggiana". 

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