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Cronaca

Cibus Forum, da Parma un appello alle istituzioni: "Sostenere l'internazionalizzazione"

Prima giornata di Cibus Global Forum con 300 aziende alimentari: più del 50% delle imprese esportano all'estero. Esportazioni record nel primo trimestre 2012

Si è aperto ieri mattina presso le Fiere di Parma il Cibus Global Forum, vero e proprio summit delle industrie alimentari italiane cui hanno partecipato oltre 300 imprenditori. Organizzato da Fiere di Parma e Federalimentare, l’evento, che proseguirà oggi, ha come tema principale il punto sull’export del made in Italy alimentare e cosa sia possibile fare per aumentarne le potenzialità inespresse. 

"Così tanto di crisi si parla solo in Italia, se vai all'estero non ne parla nessuno, si discute di nuovi progetti e si guarda al futuro. Ogni volta che torno in Italia un po' mi deprimo". Racconta così Augusto Cremonini, giovane manager dell'omonimo gruppo leader dell'hambuger. In effetti un operatore economico che si aggira al Cibus Global Forum può avvertire una leggera vertigine: invece che occasione per piangersi addosso, la crisi è vista come straordinaria opportunità per le aziende italiane. "I mercati mondiali vogliono il made in Italy ma noi non sappiamo cogliere tutte queste opportunità" spiega Annalisa Sassi, presidente dei giovani imprenditori di Federalimentare e amministratore delegato della Casale, che produce prosciutto di Parma.

"Il Paese è avvitato su se stesso e su una crisi dalla quale non vede via d'uscita, il nostro settore si salva perché esporta all'estero" dice Sassi. Ed è questa la chiave di volta delle imprese agroalimentari che oggi hanno presentato a Cibs, numeri che certificano la storia di un successo. Nel primo trimestre 2013 l'export alimentare italiano ha messo a segno un aumento del 12% rispetto all'anno scorso e, per la prima volta, le imprese food che esportano superano (51%) quelle che lavorano per il solo mercato domestico. Inoltre, emerge dall'analisi di Format Research per Federalimentare, per una azienda su 4 (23,2%) i mercati esteri sono fonte del 30% dei ricavi, con punte dell'80% per vino, olio, pasta, conserve.

E' il caso del gruppo Colavita, olio extravergine. "Cresciamo anche sul mercato interno, mai risentito della crisi" sorride il presidente Enrico Colavita che guarda agli Usa deciso a fare shopping aziendale. "La dimensione familiare ora ci sta stretta, siamo pronti per una partenership" spiega. La crisi non abita nella filiera italiana food e beverage, lo ripetono i capitani coraggiosi dell'agroalimentare italiano, ancorché bastonato da fisco, costi energetici e del lavoro "che non hanno uguali in Europa" dice la "capitana" Sassi, A cominciare da Ferrero.

Nutella? "Per fortuna le vendite continuano a crescere" dice l'amministratore delegato Ferrero Italia, Gino Lugli. E così, mentre il gruppo torinese sbaraglia i concorrenti sui mercati asiatici ("siamo la pralina più venduta in Cina"), il barattolo della famosa crema continua a presidiare le dispense delle famiglie italiane. Eppure, spiega, "nessuno dei nostri prodotti è nella lista dei necessari, non diciamo che mangiare Nutella fa bene perché la nocciola contiene polifenoli, ma che va bene cominciare la giornata con un po' di ottimismo e di buonumore. Bisogna fare quello che si sa, un mestiere per volta".

E mentre all'estero vincono perché il mondo è sempre più assetato di "italianita", dai cibi allo stile del vivere italiano, in patria sono visti "come mosche nella minestra. Il vento anti-imprese che aleggia è un problema grosso. Ma sono gli imprenditori che creano ricchezza e occupazione, non le parole dei politici" dice il presidente di Parmacotto, Marco Rosi, difendendo le aziende familiari, "sono un vantaggio, non un limite, in America ci copiano". Giacomo Biviano (Illy) chiede che le istituzioni escano dal torpore e supportino le Pmi ad andare all'estero. "Ci sono grandissime opportunità per le pmi italiane fuori ma bisogna lavorare sul brand e in un'ottica aggregativa" dice l'ad di Poltrona Frau Dario Rinero. "Se no capita che nei migliori ristoranti di Pechino la lista dei vini di 4 pagine abbia solo etichette tedesche e nessuna italiana".

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