Fiumi a secco, gli agricoltori: "Non ci resta che fare la danza della pioggia"
Il livello del Taro è ai minimi termini e le centrali idroelettriche funzionano a singhiozzo. Elvino Provasi, amministratore di Albatros Energia proprietaria della centrale di Ponte Taro: "E siamo solo a febbraio"
Laghi e fiumi in forte sofferenza, febbraio somiglia tantissimo alla scorsa estate. E in montagna la neve accumulata è poca. Il quadro della situazione nel parmense, e in tutta la Penisola a metà febbraio, è complesso. Le previsioni annunciano il ritorno della pioggia, che però non può bastare: "Servirà solo a riportare le centrali al funzionamento regolare - spiega Elvino Provasi, amministratore di Albatros Energia proprietaria della centrale di Ponte Taro -. Servirebbe un po' di neve perché ci sono anche le falde che dovrebbero essere rigenerate. Serve continuità nella pioggia". Non è solo il fiume Po a essere in grande difficoltà. A Parma, per esempio, il Taro è arrivato ai minimi. "In questi mesi le centrali dovrebbero andare a piena potenza, ma vanno a singhiozzo per la pochissima acqua. C'è una riduzione del 50%, 60% - spiega Provasi - di produzione elettrica e quest'anno la situazione potrebbe essere più grave dell'anno scorso. C'è stata una forte riduzione della produzione idroelettrica già nei mesi scorsi. Calcoliamo che adesso siamo solo a febbraio e la situazione è quella che vediamo".
Si va verso una nuova ondata di siccità, o meglio un’emergenza siccità in realtà mai finita, con corsi d’acqua che hanno raggiunto uno stato di severità idrica. Il bacino del Po, ad esempio, presenta un deficit del 61%. (Fonte, CIMA Research Foundation).
L'agricoltura potrebbe essere fortemente condizionata: "In base alla portata idrometrica del fiume Taro, che alimenta le falde, l'acqua che noi usiamo per irrigare i nostri campi non è sufficiente". È molto preoccupato Enrico Saccani, coltivatore diretto. "L'acqua che c'è ora non serve neanche per ripristinare il livello delle falde. Il mio pozzo dovrebbe essere sui 5 metri, adesso e a 9 metri: è un livello che generalmente si raggiunge in agosto con la stagione irrigua già inoltrata. Questo può far capire il pericolo di affrontare questa stagione 2023. I rischi sono quelli di rimanere senz'acqua per irrigare perché poi, non essendoci portata giusta nel fiume, anche i canali di bonifica non riescono a svolgere la loro funzione perché bisogna lasciare il minimo deflusso vitale del fiume. Non può esserci l’acqua nei pozzi". Uno scenario complesso, che però si era verificato già vent'anni fa: "Sì - spiega Saccani - solo che all'epoca ci trovavamo in estate. Ora siamo a febbraio. Nel 2003 abbiamo avuto una super estate siccitosa e, alla fine della stagione i pozzi vicini si erano asciugati. Era un continuo attaccarsi ai pozzi per due gocce d'acqua. Adesso pare non ci sia soluzione, se non fare la danza della pioggia".