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Cronaca Borgo Val di Taro

I profughi a Borgotaro: “Dai missili alla fuga sui treni strapieni, così siamo scappati dalla guerra in Ucraina”

Sono arrivate le prime famiglie accolte in alloggi messi a disposizione dai privati e dalla chiesa

Una famiglia si è sistemata ad Albareto. L’altra è rimasta a vivere a Borgotaro. In attesa di una mamma fuggita con il figlio dalle bombe di Putin. Arrivano anche in provincia di Parma i primi profughi di guerra, devastati nell’animo da quello che in questi giorni hanno visto - loro malgrado - e hanno perduto in un batter di ciglio. Sui loro vestiti c’è la polvere degli edifici crollati sotto i bombardamenti, nel loro animo ferite profondissime che forse non si rimargineranno più. Costoro non portano niente dall’Ucraina, solo tanta paura protetta dai loro sguardi assenti, si preparano a vivere una seconda vita: la prima gli è stata portata via in modo brutale. Una mamma stringe nella sua mano quella del figlio, non parlano. Sono spaesati e fissano il vuoto. Nelle orecchie c’è il ronzio dei missili, un suono devastante che precede il boato. 

La comunità di Borgotaro grazie a gente come Anzhelika, per tutti Angela, ha messo a disposizione tutto quello che poteva mettere. Si è adoperata per la raccolta di indumenti, medicinali e giochi per bambini. Perché i primi a mettere piede a Borgotaro dall’Ucraina sono stati due bambini di due e cinque anni accompagnati da una mamma che ha lasciato in Ucraina il marito, perché deve fare il soldato e deve difendere quel poco che è rimasto. Man mano che arrivano dall’Ucraina, i primi profughi si recano in Questura per regolarizzare la loro posizione di rifugiati di guerra. E, in adempimento alla legge ucraina, devono dichiarare entro otto giorni di essere in un altro Stato. Hanno novanta giorni di tempo per preparare i documenti da inviare in patria, nel frattempo possono cercare un alloggio come rifugiati politici o esibendo la pratica del ricongiungimento familiare. 

Due giorni fa sono arrivati a Borgotaro una mamma con due figlie di una di 18 e una di 25 anni. Sono arrivati da Vinnytsia, dall’Ucraina centrale, il cuore del paese colpito che però ha conservato qualche palpito. Sono arrivati dopo aver oltrepassato la dogana lasciandosi alle spalle l’Ucraina via Leopoli, punto più vicino alla Polonia. Il padre che vive in Italia è andato al confine a recuperare la moglie e le due figlie. Negli occhi delle ragazze il vuoto totale, qualche parola è uscita dalla bocca della madre. Un laconico: “Non serve niente, grazie”, ricacciato dalle lacrime che rigavano un volto stanco, provato. Poi solo silenzio, mentre attorno la comunità di Borgotaro faceva arrivare beni di prima necessità attraverso il cordone umanitario messo in piedi dal sindaco Mario Moglia e dalla piccola comunità ucraina che del paese in montagna. 

“Tutti vogliono scappare - ha detto Angela - ma i treni sono pochi, gli autobus strapieni di gente ed è sempre difficile trovare il posto. Tante persone aspettano in frontiera, stanno per giorni interi lì con la speranza di passare il confine e mettersi in salvo. Da Leopoli alla dogana arrivano a piedi, una volta fuori nazione è più facile trovare qualcuno che ti porta avanti”. Non parlano bene l’italiano, ma basta guardarle negli occhi per capire quanto sia disperato il momento. Il loro pensiero è rivolto anche ai cari che hanno lasciato in Ucraina. Molti non vogliono abbandonare il paese, preferiscono difenderlo anche se non è obbligatorio arruolarsi nell’esercito. In molte città hanno creato dei battaglioni di difesa territoriale, dove puoi arruolarti volontario. Ricevi un elmo, un giubbotto anti-proiettili e una divisa, oltre alle armi in dotazione. Chi si arruola ha un compito: vigilare tre, quattro vie della città dove  si formano piccoli gruppi che servono a sorvegliare tutto il territorio. Si chiama secondo fronte. Il primo è quello composto dall’esercito che combatte per ricacciare i russi. E resistere ai loro attacchi.

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