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Cronaca Centro / Via Santa Brigida

Incontri con l’autore: Andrea Greci racconta il suo Appennino

Intervista all'alpinista e scrittore Andrea Greci che ha presentato il suo ultimo lavoro, Appennino di neve e di ghiaccio, alla libreria Diari di bordo. La guida più completa tra quelle mai realizzate sinora sull'alpinismo invernale in Appennino

Uscito a dicembre con Idea Montagna, l’ultimo lavoro, titanico, di Andrea Greci, alpinista, scrittore e fotografo, con i suoi 313 itinerari, è la guida più completa tra quelle mai realizzate sinora sull’alpinismo invernale nell’Appennino Tosco Emiliano. Anni di lavoro, di dedizione alla montagna per riuscire a creare un’opera  che va oltre la semplice guida, ma che è un vero e proprio omaggio al territorio, mostrando ciò che è in grado di offrire agli appassionati ma regalando anche uno sguardo poetico attraverso un corredo fotografico di alto livello.

 In che modo ha scelto di strutturare Appennino di neve e di ghiaccio?

E’ la guida più completa tra quelle mai realizzate sull’Appennino Tosco Emiliano, perché non è una selezione di itinerari meritevoli ma è il tentativo di catalogarli tutti, montagna per montagna, versante per versante, canaletto per canaletto, cresta per cresta. Un lavoro compiuto in vario tempo, con una grossa impennata nello scorso inverno. E’ strutturato anzitutto in senso geografico, perché prende in esame il tratto di crinale compreso tra il passo del Cirone e il passo delle Radici nelle province di Parma settore orientale, Reggio Emilia, Massa, Lucca, in trenta aree divise per accesso, in modo che, ad esempio chi va a Lagdei può sapere tutto quello che può fare da quel punto. All’interno delle aree sono elencati tutti gli itinerari possibili con una scheda tecnica introduttiva, accesso in auto e relazione; il tracciato di ogni via di salita è riportato sulla fotografia del versante interessato, e sono presenti ulteriori note tecniche in modo da avere tutte le indicazioni utili per gli itinerari. L’idea è quella di svegliarsi la mattina e dire ‘’cosa faccio oggi?’’ e scegliere un itinerario.

Un lavoro imponente, che arriva dopo le numerose guide che ha scritto nel corso degli anni dedicate all’escursionismo, al trekking, all’andare per funghi sino ai borghi storici delle valli e dell’Appennino. Questo libro rappresenta un passo in più, proponendo non escursioni ma itinerari di carattere alpinistico. Si può dire che aggiunga un nuovo tassello, un nuovo aspetto alla sua opera di valorizzazione dei nostri monti?

L’Appennino ha molte facce, che poi vanno a formare la complessità di queste montagne piccole ma non per questo minori. L’Appennino non ha grandi estensioni ma se da un lato si tratta di montagne “camminabili”, dove si può vivere il contatto con la gente che ha abitato questi luoghi, dall’altro lato l’Appennino è anche un luogo “ramponabile” dove si fa grande scuola di alpinismo, non per grandi vie o itinerari ma perché è una grande scuola di neve e di ghiaccio. Il fatto di essere a bassa quota e in parte orientata a nord, soprattutto nel versante parmense reggiano, di avere una grande escursione termica tra giorno e notte ed essere colpito da un fortissimo vento che ha pochi paragoni in Italia e in Europa, fanno si che la neve possa trasformarsi nel giro di pochissime ore. Per questo è una grande scuola di alpinismo e allo stesso tempo è anche spettacolare. E’ il libro che avrei voluto avere in mano in questi anni quando andavo a scoprire l’Appennino, averlo fatto in prima persona è una soddisfazione.

Dalle immagini che ha realizzato e dalle descrizioni che propone emerge una profonda conoscenza, possibile solo con una frequentazione lunga, attenta e costante. Da cosa nasce questo suo rapporto così viscerale con l’Appennino?

E’ un amore, quello per l’Appennino, che nasce stranamente dopo quello per le Alpi. Sono sempre andato in Dolomiti con i miei genitori sin da bambino e poi, in adolescenza, insieme a un mio amico abbiamo cominciato a scoprire l’Appennino con i primi viaggi in estate cambiando tre volte la corriera per arrivare a Rigoso. Un amore cominciato da li e che negli anni è diventato sempre più forte.

Quello appenninico è spesso considerato un alpinismo “minore”: sviluppi ridotti, roccia non sempre solida, quote modeste al paragone con le Alpi. Eppure ci sono salite che soprattutto in condizioni particolari si possono rivelare molto impegnative, anche per l’estrema variabilità delle condizioni non solo da un giorno all’altro ma a volte anche a distanza di poche ore. Credo che questa guida riesca a riordinare e dare nuova luce a quanto offre il nostro Appennino per chi pratica alpinismo d’inverno; pensa che potrà portare qualcuno in più a voler scoprire queste zone?

Credo che questa guida stimoli anzitutto a conoscere l’Appennino in una veste diversa, che non è solo quella del sentiero o del rifugio ma è quella dell’alpinismo invernale. E’ vero, la roccia non è sempre solida, i dislivelli sono minori, le vie sono più brevi, però anche questo contribuisce al fascino dell’Appennino. Fa parte della bellezza di poter fare, ad esempio, due o tre vie nello stesso giorno e dall’altro lato, questo stimolo a scoprire l’Appennino nella sua veste invernale alpinistica si abbina anche alla volontà di invogliare all’esplorazione, perché a mio avviso l’alpinismo, soprattutto in montagne come l’Appennino, è soprattutto ricerca, esplorazione. Massimo Mila diceva ‘alpinismo come cultura’, e l’alpinismo è scoprire quello che ci circonda, scoprire noi stessi. 

Un ulteriore elemento che arricchisce la guida è l’apparato fotografico. Si tratta innanzi tutto di immagini di qualità decisamente superiore rispetto a quelle che si trovano normalmente nelle guide, che non di rado hanno la sola funzione di inquadrare pareti e percorsi. In questo caso, invece, sono indicative anche di una volontà di rappresentare la bellezza dei paesaggi, si nota il lungo lavoro di ricerca e probabilmente di attesa del momento giusto per lo scatto, magari l’alba. Al di là del suo essere un fotografo professionista, l’impressione è che guardi a questi monti quasi con gli occhi di un innamorato.

Essendo una guida tecnica è importante riportare le immagini che indichino i percorsi e le vie da intraprendere. Il mio amore per i luoghi dell’Appennino mi ha spinto ad andare oltre, cercando di cogliere il bello dei luoghi, osservando la natura che mi circonda, aspettando anche ore come per realizzare l’immagine del frontespizio con le nuvole sulla Lunigiana intravvedendo le Alpi Apuane. Angoli suggestivi che rimangono impressi nella mente e che rafforzano questo mio legame con i luoghi.

Andare per monti, specialmente in inverno, vuol dire patire freddo, fatica, a volte sofferenza. Invece di chiederle “perché” qualcuno dovrebbe farlo, vorrei chiederle cosa si porta a valle dopo una salita come quelle che descrive nel suo libro

E’ difficile spiegare le sensazioni che si provano, credo che ciò che più di tutto ti colpisce sia il silenzio, perché è in quel silenzio rotto solo dal vento che trovo molto di me stesso. Ci sono momenti molto profondi in cui riesci a sentire il tuo vero io e ad avere molta consapevolezza di te stesso, della vita, di ciò che ti è più caro.

 Ci sono aneddoti particolari dietro ad alcuni di queste salite o di questi scatti, legati ad avvenimenti o a compagni , che vuole condividere?

Una volta mi ero svegliato prestissimo per andare a fotografare l’alba sul crinale e quando sono arrivato in alto con mia grande sorpresa ho trovato un’altra persona col cavalletto, arrivata addirittura da Milano. Mi ero stupito perché con tutte le montagne belle a disposizione molto più vicine, era venuto sin qui per fotografare proprio queste. Un altro momento che ricordo con piacere è quando, per la stesura delle relazioni, ero andato a percorrere alcuni canali sul monte Casarola. Durante le salite avevo avvistato in ogni canale un animale diverso: una poiana, poi una volpe, infine un gheppio, e allora ho scelto di chiamarla ‘’la parete degli animali’’ e dare ai canali saliti il nome di ognuno di loro.

C’è una frase, a mio avviso, particolarmente suggestiva di Maurizio Maggiani che dice: ”L'Alpe si scala, l'Appennino si viaggia. Dall'Alpe si vede l'universo, e forse anche Dio, ma dall'Appennino si vedono gli uomini, e si vede il mare. Come vive queste riflessioni da alpinista, da viaggiatore ma soprattutto da amante e profondo conoscitore dell’Appennino?

Sembra una frase ad effetto ma contiene una grande verità. Se parti dalla Toscana in mezzo agli ulivi, in breve tempo ti ritrovi in mezzo alle faggete e ai laghi dell’Appennino, c’è una grandissima biodiversità e tutto questo in uno spazio piccolissimo. Le Alpi offrono un ambiente “sublime”, però l’Appennino è una montagna da vivere e da attraversare, è vissuta e porta i segni dell’intervento dell’uomo che lo ha abitato da sempre e ne fa parte. Per noi è normale andare sulla cima dell’Orsaro e vedere il Golfo di La Spezia e magari, se c’è bel tempo, persino la Corsica; ma in realtà si tratta di uno scenario unico e irripetibile.

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