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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

La rabbia dei ristoratori pronti a scendere in piazza: "Ci stanno togliendo la voglia di vivere"

Con il ritorno in zona arancione dell'Emilia Romagna, il comparto resta ancora penalizzato. "Non ce la facciamo più, adesso sì che si fa dura. E' un anno preciso che perdiamo soldi"

Parma torna in zona arancione. Lo sarà a partire da domenica 21 febbraio. La conferma arriva dall'ordinanza del Ministro della Salure Roberto Speranza, in vigore dal 21 febbraio, alla luce delle ultime valutazioni della cabina di regia e del Comitato tecnico scientifico. Un'equazione matematica, con il cambio di colore (sistema criticato anche da Stefano Bonaccini, presidente della Regione) cambiano inevitabilmente anche le abitudini di ognuno di noi. E soprattutto, cambia il modo di lavorare degli operatori della ristorazione, costretti a riabbassare la serranda e operare solo per l'asporto, dopo la boccata d'ossigeno delle due settimane di liberta - seppur parziale, visto che si è lavorato fino alle 18 -. 

"Le sembra giusto? Quando si decide di limitare partono sempre da bar e ristoranti - spiega il titolare di un bar in via Montanara - come se noi fossimo i portatori del virus. Ma nei nostri locali non c'è virus, la gente è più sicura che in altri posti. Ci siamo attrezzati con tutti i materiali necessari alla sanificazione, gel ovunque, migliaia di euro buttati per la pulizia dei locali, adesso basta. L'intero comparto sta cadendo nel baratro, non ci sono aspettative di ripresa". 

Il titolare di un ristorante, poco più distante, mentre chiude la porta dice a un suo collaboratore: "Ci vediamo domani, ti voglio carico perché sabato ci sarà tanta gente". Sabato, inteso da molti come l'ultimo giorno di liberta, prima che domenica si torni ancora a ordinare del cibo, per chi vuole. "Così ci rubano anche il sorriso, oltre che il lavoro. Che messaggio è questo? Due settimane di apertura, un mese di chiusura, che vita è? Non dovevamo convivere con il virus? Anche l'umore, oltre che il portafogli, subisce un danno clamoroso. Sono up&down che non aiutano nessuno. L'emotività della gente è stata distrutta, si pensa solo a cose negative. E noi abbiamo affitti da pagare, luce, acqua, le cucine che vanno anche solo per l'asporto. Tutto ha un costo. Proporrei di scendere in piazza, tutti. Tutto il comparto deve essere unito. Noi vogliamo lavorare. Ma vi pare normale che dobbiamo protestare per lavorare? I ristoranti sono da tempo indicati come un luogo di contagio, ma non è così. Mangiare fuori ogni tanto regala un sorriso, un attimo di spensieratezza. Ti aiuta a staccare la mente". 

"E' un periodaccio davvero. Se si pensava di aver messo alle spalle l'incubo Covid, abbiamo sbagliato - dice pazientemente un altro ristoratore -. E meno male che la spesa l'abbiamo fatta giorno per giorno. Che ingiustizia. Adesso non si parla più di fare sacrifici, si parla davvero di andare in contro a una cosa talmente complessa che non si vede la fine. Peccato". E se ne va con il baule dell'auto pieno di roba destinata al ristorante. "La regalerò ai bisognosi, a casa non mangiamo tutta questa roba. Siamo allo stremo, ma queste cose le abbiamo già dette. Chi ci ascolta?".

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