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Cronaca

Lara e i giorni neri del Covid: "Costretti a scegliere tra chi far entrare in terapia intensiva e chi no"

La testimonianza di un camice grigio: "La burocrazia non ci aiuta"

Oggi la situazione è sensibilmente migliorata. Ma quei giorni non li dimentico”. Tira un sospiro di sollievo Lara (nome di fantasia), un camice grigio che nella mischia non si è certo tirata indietro. Il sospiro viene rotto dall’emozione, il racconto frammentato da qualche immagine che – come dirà più tardi – si porterà per sempre. “Non è passato tanto tempo, il ricordo è inevitabilmente fresco e chissà per quanto tempo lo sarà. Ha il sapore metallico di un incubo e pesa nella testa come un macigno. Lavoravo in una clinica a Parma che da marzo è stata trasformata in centro Covid per gestire l’emergenza. Arrivavano pazienti da ogni dove, compatibilmente con i posti a disposizione venivano accolti. I miei superiori si sono ammalati, hanno contratto il virus e sono rimasti a casa. E’ stata una situazione pesante, mi sono trovata a gestire l’emergenza da sola, avevo contatti telefonici con i medici più esperti e non potevo contare sulla loro operatività. Se ci penso ora non riesco a credere come ne sia uscita indenne. Nel contempo, la situazione sanitaria non accennava a migliorare, sapevamo comunque che sarebbe occorso del tempo, ma intanto i pazienti – quelli più gravi – avevano delle difficoltà respiratorie sempre più acute. Purtroppo in questa emergenza, che si sarebbe potuta evitare se solo ci fosse stata più disponibilità di medici e di specialisti come me costretti a scegliere l’estero per via della burocrazia – ho visto troppa sofferenza. Mi è toccato persino parlare con famigliari di vittime e pazienti che mi chiedevano di padri, madri e a volte anche figli. Ho dovuto dire loro che non potevano entrare in terapia intensiva perché non erano idonei rispetto ad altri che avevano la precedenza. Tutto questo, in una sanità pubblica come la nostra, non dovrebbe succedere. Purtroppo è successo, e me lo porterò sempre con me. Non siamo eroi. Siamo professionisti”.

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