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Cronaca Via Generale Carlo Alberto dalla Chiesa

Stazione. Le mani degli Emmanuello su Parma: i clan di Gela e i subappalti

Parma era la base operativa del latitante Daniele Emanuello. Prova ineluttabile: un pizzino ritrovato nel suo stomaco. I dati dell'Osservatorio. 2 anni fa furono allontanate dal cantiere della Stu Area Stazione 4 aziende in odor di mafia

Parma-Gela. Andata e ritorno. Clan Emmanuello, alla vigilia del Natale 2009. La squadra mobile di Caltanissetta, il commissariato di Gela e la direzione investigativa antimafia ricostruiscono la mappa del potere del noto gruppo di Cosa Nostra. A finire nel mirino degli inquirenti è la città ducale. È Parma la base operativa del latitante Daniele Emmanuello. Prova ineluttabile: un pizzino ritrovato nel suo stomaco all’indomani dell’autopsia che seguì alla sua morte avvenuta nel corso di un tentativo fuga dall’arresto avvenuta nelle campagne di Enna.

SUBAPPALTI AI CLAN. È Salvatore Terlati, secondo il dossier redatto dall’Osservatorio Nazionale sull’Informazione per la legalità e contro le mafie, il luogotenente del clan fondatore del sodalizio tra edilizia e malavita al Nord. In particolare a Parma. Terlati si legge nel dossier:  “era riuscito a mettere in piedi una lucrosa attività di caporalato, piazzando a varie imprese del Nord manodopera specializzata (saldatori, tubisti, carpentieri) proveniente da Gela”. Solo qualche mese prima il presidente della Bonatti Spa, Paolo Ghirelli, fu raggiunto da un avviso di garanzia nell’ambito dell’inchiesta della DIA di Caltanissetta “per i reati di concessione illecita di subappalto, con l’aggravante di avere commesso il fatto al fine di agevolare le attività illegali di Cosa nostra operante nella provincia di Enna”.

MAFIE A PARMA: TUTTI GLI ARTICOLI

L'AVVENTURA POLITICA. L’appalto della Stu Area Stazione era già stato vinto dalla Bonatti. Le autorità indagano. All’Acropoli e alla Edil Perna alla fine del 2010 vengono revocati i certificati antimafia. Le due aziende non sono così limpide da poter lavorare in opere pubbliche secondo la Prefettura di Reggio Emilia. Entrambe stavano lavorando, in subappalto, alla realizzazione della nuova stazione ducale. “Acropoli e Edil Perna, - riporta il dossier -secondo gli investigatori, sarebbero riconducibili a Cosa nostra di Gela. I mafiosi gelesi a Parma sono di casa. Nel 2007 hanno tentato anche l’avventura politica, candidando tre loro uomini nelle fila dell’Udeur (Orazio Infuso, Marco Carfì e Nunzio Alabiso ndr). Non hanno raggiunto il Consiglio comunale. Ma sono riusciti comunque a infiltrarsi in un appalto di circa 100 milioni di euro, indetto dalla Stu, società di trasformazione urbana, collegata al Comune di Parma”.

PARMA-GELA. ANDATA E RITORNO. È il 27 novembre 2010 quando la Gazzetta di Reggio rende noti i nomi delle aziende ‘in odor di mafia’ segnalate dalla Prefettura di Reggio Emilia. “Si tratta dei nomi di quattro sul totale delle dieci aziende coinvolte, - viene documentato nel rapporto dell’Osservatorio - e cioè delle ditte individuali Vasapollo Giuseppe e Lomonaco Francesco, del Consorzio Primavera e della Giada srl. A tutte sono stati ritirati alcuni affidamenti in subappalto. Alcune di queste aziende, secondo il Ministero dell’Interno, avrebbero avuto legami consolidati con alcuni personaggi originari di Gela, i quali, nel tempo, avrebbero stretto relazioni piuttosto stabili con referenti emiliani, e in modo particolare parmigiani. Le imprese si sono difese ricorrendo al Tar di Parma per avere una sospensiva sul recesso degli appalti loro conferiti, ma i giudici hanno respinto la richiesta per le due ditte individuali, accogliendo invece quelle del Consorzio Primavera e della Giada srl”.
 

MAFIE: "PARMA E' UN BAMCOMAT"

OPERAI SENZA LAVORO. Senza certificato non si lavora. E gli operai vengono licenziati in tronco. Tutti. “Me lo ricordo bene – afferma Lisa Gattini della Fillea–Cgil non si erano mai verificate situazioni del genere in città. Non si riuscì ad aprire neanche la cassa integrazione ordinaria. Le aziende furono raggiunte da un’iterdittiva della Prefettura ed allontanate dall’appalto. Il lavoro c’era, ma non si poteva più lavorare. Quando ci sono casi di questo tipo non c’è molto da fare per i lavoratori. È un problema enorme per il disgraziato settore edilizio”.
 

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