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Mazzoni chiude: 30 famiglie in bilico. "Disposti a sacrifici, e voi?"

Presidio davanti all'Unione Industriali. "La maggior parte dei dipendenti -ci dice un dipendente- lavora alla Mazzoni da almeno 10 anni. C'è anche una coppia dove entrambi sono impiegati in azienda e adesso si trovano senza lavoro. C'è chi ha acceso un mutuo"

"Una doccia fredda, una notizia arrivata senza preavviso dall'oggi al domani senza nessun dialogo lasciandoci letteralmente in mezzo a una strada". Questo il commento di uno dei dipendenti della Mazzoni Salotti nel corso di un presidio di protesta tenuto nel pomeriggio di ieri davanti alla sede dell'Unione Parmense degli Industriali, mentre si teneva un incontro alla presenza dei vertici dell'azienda e delle rappresentanze sindacali a seguito della notizia di chiusura del 21 febbraio scorso.

"Fino all'altro giorno si lavorava bene - racconta uno dei dipendenti -. Arrivano ancora ordini ma sono stati rifiutati. Saremmo potuti andare avanti benissimo ancora per qualche mese. Non abbiamo mai chiesto niente fidandoci, dato che lo stipendio ci era sempre arrivato. Ora ci ritroviamo con due mensilità arretrate e con la notizia della chiusura. Non ci è stato detto niente, se ci avessero detto che si trattava di un momento difficile e di avere pazienza anche nel ricevere lo stipendio, ci saremmo tranquillizzati. Ma nessuno ci ha detto niente".

Grande preoccupazione quella espressa dai dipendenti della storica azienda che è presente sul territorio da 60 anni e lavora con un personale di circa 30 persone con ordini da tutta Italia e anche dall'estero. "E' stato un colpo ricevere all'improvviso questa notizia, che ora mette in difficoltà trenta famiglie, anche perchè la maggior parte dei dipendenti lavora alla Mazzoni da almeno 10 anni. C'è anche una coppia dove entrambi sono impiegati in azienda e adesso si trovano senza lavoro. C'è chi ha acceso un mutuo.

Presidio Mazzoni Salotti davanti all'Upi


"Io per primo non so come farò perchè ho 54 anni e a questa età non è facile trovare un altro lavoro ora". Secondo quanto sottolineato da Antonino Leone, Fillea Cgil, ci sarebbero ancora strade percorribili prima della chiusura, come contratti di solidarietà cassa integrazione. Una scelta definita affrettata da sindacato e lavoratori, che si cerca di scongiurare attraverso la mediazione e l'indizione di un tavolo istituzionale in Provincia, previsto per il 4 marzo prossimo. I lavoratori intanto si dicono pronti a proseguire la battaglia per il lavoro e per questo hanno redatto una lettera indirizzata ai vertici dell'azienda, per chiedere di trovare soluzioni alternative ed evitare la chiusura.

LA LETTERA DEI DIPENDENTI ALL'AZIENDA - "Egregi signori diamo voce attraverso queste poche righe al racconto di una storia dei nostri giorni, tempi di crisi: la storia di un’azienda, la Mazzoni Salotti, che rischia di chiudere. Un racconto come tanti di questi tempi, ma che ha, permetteteci di dire, alcune particolarita’. L’azienda in questione e’ a conduzione famigliare e conta circa 30 dipendenti, ricopre un settore, quello del terziario, dei beni di non prima necessita’, che forse piu’ di altri risente di questa forte contingenza. L’azienda pero’ regge, certo crediamo tra non poche difficolta’: chiude il 2011 e prosegue buona parte del 2012 in leggera crescita (certo rispetto ad anni precedenti non floridi), addirittura si festeggia il Natale 2011 tutti insieme come non accadeva da anni. Poi giovedì 21 febbraio ci viene comunicata l’intenzione della proprieta’ di chiudere: troppe spese, poco guadagno, le banche che chiudono i rubinetti del credito ecco le motivazioni. Ora ci chiediamo come puo’ una ditta mettere in strada 30 famiglie senza alcun preavviso, senza aver provato nessun tipo di ammortizzatore sociale ( cassa integrazione, pre-pensionamento per chi ne potrebbe aver diritto,contratti di solidarieta’ …); ci chiediamo qual e’ quell’uomo, quel direttore di banca che, davanti ad un piano di rientro, non dia una possibilita’. Ci chiediamo come si puo’ consigliare, e dicendo questo ci rivolgiamo ai consulenti dottori commercialisti dell’azienda, di chiudere senza almeno provare altre strade. Chiediamo di poter essere ascoltati, chiediamo la possibilita’ di discutere, magari allargando il tavolo delle trattative anche ai direttori degli istituti di credito coinvolti, chiediamo di non perdere il nostro posto di lavoro. Noi siamo disposti al dialogo, ai sacrifici e voi ?".

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