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Cronaca

I tentacoli della 'Ndrangheta su Parma: ecco come la cosca Grande Aracri riciclava i soldi in un bar di viale Piacenza

Dopo aver picchiato l'ex titolare, costringendolo a cedere il locale per poi intestarlo ad un prestanome, i due esponenti del gruppo criminale lo avrebbero trasformato in un 'bancomat' per finanziare le attività illecite: gli incassi venivano requisiti e i fornitori non pagati

Dopo aver ottenuto la gestione di un bar di viale Piacenza a Parma con violenze e minacce, costringendo il titolare ad intestare il locale ad un prestanome legato alla 'Ndrangheta, lo avrebbero utilizzato come centro di un'attività di riciclaggio di denaro sporco. E' questa la pesante accusa nei confronti di due imputati del processo Grimilde, che si sta celebrando al Tribunale di Reggio Emilia e che vede al centro dell'attenzione la cosca di 'Ndrangheta Grande Aracri e i suoi tentacoli in provincia di Parma e in altri territori dell'Emilia-Romagna. 

Secondo l'accusa condotta dal pubblico ministero Beatrice Ronchi, lo scopo dell'operazione sarebbe stata di "eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali" e commettere i reati di riciclaggio e impiego di beni di provenienza illecita. Nel corso dell'udienza un ispettore di polizia che si era occupato delle indagini ha ricostruito i fatti, che si sarebbero verificati tra il 2017 e il 2018. I due imputati avrebbero utilizzato la violenza per impossessarsi del bar di viale Piacenza e, grazie ad una consulente del lavoro compiacente, avrebbero pagato solo 10 mila euro per l'intestazione ad un prestanome. 

L'ex gestore del locale, picchiato e minacciato per ottenere la vendita del bar, sarebbe stato poi costretto a lavorare - insieme ad una dipendente - all'interno del locale, sempre sotto minaccia e in un regime di super sfruttamento. Ormai saldamente nelle mani dell'Nadrangheta il bar, a quel punto, si sarebbe trasformato in un centro di riciclaggio di denaro. Sempre secondo l'accusa tutti gli incassi venivano requisiti mentre i fornitori non venivano pagati. I gestori occulti avrebbero poi usato una carta di credito aziendale per acquistare alcune giocate in sale slot, poi non effettuate ma monetizzate in contanti. I soldi, circa 2 mila euro, sarebbero finiti sul conto del locale in modo che risultasse un minino di guadagno. 

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