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Cronaca Medesano

'Ndrangheta, corruzione per la ricostruzione post terremoto a Mantova: arrestato un ingegnere di Medesano

Per il 65enne sono stati disposti gli arresti domiciliari: secondo l'accusa avrebbe pagato 20 mila ad un tecnico comunale, nipote di un boss, per accelerare le pratiche relative a due cantieri di cui era direttore dei lavori 

C'è anche un ingegnere 65enne residente a Medesano, le cui iniziali sono Z.P. tra le undici persone raggiunte dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Brescia nell'ambito dell'operazione 'Sisma', che ha scoperchiato un presunto meccanismo di corruzione relativo alla concessione di fondi sisma per ricostruzione di immobili danneggiati dal terremoto del 2012 in provincia di Mantova. 

Per il 65enne sono stati disposti gli arresti domiciliari. Secondo l'accusa il professionista parmense, direttore dei lavori di due cantieri di immobili danneggiati dal sisma e in ristrutturazione, avrebbe consegnato 20 mila euro a T.D., architetto e tecnico di alcuni comuni del mantovano e nipote di un boss, allo scopo di far avanzare le pratiche relative ai cantieri che dirigeva, tutti assegnati alla ditta Geo.Cos srl.

Secondo le accuse sarebbe stato proprio l'architetto T.D., con vari incarichi esterni per le amministrazioni pubbliche di diversi comuni in provincia di Mantova "il perno del sistema consussivo e corruttivo". Il professsionista, che si occupava delle istruttorie relative alle istanze per la ricostruzione e la ristrutturazione degli immobili danneggiati dal sisma del 2012 a Mantova, avrebbe avuto anche legami con la cosca 'ndranghetista Dragone di Cutro, storicamente contrapposta a quella di Grande Aracri. 

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Le indagini sono state portate avanti dai carabinieri di Mantova, sotto il coordinamento della Dda di Brescia. Le 11 persone sono indagate per concussione, corruzione e intestazione fittizia di società», con l’aggravante delle finalità mafiose, per aver agevolato la cosca 'ndranghetista Dragone. Sono decine anche le perquisizioni in atto da parte dei carabinieri in abitazioni e in studi tecnici di professionisti interessati dalle indagini in varie regioni italiane. 

Gli imprenditori, così come i beneficiari dei finanziamenti, si sarebbero rapportati con il tecnico secondo uno schema collaudato: pagavano (in genere il 3% del contributo) per garantirsi la trattazione della propria pratica violando l'ordine cronologico e con aumenti dell'importo del contributo pubblico a fondo perduto (in un caso a 950.000 euro anziché 595.000 come originariamente stabilito).

La concussione prevedeva che il contributo pubblico fosse elargito ai richiedenti solo a condizione che affidassero i lavori di ricostruzione a delle società facenti capo al tecnico istruttore e al padre di questi. Le società, che di fatto sarebbero state gestite dal padre del pubblico ufficiale, erano intestate a prestanomi per evitare il diniego di iscrizione nella white list. 

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