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Negozi sfitti, in Emilia-Romagna sono oltre 44 mila

Il commercio dà segnali di miglioramento, ma la crisi non è ancora finita. Nonostante il ritorno in territorio positivo di consumi e vendite, i negozi tradizionali continuano a diminuire: in Emilia Romagna tra maggio ed agosto di quest’anno si registrano 276 PMI in meno rispetto al 1° quadrimestre 2015

Il commercio dà segnali di miglioramento, ma la crisi non è ancora finita. Nonostante il ritorno in territorio positivo di consumi e vendite, i negozi tradizionali continuano a diminuire: in Emilia Romagna  tra maggio ed agosto di quest’anno si registrano 276 PMI in meno rispetto al 1° quadrimestre 2015. Per quanto riguarda Parma continuano a diminuire le imprese di commercio al dettaglio (-41), quelle che operano nel commercio di carburanti (-6) e quelle del commercio di giornali, riviste e periodici (-1) registrando in tutto 103 cancellazioni di imprese. Sul nostro territorio ad avere un saldo positivo tra nuove iscrizioni e cancellazioni sono: le imprese del commercio ambulante (+1). Altro settore in controtendenza è quello delle imprese che operano via internet (+1). Questo è quanto emerge dalle rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti sulla natimortalità delle imprese di commercio e turismo tra maggio e agosto 2015.

Un dato rilevato sempre dall'Osservatorio, sulla base di rilevazioni delle imprese di intermediazione immobiliare (elaborazione ANAMA Confesercenti) per l’Emilia Romagna, è che ci sarebbe la presenza di ben 44.272 negozi sfitti sul territorio regionale. Problema ben noto anche a Parma.  “Rispetto agli scorsi anni – spiega Roberto Manzoni, presidente regionale Confesercenti – il mercato interno mostra qualche segnale di miglioramento, ma per i negozi tradizionali è sempre una fase difficile. A pesare su questi ultimi sono soprattutto la deregulation delle aperture delle attività commerciali: il regime attuale, che prevede la possibilità di rimanere aperti h24 per 365 giorni l’anno, è insostenibile per i piccoli negozi che continuano a perdere quote di mercato a favore della grande distribuzione. Se non si modificherà la normativa, i negozi non agganceranno mai la “ripresina” e continueranno a chiudere. Occorre, inoltre, un rilancio dei consumi più robusto se vogliamo arrivare a una vera inversione di tendenza.”

“La crisi economica, le liberalizzazioni e gli affitti che, soprattutto nelle aree di pregio commerciale, sono sempre più elevati, stanno svuotando le città di negozi -  afferma il direttore regionale Confesercenti Stefano Bollettinari. Per agevolare il ripopolamento delle attività commerciali, Confesercenti propone l’inserimento nella prossima legge di stabilità di un meccanismo ‘combinato’ per riportare i negozi della città: una norma che permetta di introdurre canoni concordati e cedolare secca anche per gli affitti di locali commerciali, un sistema già previsto per le locazioni abitative e che potrebbe essere declinato anche per il commercio attraverso un accordo tra proprietari immobiliari, rappresentanti delle imprese commerciali e amministrazioni territoriali competenti. In questo modo si favorirebbe, in un momento di ripartenza dell’economia, la ripresa del mercato immobiliare, dando allo stesso tempo nuovo impulso alla rinascita del commercio urbano e delle botteghe. Si creerebbe quindi valore per tutti i soggetti interessati”.

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