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Cronaca

Migranti, il Santo Padre riceve in udienza 100 sindaci tra cui Pizzarotti

Il sindaco: ""Il più grande sbaglio è inseguire nel buio la paura, dimenticando che a cambiare il destino del mondo è sempre stata la luce della ragione"

Questa mattina il Santo Padre ha ricevuto in udienza in Vaticano una delegazione di sindaci dell’Anci, guidati dal presidente e sindaco di Bari, Antonio Decaro. I temi della solidarietà e dell’accoglienza dei migranti sono stati al centro dell’udienza. Il Santo Padre ha ascoltato i tre interventi in programma dei vice presidenti dell’Anci Roberto Pella e del sindaco di Parma Federico Pizzarotti e di padre Fabio Baggio, sottosegretario della speciale sezione “profughi e migranti” del Dicastero vaticano per il sevizio dello sviluppo umano integrale. Alle 12 il presidente ANCI Antonio Decaro e il delegato Anci all’immigrazione Matteo Biffoni, sindaco di Prato, hanno concluso sottolineando quando sia stato importante condividere con il Santo Padre un tema così delicato e le sfide che ogni giorno i sindaci sono chiamati ad affrontare. Il Santo Padre ha ringraziato i sindaci consapevole che il loro mandato sul tema delle migrazioni porta a sforzi importanti, li ha invitati a frequentare gli ultimi, le periferie per conoscere “le vite” e riacquistare energia per continuare a lavorare. “Sono felice che molti di voi hanno messo in atto azioni che sono diventate di esempio, vi auguro di potervi sentire sostenuti dalla gente per la quale spendete il vostro tempo. Voi dovete avere la virtù della prudenza ma anche del coraggio unita alla virtù della tenerezza per avvicinarsi ai deboli". La cerimonia si è chiusa con la stretta di mano del Papa a  tutti i sindaci presenti e con la consegna di alcuni doni simbolici a Papa Francesco, frutto delle attività di alcuni centri Sprar,

Ecco il discorso del Sindaco Federico Pizzarotti: "Illustri presenti, cari colleghi, porto a tutti il saluto cordiale e sincero della città di Parma, onorata di rappresentare assieme a voi l’Italia dei sindaci, ovvero quella parte di Paese che nel lavoro e nella quotidianità risponde più di chiunque alle ansie e alle speranze dei suoi cittadini. Oggi parlare alle nostre comunità di integrazione, immigrazione e sicurezza non è per nulla semplice, perché ad ogni passo verso la verità si rischia di sconfinare nel populismo di chi urla più forte. E il populismo è il verbo di chi non sa ascoltare. Parlare di un’Italia solidale, coesa e organizzata nel tempo della “Confusione globale” è un compito difficile. Ma dobbiamo provarci, affrontando il tema come siamo soliti fare noi sindaci: con pragmatismo e con una visione di prospettiva. Ciascuno di noi, quest’oggi, ha poco per tempo per sviluppare e condividere le proprie idee, perciò il mio obiettivo sarà di andare dritto al punto della questione. Punto uno. Quando parliamo di “fenomeno migratorio” anzitutto dobbiamo cambiare linguaggio. Molte tra le istituzioni lo definiscono ancora oggi un’emergenza, e attuano politiche di emergenza in un quadro storico che è già oltre. Stiamo assistendo a un vero e proprio fenomeno strutturale che richiede riforme strutturali. Ciò che viviamo è un fatto drammaticamente epocale, e per questo richiede un impegno a lungo termine. Sicuramente parliamo di anni, ma forse addirittura di decenni. Quindi: no a nuovi piani di emergenza, sì a progetti strutturali in sinergia con l’Europa e le nazioni africane interessate. Punto due. Scindiamo una volta per tutte il tema immigrazione dal tema sicurezza, o perderemo la sfida su entrambi i fronti. Vinceremo le forme di razzismo che crescono nelle nostre periferie se saremo capaci di spiegare che l’immigrazione è un fatto storico ahimè ineludibile, mentre la sicurezza trascende ogni momento storico. La sicurezza è sempre. È un diritto: non è un problema di colore della pelle o di provenienza geografica, ma di leggi e di un sistema, sotto gli occhi di tutti, che non sanno più essere efficaci: il sistema legislativo è rimasto quello di un’epoca superata e noi sindaci non siamo materialmente in grado di sopperire alle sue falle. Punto tre, e qui chiamo in causa le istituzioni presenti. Serve la mano di tutti. Il fenomeno migratorio non è solo un fatto politico e sociale, ma un dramma umano. Sia data la possibilità alle istituzioni di dialogare apertamente con tutti i soggetti portatori di interesse e di ideali, affinché venga previsto l’utilizzo di nuovi spazi e di nuovi immobili per ospitare richiedenti asilo, come già avviene attraverso una buona collaborazione tra istituzioni locali e Chiesa. Aumentiamo gli sforzi tutti quanti. Non ci stiamo all’abusivismo e all’illegalità, ma nemmeno a lasciare donne e uomini per strada all’addiaccio. Dobbiamo dare tutti il massimo e organizzarci.

Infine punto quattro, quello centrale: l’integrazione. Integrazione significa non lasciare alla deriva chi arriva nel nostro Paese. Stolta è quell’istituzione che se ne lava le mani, condannando l’immigrato a essere facile preda della criminalità organizzata o della microcriminalità. Le nostre città stanno già soffrendo abbastanza il fenomeno dell’illegalità diffusa. Serve dunque un sistema omogeneo per tutte le città e per l’Italia. Un modello organizzato e unico che da anni applichiamo a Parma: corsi di lingua, piccoli ma importanti lavori di decoro urbano per piazze, parchi e strade, assistenza sanitaria e legale, formazione e accesso in alloggi temporanei grazie al coinvolgimento dei privati e delle associazioni del terzo settore. Tutto questo significa, in ultima istanza, migliore integrazione. E migliore integrazione significa minore impatto sulla comunità.

Allora, cari colleghi, illustri presenti. Siamo qui perché a noi sindaci d’Italia viene richiesta un’idea, una proposta, un programma. 
A mio modo mi auguro di aver dato il giusto contributo alla discussione, elencando quattro punti sostanziali, che riassumo:

1)    Questo è un fenomeno strutturale, non una emergenza passeggera;
2)    immigrazione non è sinonimo di insicurezza: questo è il linguaggio del populismo;
3)    tutti abbiamo il dovere morale ed etico di trovare una soluzione, perché quando un uomo chiede aiuto le istituzioni non si voltano dall’altra parte;
4)    Integrazione è la chiave, perché saremo sempre stranieri di qualcun altro: dobbiamo solo imparare a convivere insieme per combattere razzismo e disuguaglianze.

Se saremo uniti e determinati questo può essere il momento in cui finisce la notte e comincia il giorno. Ma se ci perderemo in chiacchiere, se in questa stagione epocale ci divideremo, se ognuno dovesse andare per la propria strada, non potrà esserci soluzione alcuna: siamo attori di un periodo storico in cui ribollono rabbia ed esasperazione. Alzi la mano chi tra noi non le percepisce ogni giorno agli angoli delle strade.

La verità in fondo è una sola. Forse per la prima volta da decenni, come italiani e come europei, abbiamo paura. Ci cammina a fianco e ribolle per tutto quello che nel mondo accade, e dentro a ognuno di noi, nel più profondo, sentiamo l’immigrazione come fosse una minaccia. Pensate al paradosso: viviamo in un mondo in cui riteniamo normale che capitali, merci e informazioni girino liberamente, ma non riusciamo ad accettare che di questo mondo il migrante sia l’elemento umano. Non siamo più padroni delle nostre certezze, della nostra cultura, della nostra civiltà occidentale che al centro ha sempre posto l’uomo e i suoi diritti. Oggi si insinua in noi un linguaggio nuovo e diverso che dice: “Prima noi, poi gli altri”. Abbiamo paura perché non è il mondo a essere in crisi, ma la nostra stessa civiltà, e non vogliamo dirlo ad alta voce. Ecco, illustri colleghi: questo è un periodo storico che il mondo ha ciclicamente conosciuto, in cui tutto può accadere se non si agisce in fretta. La rabbia e l’esasperazione sappiamo dove iniziano e perché, ma non sappiamo mai dove potranno condurci. Io chiedo a tutti noi di guardarci dentro e di riconoscere la paura, perché reale, e dirci che fa parte dell’animo umano. Ma dico anche che il più grande sbaglio nella vita è quello di inseguire nel buio la paura, dimenticando che a cambiare il destino del mondo è sempre stata la luce della ragione.

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