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Cronaca

Via di Parma intitolata ad Almirante? Comitato Antifascista: "Proposta ridicola"

La presa di posizione del Comitato Antifascista e per la Memoria Storica di Parma sulla proposta di intitolare una via di Salsomaggiore Terme a Giorgio Almirante

La presa di posizione del Comitato Antifascista e per la Memoria Storica di Parma sulla proposta di intitolare una via di Salsomaggiore Terme, dove si è recentemente svolto un convegno dedicato alla sau figura, a Giorgio Almirante.

"E’ ridicola la proposta della destra fascista di intitolare una via di Parma all’ex capo fascista Giorgio Almirante, segretario nazionale dal 1947 al 1950 e poi dal 1969 al 1987 del Movimento Sociale Italiano, il partito erede del fascismo e della famigerata Repubblica antipartigiana di Salò". E' questa la nota del Comitato Antifascista e per la Memoria Storica di Parma. Inizialmente giornalista al quotidiano fascista Il Tevere, Almirante nel 1938 firmò il Manifesto della razza e dal ’38 al ’42 fu pure segretario di redazione della rivista La difesa della razza. Introdotte anche in Italia, dal fascismo nel ’38, le leggi razziali, Almirante cercò di diffondere quelle tesi razziste provenienti dalla Germania nazista. Ancora nel maggio ’42  scriveva: "Nel nostro operare di italiani, di cittadini, di combattenti, nel nostro credere, obbedire, combattere, noi siamo esclusivamente e gelosamente fascisti. Esclusivamente e gelosamente fascisti siamo nella teoria e nella pratica del razzismo".

Mostruosità che egli stesso sconfesserà anni dopo, sostenendo semplicemente che allora non era possibile pensarla diversamente. L’unica “revisione” di Almirante. Il quale, caduto il fascismo, l’indomani dell’8 settembre ’43 aderisce alla neonata repubblichina fascista di Salò e ne diventa dirigente. Nel quadro della feroce repressione antipartigiana condotta dalle brigate nere di Salò al servizio dell’occupante tedesco, nel maggio ’44 compare un manifesto della Repubblica fascista firmato da Almirante come Capo Gabinetto del Ministro Mezzasoma che annuncia la «fucilazione alla schiena» per «tutti coloro che non si saranno presentati [e] saranno considerati fuorilegge». Almirante, dunque, nel ’44 firma un bando per la fucilazione dei partigiani. Nel dopoguerra fra i fondatori del MSI (Movimento Sociale Italiano), Almirante è sempre dirigente di primo piano di quel partito, ne diventa padre-padrone nel quasi ventennio della sua segreteria dal ’69 all’ ’87, caratterizzandosi per il tentativo di coniugare il “doppiopetto” della “maggioranza silenziosa” anticomunista, delle tradizioni, dell’ordine, e del cambiamento in senso autoritario dell’assetto istituzionale della Repubblica democratica nata dalla Resistenza, con il “santo manganello”, l’azione squadrista, e il legame sotterraneo coi fascisti di mezza Europa. Inequivocabile la fotografia che lo mostra il 16 marzo ’68 all’Università di Roma sorridente con giovani picchiatori neofascisti all’assalto della Facoltà di Giurisprudenza. Diversi anni più tardi è pure accusato di favoreggiamento aggravato nei confronti degli autori, militanti e dirigenti del suo partito, riconosciuti e condannati (dopo vari tentativi di inquinamento delle prove) della strage di Peteano, l’attentato terroristico del ’72 col quale furono fatti saltare in aria tre carabinieri, mentre altri due rimasero gravemente feriti. Anche qui inoppugnabili risultano le prove a suo carico. Evitò la condanna solo grazie all’immunità parlamentare e a un’amnistia per raggiunti limiti d’età.

Fino alla fine, vent’anni fa, Almirante è sempre stato un fascista, mai ha rinnegato il fascismo. Stia dunque alla larga da Parma, città delle Barricate del ’22 e medaglia d’oro della Resistenza, lontano dai borghi e dalle vie dell’Italia democratica antifascista, della Repubblica nata dalla lotta di Liberazione. Anche da morto".

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