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Cronaca

Valvola aortica, intervento d'eccellenza al Maggiore: è il terzo caso in Italia

Un impianto valvolare aortico per via percutanea trans-ascellare è stato eseguito nelle scorse settimane all’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma in due sole ore di sala operatoria

Un impianto valvolare aortico per via percutanea trans-ascellare è stato eseguito nelle scorse settimane all’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. Un intervento innovativo – il terzo in Italia - per l’accesso utilizzato, creato con una incisione di alcuni millimetri nella zona ascellare, che consente di raggiungere in modo diretto la valvola aortica del cuore, caratterizzata in questo caso da restringimento (stenosi). La scelta, che lo configura come di assoluta innovazione, è stata determinata dalle condizioni generali di salute del paziente. La via trans-femorale e quella trans-apicale, utilizzate più di frequente in casi simili, risultavano, infatti, entrambe non accessibili per potenziali gravi complicanze. L’aspetto fondamentale della tecnica, in effetti, riguarda l’accurata selezione e preparazione del paziente che viene sottoposto a approfonditi accertamenti preliminari – quali ecocardiografia, coronarografia e Tac – indispensabili per delineare le modalità di esecuzione dell’intervento e valutare con la massima accuratezza possibile i rischi potenziali.

In questo caso, dunque, l’intervento, è stato realizzato da un’équipe multidisciplinare composta dal cardiologo Luigi Vignali e dai cardiochirurghi Andrea Agostinelli e Bruno Borrello, in una delle sale operatorie della Cardiochirurgia dell’Ospedale di Parma, diretta da Tiziano Gherli. Due sole ore di sala operatoria per un paziente di 81 anni, con rischio operatorio elevato per età, sovrappeso, diabete e ridotta autonomia, destinato diversamente a un iter chirurgico pericoloso e complesso con intervento a cuore aperto e circolazione extracorporea. La scelta praticata dall’équipe multiprofessionale del Maggiore, invece, ha consentito l’inserimento della nuova valvola aortica all’interno di quella nativa malata, grazie a uno speciale introduttore concepito per proteggere il vaso durante la manovra e guidato sotto controllo radiologico continuo. Prima dell’inserimento, la nuova protesi – impiantata per la terza volta in Italia con questo accesso - è stata compressa e resa sottile come una matita allo scopo di consentirne l'inserimento attraverso una arteria periferica, senza dovere fermare il cuore. Il tutto, con il contenimento della pratica chirurgica a una piccolissima incisione nella zona del cavo ascellare sinistro. Le modalità di esecuzione, caratterizzate da minima invasività, hanno offerto al paziente il grande vantaggio di un trauma minore per l’intero organismo e aperto la strada a un  recupero veloce e a una prospettiva di vita, per l’aspetto cardiologico, di almeno otto anni.

“Si è trattato di un intervento fuori dagli schemi, che richiede elevata manualità e esperienza”, spiega Luigi Vignali, responsabile della Cardiologia interventistica  del Maggiore. “Le competenze di cardiologi e cardiochirurghi che lavorano affiancati permettono un setting operatorio innovativo, costituito da una vero e proprio heart team – illustra da parte sua Bruno Borrello, cardiochirurgo della Cardiochirurgia. Durante simili procedure, infatti, la prudenza impone che un’intera équipe cardio-chirurgica sia a disposizione per potere convertire in tempo reale – nel giro di pochissimi istanti - l’intervento per via percutanea in un intervento di tipo tradizionale in circolazione extracorporea. “Una precauzione indispensabile – spiega infine il cardiochirurgo Andrea Agostinelli, la terza mano esperta di questo intervento innovativo – per ridurre al minimo i rischi, anche in caso di complicazione”.

Dati significativi a supporto della innovazione escono dall’analisi dell’attività di Cardiologia e Cardiochirurgia dell’Azienda ospedaliera-universitaria di Parma, centro di riferimento regionale per questo tipo di impianto, definito Tavi: 85 sono infatti gli interventi dal 2015 ad oggi già realizzati per via trans-apicale e 200 quelli per via trans-femorale, una prospettiva di vita per persone che diversamente la vedrebbero negata. Per questo, l’équipe multidisciplinare sottolinea ancora una volta le parole d’ordine di questi casi complessi: valutare e selezionare con cura e precisione. Una modalità che all’ottantunenne di Cesena ha consentito il risveglio dall’anestesia già pochi minuti dopo l’intervento, una pratica che ora gli consente di essere già a casa, dopo soli sei giorni di osservazione post-operatoria.

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