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Il Bio sbarca a La Fattoria di Parma: ecco il primo strolghino di culatello

Paolo Pongolini, a capo dell'azienda di famiglia, ci racconta il processo di produzione di un caposaldo dell'alimentazione parmense trasformato...

Dal nostro inviato

PARMA -  "L'azienda è stata aperta dal nonno nel 1936. Lui, contadino, decide di allevare maiali con il consenso della nonna che da sola manda avanti l'azienda per 4 o 5 anni. Il nonno era andato in guerra, quando torna continua a lavorare e l'azienda comincia a svilupparsi. La nostra forza è quella di portare avanti la tradizione cercando di innovarla. Si può? Secondo noi sì". Beh, a vedere il successo che La Fattoria di Parma ha riscosso nella 18esima edizione di Cibus, puoi essere solo d'accordo. Il discorso di Paolo Pongolini, l'attuale proprietario che, assieme alla sorella Cristina ha ereditato l'azienda diventata un punto di riferimento nella lavorazione dei salumi, non fa una grinza.

Ci spiega la lavorazione, i dettami della tradizione e tutto quello che c'è da sapere sui prodotti di una terra che ha sempre fatto affidamento nella qualità della materia prima. "Agli inizi degli anni settanta, da Fontanellato, luogo del primo salumificio storico della famiglia Pongolini, l'attività si trasferisce a  Sanguinaro e prende i connotati di un'azienda che provvede a mandare avanti la lavorazione di un tempo con una qualità sempre più alta. Attualmente la nostra mission principale è quella di mantenere la tradizione innovandola. Il nostro vantaggio competitivo si fonda proprio sulla tradizione, che dobbiamo rendere più moderna e attuale. Come? Attraverso il packaging, il formato, sgrammando e facendo delle confezioni tali che siano vendibili anche all'estero. Non puoi andare lontano dall'Italia e vendere un prosciutto intero. Devi modernizzarti. L'80% dei prodotti viene venduto in salumeria e in salumeria c'è il salumiere che fa da tramite tra noi che siamo i produttori e i nostri clienti che sono i consumatori. E che si trovano di mezzo questa figura di mediatore tra le parti. E che ci tocca fare? Giocare nel reparto del libero servizio dove il consumatore sceglie quello che vuole". Paolo Pongolini ha le idee chiarissime. Affiancato dal responsabile di produzione, spiega tutto per filo e per segno, come se fosse di fronte agli alunni di un'aula universitaria. Ci illustra i tanti prodotti presenti nello stand di Cibus, preso d'assalto letteralmente dai visitatori e anche dai clienti. "La nostra forza si basa sui prodotti macinati, siamo i i primi ad aver sdoganato lo strolghino di culatello". Che al Cibus è il pezzo forte. "Quest'anno abbiamo trasformato due classici della salumeria parmense in versione Bio: il  salame Felino IGP Bio e lo strolghino di culatello Bio. E' stato difficile prendere la certificazione Bio. Il marchio biologico però ci dà uno stimolo in più. La lavorazione prevede l'utilizzo di materie prime biologiche. Maiali biologici è difficile trovarne, perchè gli allevatori sono assai tradizionalisti, rigidamente legati alle tradizioni e ai trattamenti di un tempo. Però qualcosa abbiamo trovato in questo senso. Occorre avere uno spazio maggiore rispetto a quello dove abitualmente si possono trovare gli animali. I maiali allevati con mangimi biologici hanno bisogno di vivere in spazi incontaminati e se in una stalla ci sono 100 maiali normali, di quelli bio ce ne devono essere circa la metà. La capacità produttiva viene dunque dimezzata. Si trasforma tutto il processo. Se il maiale si ammala non si possono fare cure antibiotiche e questo scoraggia molti allevatori. Ci vuole un anno per prepararci a quello che chiameremo 'raccolto' e stiamo facendo dei passi importanti per allevare maiali bio per fare fronte a una domanda che si fa forte".

Ma cosa cambia rispetto alla normale filiera? "E' tutto uguale - dice Pongolini - solo che si tratta di biologico: lo facciamo per dare delle armi ulteriori perché se noi continuiamo a vendere sempre gli stessi prodotti, si rischia di essere tacciati di scarsa inventiva. Se alle cose biologiche uniamo dei formati diversi allora possiamo aumentare il nostro vantaggio competitivo nel mondo senza allontanarci dalla tradizione. Acquistiamo maiali biologici in macelli biologici certificati. Ovviamente, nel processo di lavorazione, utilizziamo prodotti diversi: il sale è diverso da quello tradizionale che manca di addensanti ed è difficile da lavorare perché si amalgama. Difficile macinare quindi.  Zero nitrati, solo un tipo di conservante che è l'E250. La lavorazione avviene in ambienti puliti e locali attrezzati per questo, senza mischiare i prodotti bio con quelli tradizionali. Il prodotto normale parte da base qualitative alte, quindi il gap con il bio non è elevato. Tutti si stanno orientando verso il bio, che prende quote considerevoli di mercato. Anche se ci vuole tempo, il bio sarà una strada da setacciare. Per arrivare a un maiale pesante occorrono nove mesi, sul bio un anno e mezzo per arrivare a 180 o 200 chili, quindi il doppio del tempo. E anche per l'alimentazione. Lo sviluppo del bio sarà sicuramente minore che in altri settori, più alta è la qualità del prodotto alter ego e più basso sarà l'incremento del bio". 

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