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Confindustria, convegno biennale alle Fiere: 'Italia, paese di imprenditori ma poco valorizzati' 

'Imprenditori, i geni dello sviluppo'- La ricerca coordinata dal Centro Studi di Confindustria per il convegno Biennale 2016 ha al centro la figura dell'imprenditore in Italia. È la prima volta che Confindustria realizza un'analisi, non solo economica, sulle persone imprenditrici, sondando anche l'opinione che gli italiani hanno degli "industriali".

La ricerca coordinata dal Centro Studi di Confindustria per il convegno Biennale 2016 ha al centro la figura dell’imprenditore in Italia. È la prima volta che Confindustria realizza un’analisi, non solo economica, sulle persone imprenditrici, sondando anche l’opinione che gli italiani hanno degli “industriali”.  Per il 78% degli imprenditori è sempre più difficile fare impresa e l’81% dichiara che la competizione internazionale richiede un salto culturale nella guida delle aziende. Il 53% degli italiani ha giudizio positivo sugli imprenditori, ma per il 45% sono peggiorati negli  ultimi anni.

La ricerca coordinata dal Centro Studi di Confindustria per il convegno Biennale 2016 ha al centro la figura dell’imprenditore in Italia. È la prima volta che Confindustria realizza un’analisi, non solo economica, sulle persone imprenditrici, sondando anche l’opinione che gli italiani hanno degli “industriali”. 

Ne esce l’immagine di un Paese ad alta vocazione industriale, trainato dagli imprenditori, tra i quali emergono però segni di scoraggiamento (specie tra  le nuove generazioni).  L’opinione pubblica ha in leggera maggioranza un’immagine positiva dell’impresa, anche se non ne percepisce appieno i valori fondamentali al benessere collettivo.

L’Italia si conferma paese di imprenditori: la quota dei lavoratori indipendenti sul totale degli occupati è del 24,9% sul totale dei lavoratori (molto più alta rispetto alla media UE, doppia di quella francese e tedesca). Tuttavia negli ultimi anni la sua tendenza, non solo nel nostro Paese, è in calo, come si evince anche dal tasso di natalità delle imprese, che in Italia è sceso dal 12,5% del 2006 all’8,1% del 2014. Le ragioni sono più d’una e sono legate, tra l’altro, ai cambiamenti che hanno investito il “modello” di sviluppo industriale: da una situazione in cui le imprese si frammentavano, accrescendo il numero dei titolari di impresa, a una in cui è richiesta una maggiore caratura dimensionale. Emerge anche un senso di scoraggiamento dei potenziali nuovi imprenditori: tra gli italiani la percentuale di chi oggi sceglierebbe un lavoro indipendente è del 44%, nel 2009 era al 51%. 

La crisi ha senza dubbio contribuito a ridurre la voglia di avviare nuove iniziative: il 78% degli imprenditori ritiene che rispetto al passato l’avvio di una nuova impresa sia più complicato. Per gli imprenditori i principali ostacoli all’attività sono le tasse (54,3% degli intervistati), l’eccesso di burocrazia (45,7%), la difficoltà di accesso al credito (37,7%). Alla domanda “fare l’imprenditore oggi per lei è…” al primo posto gli industriali rispondono responsabilità verso i collaboratori, al secondo posto scelgono la voce stressante. Risposte  sintomatiche di un grande impegno etico. 

Dalla ricerca emerge che il 41,2% delle imprese sono di prima generazione, una quota che ha un trend in aumento, mentre il 48,5% sono state avviate in passato dalla famiglia. Dal punto di vista del sistema valoriale gli imprenditori mettono al primo posto la famiglia, al secondo il sacrificio e al terzo il lavoro. 

Lo studio prende in cosiderazione la percezione che la società ha dell’imprenditore e che l’imprenditore ha di se stesso all’interno della società (ovvero la misura in cui si ritiene apprezzato o meno). Ne risulta che il 64,7% degli italiani ritiene che alla professione di imprenditore non sia riconosciuto il giusto valore. Mentre tra le caratteristiche attribuite alla figura imprenditoriale dagli intervistati compaiono al primo posto competenza e coraggio, ma soltanto all’ultimo l’onestà. Il 48,4% degli italiani ritiene in ogni caso che lo sviluppo delle piccole e medie imprese abbia un ruolo centrale per la crescita del Paese. Complessivamente il 53% degli italiani ha un’opinione positiva della figura dell’imprenditore, anche se rispetto al passato è peggiorata per il 45,5% dei rispondenti. È significativo, in questo quadro, che l’importanza del settore industriale in Italia sia largamente sottovalutata: siamo il secondo Paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania, ma solo un terzo della popolazione ne é a conoscenza. 

Il ruolo imprenditoriale appare condizionato da fattori di contesto, incluso un quadro recessivo che è durato per un tempo eccezionalmente lungo. Ma occorre anche lavorare per rimuovere immagini stereotipate e pregiudizi attorno alla figura dell’imprenditore, che impediscono di costruire un’immagine equilibrata del suo ruolo sociale. Si tratta di una sfida culturale importante, cruciale per il futuro del Paese, e Confindustria ha il dovere di affrontarla.

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