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Prosciutto di Parma, produzione in calo del 3,2% rispetto al 2013

Il Prosciutto di Parma chiude il 2014 con una produzione di circa 8.800.000 prosciutti in calo del 3,2% rispetto al 2013. Con il 70% della produzione assorbita, l’Italia si conferma il primo mercato di sbocco

Il Prosciutto di Parma chiude il 2014 con una produzione di circa 8.800.000 prosciutti in calo del 3,2% rispetto al 2013. Con il 70% della produzione assorbita, l’Italia si conferma il primo mercato di sbocco per il Prosciutto di Parma, ma soffre della crisi che ha caratterizzato tutta l’economia nazionale nel 2014. La sfavorevole situazione mercantile che ha coinvolto i prodotti alimentari ha generato una flessione del mercato del prosciutto crudo dell’8,9% rispetto alle vendite del 2013. In questo contesto anche il Prosciutto di Parma ha subito un calo dei consumi del 6,1%, ma comunque inferiore rispetto a quella dei principali concorrenti.
 
Le buone notizie arrivano ancora una volta dal fronte internazionale – ha dichiarato Paolo Tanara, presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma dove il Parma sta ottenendo brillanti risultati, frutto di un progetto di crescita che coinvolge l’intero comparto. Negli ultimi dieci anni, abbiamo saputo migliorarci e le nostre esportazioni sono cresciute di quasi 1 milione di pezzi e la quota sul totale della produzione annuale è passata dal 18% al 30%. A livello strategico, è il lavoro di squadra il vantaggio competitivo che ci giochiamo all’estero. Il compito del Consorzio è sempre stato infatti quello di affiancare le aziende associate nel loro processo di internazionalizzazione con l’obiettivo di affermare il Prosciutto di Parma come marca leader della salumeria a livello mondiale. E’ una visione ambiziosa, ma vedere oggi il Prosciutto di Parma nel menù dei migliori ristoranti di Sydney, Singapore, Tokyo, Mosca, Londra, Parigi e New York, ci dà la consapevolezza di aver costruito qualcosa di davvero importante e ci deve stimolare ad affrontare sempre nuove sfide.
 
I mercati internazionali hanno assorbito oltre 2.600.000 prosciutti con la corona con un aumento rispetto al 2013 di 88.000 pezzi (+3,5%), per un fatturato stimato di 250 milioni di euro. A trainare le esportazioni sono stati soprattutto i mercati extraeuropei grazie principalmente all’ottimo risultato degli USA che con 565.000 prosciutti esportati registrano una crescita del 12,5%. Chiudono comunque in positivo tutti i continenti. Da segnalare in particolare il Giappone che raggiunge quota 105.000 prosciutti (+3%) e l’Australia ad 87.000 (+8%).
 
L’estesa distribuzione geografica delle nostre esportazioni – ha continuato Tanara – ci ha consentito, come più volte dichiarato, di differenziare i rischi e allo stesso tempo di cogliere anche tante opportunità, compensando quindi le difficoltà riscontrate in alcuni Paesi con le performance positive di altri mercati. Gli USA si confermano di gran lunga il nostro primo mercato, sempre seguiti da Germania, Francia e Gran Bretagna. Continua a crescere l’Australia e segnali molto promettenti arrivano dalla Cina, non tanto per i volumi esportati, che sebbene in crescita restano comunque modesti, ma piuttosto per la favorevole evoluzione di un mercato che sta concretamente diventando più ricettivo e aperto al nostro prodotto.
 
Anche il mercato comunitario tiene bene (+1,3%). La Germania resta sostanzialmente stabile con 444.000 prosciutti, la Francia cresce del 3,5% con 436.000 prosciutti e la Gran Bretagna si attesta su 350.000 prosciutti (+4%). Le performance migliori sono quelle registrate nei Paesi dell’Est Europa che sembrano finalmente pronti a recepire il Prosciutto di Parma e a diventare un mercato di sbocco importante per il futuro. In calo invece i Paesi europei non comunitari, penalizzati dalla chiusura del mercato russo che fino a quel momento risultava essere quello più promettente dei cosiddetti BRICS.
 
Continua inoltre il successo del Parma preaffettato: con una crescita del 2% rispetto al 2013, sono state vendute 74 milioni di confezioni di Parma nel 2014, pari a circa 1.500.000 prosciutti. Il mercato italiano assorbe il 25% delle vendite di affettato, il 58% è destinato al mercato comunitario e il restante 17% raggiunge i consumatori dei Paesi Terzi. Anche qui, ci teniamo a rimarcarlo, siamo stati i primi a intervenire e regolamentare un nuovo segmento che si affacciava sul mercato e che oggi, grazie a una corretta gestione, è diventato un motore di sviluppo imprescindibile per l’intero comparto – ha concluso Tanara.

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