“Consonanze”: La Fisarmonica tra Poesia e Musica Colta nella “Petite Capital”
Poesia e musica non sono soltanto due dei più intimi e straordinari strumenti della comunicazione umana. Sono le “porte dell'anima” e creano dimensioni oniriche, magiche, alchemiche. Dimensioni che uno strumento istrionico e ancestrale come la fisarmonica riesce ad amplificare con le sue multiformi sonorità.
Lo spettacolo “Consonanze - Fisarmonica tra Poesia e Musica Colta nella “PetiteCapital” in programma lunedì 29 agosto alle ore 21 alla Casa della Musica, abbina la fisarmonica ad alcune delle più belle pagine scritte dai poeti Parmigiani. L’idea nasce nell’ambito del progetto “Fisarmonica Anima Dei Popoli” sostenuto dalla FONDAZIONE CARIPARMA con l’intento di rivalutare l’immagine di questo strumento spesso abbinato solo alla musica popolare e che a Parma ha conosciuto una grande notorietà durante tutto il secolo scorso.
In questo quarto appuntamento, nello spettacolo proposto dalla compagnia “Il Sogno” la ricerca di contaminazioni con il territorio è evidente anche dalla scelta di inserire la fisarmonica all’interno di un contesto musicale che, oltre al pianoforte, al violino, al violoncello e al clarinetto, comprende anche le voci di un tenore e di un baritono, espressioni tipiche del nostro melodramma.
La prima scena ci porta idealmente nel luogo iconico per eccellenza quando si parla di aggregazione e musica popolare: l'osteria. Attilio Bertolucci (la sua osteria prediletta era naturalmente a Casarola) e Giuseppe Verdi (ricordiamo che era nato in un osteria) erano molto legati a questi crocevia dei destini umani dove, oltre a rifocillare il corpo e lo spirito con un bicchiere di vino, si faceva conversazione, discussione politica, si scrivevano e si declamavano poesie, si suonava e si cantava. Le antiche osterie erano meravigliosi “palcoscenici della vita”, dove andavano in scena, nei racconti degli avventori, le gioie e le miserie dell'umanità e sovente era proprio il suono della fisarmonica ad accompagnarle.
In questa cornice si dipana il racconto che narra di un prete e del suo dramma interiore, una profonda crisi vocazionale ed esistenziale. Il testo, ideato e scritto da Gabriele Campanini, si intreccia ad alcune delle poesie più belle dei maggiori poeti di Parma, partendo da quelli definiti da Pasolini nel 1960 l’”Officina Parmigiana”