Infiniti - marino iotti, mary quarantelli, orsola rignani, stefano sorrentino, umberto tanzi
Sulla tela ci sono la materia, il colore, segni a volte aggrovigliati, a volte solo graffiti, in evoluzioni iperboliche, oppure tracce gocciolanti, forme imprecise di visioni, affioramenti di parole, frasi che vanno ripetendosi e perdendosi in prospettive senza meta. Tutti questi 5 artisti astratti schiudono il passaggio all’infinito.
Marino Iotti costruisce lievissimi sogni tracciati su pareti, impronte e sovrapposizioni evocative, messaggi sospesi su illusioni cromatiche e luminose, pagine ancora da sfogliare con indizi di memorie, di giardini segreti. Guardando le sue opere si prova sempre una sensazione di quiete, di composta armonia. C’è poi un silente carico d’attesa, una pausa gravida di possibilità, un “oltre” palpitante fioriture magiche di vita.
I quadri di Iotti sono scale per la serenità interiore, preludi forieri d’infinito.
Mary Quarantelli satura con la materia le emozioni, sintetizza dolore e amore in segni vibranti, quasi stimmate sul corpo della terra. Sa equilibrare perfettamente i colori così da restituire atmosfere, sensazioni attraverso contrasti, sovrapposizioni e lacerazioni. Mary vive intensamente e sente visceralmente ogni pennellata, ogni collage. Nulla è casuale perché segue un percorso intimissimo d’empatia verso l’universo. Neile sue visioni parla dell’uomo e all’uomo (in senso di umanità), parla di gelide desolazioni di guerra, di aspirazioni e voli oltre cortine d’oscurità e infine approda ad agognate liberazioni di luce, a rinascite. Il suo è puro espressionismo astratto che colpisce toccando le corde più profonde dell’anima e facendo scorgere tutta l’immensità dentro di noi.
Orsola Rignani porta sulla tela i concetti della sua conoscenza filosofica, l’idea di un nuovo umanesimo in nuce e in divenire, avventurandosi in una dimensione paradossale (quantistica direbbe il fisico) che trascende la normale nozione spazio-temporale. Le coordinate esistenziali e le dinamiche dentro/fuori, sopra/sotto, prima e dopo si confondono. Il neologismo “postransominescente” al quale ha dedicato un libro, è ciò che determina anche i quadri dove si parla di attraversamento e transazione, persistenza in evoluzione, mantenimento in mutazione. Le forme che delinea, così come i colori, solo apparentemente uniformi, in realtà sono in perenne trasformazione, in azione e insieme in potenza. Sono liquidi e liquefacentesi, universi in progress, arcipelaghi proteiformi e perciò senza soluzione di continuità.
Stefano Sorrentino si distingue dagli altri perché usa non solo le tinte, ma anche le parole e la loro forza semantica. Affiorano sul vuoto e risuonano come moniti, versi evocativi. Sono acrobazie del pensiero che ripetute come un mantra finiscono per imprimersi o impennarsi nella mente. Egli unisce l’astrazione all’arte pop, il concettuale all’espressionismo grafico e al graffitismo. Al di là dello spazio del quadro, queste opere fanno intravedere tutte le innumerevoli possibilità del sogno, sono poesie visive e potenti nella reiterazione e nella costruzione.
Da questi cinque artisti non avremo mai la formula della verità, ma certo la breccia nel mistero, il filo d’Arianna dell’arte nel labirinto dell’esistenza, dove continuamente ci si perde e ci trova. In diversi infiniti.