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La chiesa che fu carcere diventa simbolo della riapertura

San Francesco: una chiesa rimasta chiusa per duecento anni torna a spalancare le proprie porte

Proprio in un periodo storico che rende il concetto stesso di riapertura un meccanismo mentale difficile da sbloccare, a Parma, una chiesa rimasta chiusa per duecento anni torna a spalancare le proprie porte. Dopo una vicenda che l’ha portata a ricoprire perfino il ruolo di carcere – il massimo della chiusura - San Francesco del Prato, teatro della recente cerimonia di consegna della laurea ad honorem al Presidente Sergio Mattarella, si ripresenta alla città e all’Italia nella sua veste originaria e con il nuovo, attualissimo e profondo significato di simbolo della rinascita.
 
Cominciato 30 anni fa ma rilanciato con vigore e convinzione dall’inaugurazione dei lavori di restauro nel 2018, il lungo percorso verso la restituzione si è ufficialmente concluso domenica 3 ottobre, quando il vescovo Enrico Solmi ha celebrato la messa solenne di riconsacrazione. L’unzione dell’altare con il crisma è il gesto simbolico che ha ufficializzato definitivamente la nuova vita di queste mura, al termine di una celebrazione iniziata con una breve processione e proseguita con la consegna delle chiavi al vescovo da parte di Alberto Chiesi - Presidente del Gruppo Chiesi Farmaceutici e del Comitato per San Francesco del Prato – la benedizione dell’acqua e l’aspersione di altare, fedeli e pareti.
 
È un episodio che sembra scritto coi caratteri della storia in un presente che necessita di fiducia, di speranza e di dimostrazioni di quanto la partecipazione collettiva, anche in un’epoca segnata dal distanziamento, sia fondamentale per portare a termine imprese letteralmente monumentali come questa, che nelle proporzioni dell’edificio riesce forse a suggerire la propria imponenza: in 700 giorni effettivi di lavori, 70 persone sono state coinvolte nel cantiere e altre 80 hanno lavorato in forma volontaria alla raccolta fondi per il restauro di una chiesa della superficie complessiva di 1900 metri quadrati, con tre navate, tre absidi, cinque campate, 15 cappelle nella distribuzione interna e uno sviluppo complessivo della superficie della facciata di 600 metri quadrati.
 
Durante le operazioni che hanno portato al recupero di San Francesco del Prato, le visite guidate organizzate nella chiesa-cantiere hanno fatto registrare 11mila presenze, fornendo una prova tangibile dell’interesse della popolazione alla riscoperta di un patrimonio culturale che, oggi più che mai, deve essere visto come un volano per la ripartenza. Particolarmente toccante e significativo, in questo senso, è stato l’intervento di Stefano Andreoli, a nome del comitato per San Francesco del Prato: una lunga serie di ringraziamenti che ha voluto ricordare il contributo di quanti hanno collaborato, in un modo o nell’altro, a un progetto ambizioso, vedendo delle possibilità nascoste nell’impossibile e credendo e sperando nella rinascita.
 
Va inoltre ricordato che è ancora possibile sostenere il restauro della chiesa con una donazione, seguendo le istruzioni riportate sul sito:https://www.sanfrancescodelprato.it/it/dona/
Con un contributo di almeno 10 euro, sarà possibile scegliere un ricordo tra quelli proposti come testimonianza e ringraziamento per la partecipazione alla raccolta fondi collettiva.
 
Promosso dal Comitato per San Francesco del Prato, il recupero della chiesa è realizzato grazie al contributo del main donor Fondazione Cariparma, con il patrocinio e il sostegno di Comune di Parma, Parma Capitale della Cultura 2020+2021, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Emilia Romagna , Diocesi di Parma e Frati Minori Conventuali, la partnership istituzionale dell’Università di Parma e Teatro Regio, il patrocinio e il sostegno di Famiglia Alberto Chiesi, Crédit Agricole, Barilla, SCIC Italia, FAAC, XLite, e e gli sponsor tecnici: Areaitalia agenzia di comunicazione, Centro Grafico, DS De Simoni, LEN, Metalbox, MacroCoop, Mediagroup98 e Top Service.

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