Al Teatro al Parco uno spettacolo da non perdere...
Arriva a Parma per la prima volta il duo Daria Deflorian/Antonio Tagliarini, una delle novità più significative della scena italiana di questi anni. Al Teatro al Parco è ospite della stagione sul contemporaneo del Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti «Ce ne andiamo per darvi altre preoccupazioni», il loro nuovo lavoro premiato con l’Ubu nella categoria «novità drammaturgica italiana» (la Deflorian lo ha vinto nel 2012 anche come «migliore attrice»), che parte da uno spunto romanzesco per riflettere ad ampio raggio sulla condizione politico-esistenziale della Grecia e dell’Italia (20 marzo ore 21, biglietti 14/12 €, in vendita alle Feltrinelli di Via Farini e del Barilla Center, online sul sito www.solaresdellearti.it/teatrodellebriciole e presso la biglietteria del Teatro, info 0521 989340). Lo spettacolo, scritto e interpretato dai due autori-attori, vede in scena anche Monica Piseddu e Valentino Villa ed è prodotto da Planet3 & dreamachine, in coproduzione con Teatro di Roma / Romaeuropa Festival 2013/ 369 gradi. Punto di partenza e sfondo del lavoro è una immagine forte, tratta dalle pagine iniziali del romanzo «L’esattore» dello scrittore greco Petros Markaris. Siamo nel pieno della crisi economica greca quando vengono trovate le salme di quattro donne, pensionate, che si sono tolte volontariamente la vita. «Abbiamo capito che siamo di peso allo Stato, ai medici, ai farmacisti e a tutta la società – spiegano in un biglietto – Quindi ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni. Risparmierete sulle nostre pensioni e vivrete meglio».
Questa la vicenda mai avvenuta, ma verosimile, immaginata da Markaris. Come le quattro donne anziane hanno ordito - si chiedono Deflorian e Tagliarini - questo singolare complotto contro la loro società in crisi? I due artisti circoscrivono il loro immaginario tra il momento in cui prendono i sonniferi e quello in cui una ad una lasciano la vita nell’immacolato piccolo appartamento di periferia. “Ma chi ce l’ha fatto fare?” dice una delle figure alle sue amiche e complici e scoppia in una fragorosa risata mentre è già distesa sul letto aspettando l’effetto delle pasticche ingoiate con della vodka, «uno dei modi più sicuri di fare una morte tranquilla nel sonno». La vicenda raccontata da Markaris spinge i due artisti a riflettere sul suicidio non come gesto esistenziale ma come atto politico estremo. L’atto ricorda quello di Jan Palach, che durante la Primavera di Praga nel 1969 si è dato fuoco come atto di protesta contro la censura, e quello del monaco vietnamita, Thich Quang Duc che, nel 1963, si è ucciso per combattere la persecuzione contro la sua religione. Ne nasce un percorso dentro e fuori queste quattro figure di cui non si sa nulla se non la tragica fine. Un percorso fatto di domande e questioni che sono le loro, ma sono soprattutto le nostre. Deflorian e Tgalirini usano lo spazio di libertà della scena per «scatenare la nostra collera, sanare l’eccesso di positività che ci circonda, i comportamenti rigidamente politically correct, la commozione facile, il sorriso stereotipato delle relazioni sociali, le ricette per vivere con serenità le ingiustizie che ci toccano». La decisione di andarsene delle quattro pensionate, in bilico tra la rinuncia esistenziale e l’atto politico, diventa un rifiuto della nostra “società della stanchezza”, come l’ha definita il filosofo Byung–Chul Han. Una società sempre più assertiva e ottimista perché incapace di altro, e oramai dolcemente declinante verso l’impossibilità della dignità della vita.